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La struttura del Fanar e Bartolomeo I: un approccio critico.

Il Fanar, ossia il centro "politico" e amministrativo del Patriarcato Ecumenico, dove risiede Bartolomeo I, a Istanbul, è giunto al punto più basso della sua storia. Consapevoli di tale situazione, pur di mantenere in piedi la struttura patriarcale, i cui fedeli si sono ridotti, oramai, all'osso [almeno nei territori storici della fu Costantinopoli] le gerarchie episcopali e lo stesso patriarca sono scesi letteralmente a patto... col "demonio"! Non dovrebbe, allora, meravigliare se corrono sempre più insistenti voci per le quali tali gerarchie sono iscritte a logge massoniche e sono strumento attivo e consapevole delle linee geopolitiche stabilite dai potenti del mondo.

Dei 7-8 metropoliti da me conosciuti, appartenenti a tale struttura, non ne ricordo uno che mi abbia potuto colpire per un'autentica testimonianza di fede. Sono sostanzialmente uomini di mondo, con tutti i limiti e le passioni degli uomini mondani. Qualcuno di essi irride gli stessi credenti che li mantengono e permettono loro una vita che mai avrebbero potuto permettersi se rimanevano laici, magari in un povero villaggio di pescatori. Lo spessore intellettuale di tali persone è inversamente proporzionale all'enfasi con la quale dichiarano a tutto il mondo i loro gradi accademici (veri o presunti), le loro conoscenze linguistiche (vere o presunte) e le loro capacità pastorali (più o meno simulate).

Normalmente coprono le loro fragilità umane con una spocchia e un'alterigia che impressiona immediatamente chiunque li incontra, tranne quando divengono letteralmente un "tappeto" verso coloro che, essi pensano, possano in qualche modo beneficarli.

Sono tutti personaggi minori, epigoni di epigoni e contribuiscono, senza forse neppure rendersene conto, ad accellerare la fine di un patriarcato che un tempo si fregiò di grandi personalità e di alcuni santi.

Bartolomeo esce da essi e si muove nel loro "brodo di cultura": opportunista quando serve, si fa consigliare dai potenti del mondo per quanto riguarda la "politica" ecclesiastica. Il rigore e la costanza con cui il Patriarcato Ecumenico ha mantenuto questa politica, infatti, non è "cosa da greci" i quali, si sà, troppo spesso non brillano per costanza e ferrea logica. Dietro di loro ci sono dei consiglieri non ellenici, degli strateghi che li orientano, li appoggiano e permettono loro di continuare a sostenere una struttura ecclesiastica, altrimenti morta e defunta.

L'enfasi con cui nel web si diffonde l'incontro di Bartolomeo con questo o quel capo di Stato non è da intendersi come si vorrebbe ma, al contrario, come è: il capo di Stato o il politico incontrano il Patriarca per orientarlo e dargli una agenda. Non è Bartolomeo ad essere importante ma loro che lo comandano e gli consentono di sedere dove si trova.

Ed è così che si deve comprendere la situazione del Fanar (e, credo, pure del Vaticano) in questi ultimi 70 anni. Si tratta di Chiese NON LIBERE, sempre più incatenate a chi, mantenendole e proteggendole, chiede loro di addomesticarsi ad una linea mondiale con la quale le religioni non divengano ostacoli.

Questa è la realtà che spiega tutte le deviazioni, le "politiche" apparentemente strane di questi capi religiosi e il conseguente disorientamento dei fedeli ai quali dovrebbero servire.

Il Patriarcato Ecumenico si basa sul mito e sull'ideologia della "romiosini", ossia della romanità dell'Impero orientale di cui si sente diretto erede. Tale ideologia s'infrange contro non poche avversità storiche, oltre a confliggere contro una certa sensatezza elementare. Chiunque abbia studiato un po' di storia, sa che lo stesso impero bizantino conobbe diverse fratture nella sua lunga storia, al punto che s'identificò sempre più come un impero "greco" e non come un impero "greco-latino", come ancora era nell'età giustinianea.

La fine di Costantinopoli e la turcocrazia portarono ad un notevole ripiegamento dei greci ormai dominati dai turchi e in questa fase si smarrì il respiro universale e la curiosità intellettuale che ancora esisteva negli ultimi tempi imperiali.

La grecità, in quest'ultima situazione, divenne sempre più sinonimo di campanilismo, localismo villeggiano. Oggi si è davanti a tale realtà e l'intraprendenza e il genio che ancora vivevano nei cosiddetti bizantini, ha lasciato il posto all'indolenza balcanica e all'opportunismo individualista col culto al "minimo sforzo" possibile in ogni attività.

Il "romeo" al quale i fanarioti pensano di discendere, in realtà è rimasto ben lontano nella storia passata. Essi vivono di un' illusione per indorare la povertà del presente e, semmai, fanno parte dei cosiddetti "neoellenici", ossia di popolazioni che, in qualche caso, sono state ellenizzate ma che, originalmente, erano di ascendenza slava. Non dovrebbe essere un mistero che nel XIX secolo buona parte della Grecia era abitata da Slavi, cosa che certi greci odierni non sopportano considerare.

Il mito della "romiosini", quindi, non solo è contro la realtà storica ma, visto nell'angolazione odierna, sacrifica tutta l'universalità di cui anticamente era latore. La Chiesa greca, così, tende in gran parte a crogiolarsi nel suo orticello o a "neoellenizzare" quanti vi si avvicinano, il che non significa automaticamente evangelizzarli ma assorbirli in un localismo villeggiano.

Tutti ricordano il film "Il mio grasso e grosso matrimonio greco" in cui un americano decide di prendere in sposa una ragazza greca e lo può fare solo dopo che si è battezzato nella chiesa greco-ortodossa. È evidente che, qui, il battesimo più che l'ingresso al Cristianesimo è l'ingresso al localismo villeggiano ellenico senza il quale l'americano rimane ciò che è, uno xenos, uno straniero, e quindi non può sposare una greca!

Questa stessa mentalità rende i vescovi greci incapaci e impotenti di collocarsi nel contesto postmoderno in cui esiste un vero e proprio rimescolamento culturale e sociale.

Il Patriarcato Ecumenico, muovendosi in questa mentalità, crede ancora che un buon ortodosso sia necessariamente un greco e non si cura molto se poi, tale greco, è totalmente secolarizzato ed è ampiamente lontano da una vera pratica cristiana.

Questo spiega l'assurda mediocrità di molte figure clericali appartenenti a tale realtà e dovrebbe consigliare notevole prudenza quando li si prende in considerazione, soprattutto quando si tratta d'intavolare con essi un discorso di tipo religioso.