Simona Serafini
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Padre Gabriele Maria Allegra scrive una relazione completa sulla Valtorta Dal Libro "Pro e Contro Maria Valtorta" del Dottor Emilio Pisani Nel giugno 1970, approfittando di una degenza nell'ospedale …Altro
Padre Gabriele Maria Allegra scrive una relazione completa sulla Valtorta

Dal Libro "Pro e Contro Maria Valtorta" del Dottor Emilio Pisani

Nel giugno 1970, approfittando di una degenza nell'ospedale di Macao, Padre Allegra stendeva una relazione sull'Opera di Maria Valtorta nell'intento di illustrarla ad eventuali traduttori.

La riportiamo tralasciando la prima parte, nella quale egli ricostruiva per sommi capi la storia dell'Opera basandola su informazioni approssimative.

Il Poema (allora L’EVANGELO aveva questo titolo n.d.r.) contiene, anzi è una serie di visioni, alle quali l'Autrice assiste, come se fosse una contemporanea, e perciò vede e sente (anche la temperatura dell’ambiente e sente gli odori n.d.r.) quanto riguarda la vita di Gesù a cominciare dalla nascita di Maria SS.ma, avvenuta per grazia celeste nella vecchiaia di Anna e Gioacchino, sino alla Resurrezione e Ascensione del Signore, anzi sino all'Assunzione della Beata Vergine in Cielo.

La Veggente-ascoltatrice comincia di solito a descrivere il sito della scena che contempla, riporta il chiacchiericcio della folla e dei discepoli e poi, a seconda di quanto vede e ascolta, descrive i miracoli, riferisce i discorsi del Signore, ovvero i dialoghi dei presenti con Lui, o coi discepoli, o fra di loro.

La rievocazione della vita di Gesù, dei tempi e dell'ambiente, nei suoi diversi aspetti: fisico, politico, sociale, familiare, è fatta senza sforzo alcuno; l'Autrice riporta quello che ha visto e sentito; il suo stile non sente l'erudizione, che si nota anche nelle più famose vite di Gesù; è il resoconto di una teste oculare e auricolare.

Se Maria di Magdala o Giovanna di Cusa, durante la loro vita, avessero potuto vedere quello che vide Maria Valtorta e l'avessero scritto, credo che la loro testimonianza non differirebbe molto da quella del Poema.

La Valtorta osservava con tanta intensità il luogo e i personaggi delle sue visioni che chi è stato per ragioni di studio in Terra Santa e ha letto ripetutamente i Vangeli non fa uno sforzo eccessivo per ricostruire le scene.

Che un romanziere o un drammaturgo di genio creino dei caratteri indimenticabili, lo si sapeva; ma dei tanti romanzieri o drammaturghi che si sono accostati al Vangelo per utilizzarlo nelle loro creazioni, io non ne conosco uno che ne abbia cavato tanta ricchezza e abbia abbozzato con tanta forza o con tanta soavità ometto per ora di Gesù e di Maria Vergine -le figure di Pietro, di Giovanni, di Maria Maddalena, di Lazzaro, di Giuda, specialmente di Giuda e della sua tragica e pietosa madre, Maria di Simone, e di tanti e tanti altri, come fa con la massima naturalezza e senza il minimo sforzo la Valtorta.

Penso che non pochi lettori del Poema ben sovente si siano soffermati a riflettere e, come M. Vinicio allorché ascoltava la rievocazione della Passione del Signore fatta da san Pietro all'Ostrianum, abbiano detto: costei ha visto.

La cosa più impressionante, almeno per me, sono i discorsi del Signore. Naturalmente ci sono tutti quelli che si trovano nei SS. Vangeli, ma sviluppati, come pure sono stati sviluppati parecchi temi che nel Vangelo sono appena abbozzati o accennati. Inoltre sono riportati molti altri discorsi di cui nulla si dice nel Vangelo, ma che le circostanze indussero Gesù a pronunziare. Anche questi son costruiti come i primi; è lo stesso Signore che parla, sia che adoperi lo stile parabolico - il Poema contiene una quarantina di parabole "agrapha" - sia quello esortativo o profetico, sia in ultimo quello sapienziale in uso presso i rabbini della epoca Neotestamentaria.

Pertanto, oltre ai grandi discorsi dei Vangeli, come quello della montagna, quello della missione degli Apostoli, quello escatologico, quelli dell'ultima settimana e quelli dell'ultima Cena, nel Poema ce ne sono moltissimi altri che spiegano il Decalogo, le opere di misericordia corporali e spirituali, ovvero che costituiscono speciali istruzioni alle discepole, ai discepoli, a persone singole, a uditori misti di giudei e di gentili ... e in fine i discorsi sul Regno di Dio o più chiaramente sulla Chiesa, prima della Passione tenuti come un colloquio col fratello-cugino Giacomo sul Carmelo, e dopo la Resurrezione sviluppati parlando agli Apostoli e ai discepoli sul Tabor e su un altro monte della Galilea, il di cui tema è indicato da san Luca con la semplice frase: loquens de Regno Dei.

A considerarne sommariamente la materia, si trova in essi tutta la Fede, la Vita, la Speranza cristiana. Il tono e lo stile non si smentisce mai, è sempre lo stesso: lucido, forte, profetico, a volte pieno di maestà, a volte riboccante di tenerezza. Arreco qualche esempio. Tutti sanno gli affanni dei più grandi esegeti per collocare e spiegare secondo il contesto vitale il colloquio con Nicodemo, il discorso sul Pane di vita, i discorsi teologico-polemici pronunziati a Gerusalemme: quanti sforzi e quanto diversi! Nel Poema la loro concatenazione è spontanea, naturale, comecché fluisce logicamente dalle circostanze.

Quello che si dice dei discorsi, vale per i miracoli. Nel Poema ce ne sono tanti, che il Vangelo comprende con le frasi: e guariva e sanava tutti ... come pure ci sono alcuni avvenimenti, cui né esegeti, né romanzieri, né apocrifi hanno pensato. Per esempio l'evangelizzazione della Giudea, accennata da san Giovanni (Gv 3, 22) all'inizio del ministero di Gesù, il misericordioso apostolato del Signore in favore dei Samaritani, dei poveri, dei contadini di Doras e di Giocana, degli abitanti del quartiere dell' Ofel, i viaggi continui dell'instancabile Maestro per il territorio di tutte le dodici antiche tribù, e la congiura ordita, da alcuni in buona fede, in mala fede dai più, per proclamarlo re, onde distruggerlo più facilmente per mano romana, congiura cui Giovanni (6,14-15) accenna così sobriamente. E come dimenticare 1'eroica fedeltà dei dodici pastori betlemiti, e la duplice prigionia di Giovanni Battista, e i convertiti del convertito Zaccheo; e quelle persone che Gesù salvò anche materialmente, come Sintica, Aurea Galla, Beniamino di Aenon; e le ultime voci profetiche del Popolo eletto: Sabea di Bethlechi, il samaritano lebbroso guarito, Saul di Kerioth; e le relazioni di Gesù con Gamaliele, con alcuni membri del sinedrio, con un gruppo di donne pagane che gravitano attorno a Claudia Procula, la moglie di Pilato; e la storia e la figura di Maria Maddalena, del fanciullo Marziam, dei singoli Apostoli il cui carattere si imprime indelebilmente nel cuore del lettore attento, specialmente il carattere di Pietro, Giovanni e Giuda e della sua pia e sventurata madre?

E quanto non s'impara circa la situazione politica, religiosa, economica, sociale, familiare della Palestina nel primo secolo della nostra èra, anche dai discorsi dei più umili, anzi specialmente da questi, che l'Autrice, veggente e ascoltatrice, riporta! Direi che in questa opera il mondo palestinese del tempo di Gesù risusciti davanti ai nostri occhi; e gli elementi migliori e peggiori del carattere del popolo eletto - il popolo degli estremi e schivo di ogni mediocrità - balzino vivi dinanzi a noi.

Il Poema ci si presenta come il completamento dei quattro Vangeli e una lunga spiegazione di essi; l'Autrice è l'illustratrice delle scene evangeliche.

La spiegazione e il completamento sono giustificati in parte dalle parole di San Giovanni: "molti altri prodigi fece Gesù dinanzi ai suoi discepoli, che non sono scritti nel presente libro ... " (20, 30); e: "molte altre cose fece Gesù che se si dovessero scrivere una a una, penso che il mondo intero non potrebbe contenere i libri da scriversi" (21, 25).

Completamento e spiegazione, ripeto, giustificati solo in parte o in principio, giacché dal punto di vista storico-teologico la rivelazione si è chiusa con gli Apostoli e tutto ciò che si aggiunge al deposito rivelato, anche se non lo contraddice ma felicemente lo completa, potrà al massimo essere il frutto di un carisma particolare, individuale, che obbliga alla fede colui che lo riceve e coloro che credono trattarsi di un vero carisma o di più veri carismi, che nel caso nostro sarebbero quelli della rivelazione, della visione, del discorso della sapienza e del discorso della scienza (cfr. 1 Cor 12, 8; 2 Cor 12, 1...).

Insomma la Chiesa non ha bisogno di questa opera per svolgere la sua missione salvatrice sino alla seconda venuta del Signore, come non aveva bisogno delle apparizioni della Madonna a La Salette, a Lourdes, a Fatima ...

Senonché la Chiesa può tacitamente o pubblicamente riconoscere che certe rivelazioni private possono giovare alla conoscenza e alla pratica del Vangelo e all'intelligenza dei suoi misteri, e quindi approvare in forma negativa, cioè dichiarando che le rivelazioni in parola non sono contrarie alla fede, o può ufficialmente ignorarle, lasciando ai suoi figli piena libertà di formarsi il proprio giudizio.

In forma negativa sono state approvate le rivelazioni di santa Brigida, di santa Matilde, di santa Gertrude, della Ven. D'Agreda, di san Giovanni Bosco e di molti altri santi e sante.

Chi si mette a leggere con animo onesto e con impegno può ben vedere da sé l'immensa distanza che esiste tra Il poema e gli Apocrifi del Nuovo Testamento, specialmente gli Apocrifi dell'Infanzia e quelli dell'Assunzione, e può anche notare la distanza che c'è fra quest'opera e le Rivelazioni della Ven. Emmerich, D'Agreda etc.

Negli scritti di queste due visionarie è impossibile non sentire l'influsso di terze persone, influsso, invece, che mi pare si debba assolutamente escludere dal nostro Poema.

Per convincersene basta fare il paragone tra la vasta e sicura dottrina teologica, biblica, geografica, storica, topografica ... che si addensa in ogni pagina del Poema e la stessa materia o le stesse materie nelle opere summenzionate.

Non parlo poi di opere letterarie, ché di quelle che coprono tutta la vita di Gesù, a cominciare dalla nascita all'Assunzione della Madonna, non ce ne sono, o almeno mi sono sconosciute.

Ma anche se ci limitiamo all'intreccio delle più celebri, come: Ben Hur, La Tunica, Il grande pescatore, The silver chaliee, The spear ... questo non può affatto sostenere il paragone con l'intreccio naturale, spontaneo, sgorgante dal contesto degli eventi e dal carattere delle tante persone - una vera folla! - che forma la possente travatura del Poema.

Ripeto: è un mondo che risuscita e l'Autrice lo domina come se possedesse il genio dello Shakespeare o del Manzoni. Però le opere di questi due grandi, quanti studi non richiesero, quante veglie, quante meditazioni!

Maria Valtorta, invece, pur possedendo una intelligenza brillante, una memoria tenace e pronta, neppure terminò gli studi medi superiori, fu per anni e anni afflitta da diverse malattie e confinata alletto, aveva pochi libri che stavano tutti in due palchetti del suo scaffale, non lesse alcuno dei grandi commentari della Bibbia, che avrebbero potuto giustificare o spiegare la sua sorprendente cultura scritturistica, ma si serviva della versione popolare della Bibbia del P. Tintori ofm; eppure scrisse i dieci volumi del Poema dal 1943 al 1947, in quattro anni!

Tutti sanno quante ricerche abbiano fatto gli eruditi, specialmente ebrei, per disegnare le differenti carte della geografia politica della Palestina, dal tempo dei Maccabei sino all'insurrezione di Barcocheba; hanno dovuto compulsare per più di vent'anni un cumulo di documenti: il Talmud, G. Flavio, l'epigrafia, il folklore, gli antichi itinerari ... eppure l'identificazione di parecchie località rimane ancora incerta; nel Poema, invece, quale che possa essere il giudizio che si dà della sua origine, non vi è alcuna incertezza (almeno per quattro cinque casi, i recenti studi danno ragione alle identificazioni in esso supposte, e il numero penso che crescerebbe se qualche specialista volesse studiare a fondo questa questione).

L'Autrice vede il biforcarsi delle strade, i cippi miliari che ne indicano la direzione, le diverse colture a seconda della diversa qualità del terreno, i tanti ponti romani gettati su diversi fiumi o torrenti, le sorgenti vive in certe stagioni e disseccate in altre; essa nota la differenza della pronunzia fra i diversi abitanti delle diverse regioni della Palestina e un cumulo di altre cose che rendono perplesso o almeno pensoso il lettore.

Una serie di visioni, nelle quali il mistero della nascita di Gesù, della sua agonia, della sua passione e della sua resurrezione vien descritto con parole e immagini celesti, con un eloquio angelico, mentre d'altra parte tanta luce si proietta sul mistero di Giuda, sul tentativo di proclamare re Gesù, sui due fratelli-cugini che non credevano in Lui, sull'impressione da Lui destata nei Gentili, sul suo amore per i lebbrosi, i poveri, i vecchi, i bambini, i Samaritani e specialmente sul suo amore così ardente, soave e delicato per l'Immacolata sua Madre.

E chi, dal punto di vista non solo umano, ma specialmente teologico, può rimanere indifferente leggendo i due capitoli sulla desolazione della SS.ma Madre dopo la tragedia del Calvario, che ci rivelano come la Corredentrice sia stata tentata da Satana come era stato tentato il suo Figlio Redentore?

Si paragoni la sublime teologia di questi due capitoli con quella dei tanti Planctus dell'Addolorata.

Oggi sulla storicità del Vangelo dell'Infanzia e sui racconti della Resurrezione gli esegeti, anche cattolici, si prendono le più strane e audaci libertà, come se con la "Formgeschichte" e con la "Redaktionsgeschichte Methode" si sia trovato il toccasana per tutte le difficoltà, che non furono ignote ai Padri della Chiesa.

Veramente, per parlare solo di alcuni recenti esegeti, Fouard, Sepp, Fillion, Lagrange, Ricciotti ... su questi punti difficili dissero la loro parola equilibrata e luminosa, ma oggi altri sono i maestri, che anche i nostri seguono con tanta fiducia. Ebbene, per tornare a noi, io invito i lettori del Poema a leggere le pagine consacrate alla resurrezione, alla ricostruzione degli eventi del giorno di Pasqua, e constateranno come tutto vi è armoniosamente legato, così come si sforzarono di fare, ma senza riuscirci pienamente, tanti esegeti che seguivano il metodo critico-storico-teologico, i quali non turbavano ma allietavano il cuore dei fedeli e ne rafforzavano la fede!

Ma c'è un'altra sorpresa: questa donna del secolo ventesimo, che, confinata sul letto di dolore, è divenuta la fortunata contemporanea e seguace di Cristo, all'infuori di certi momenti da lei diligentemente notati, quando cioè gli Apostoli e Gesù pregavano in ebraico o aramaico, li sente parlare in italiano, ma in un italiano aramaizzante.

Inoltre il Signore, la Madonna, gli Apostoli, anche quando trattano di argomenti trattati nel Nuovo Testamento, adoperano il linguaggio teologico di oggi, cioè il linguaggio iniziato dal primo grande teologo san Paolo e arricchitosi attraverso tanti secoli di riflessione e di meditazione e diventato preciso, chiaro, insostituibile.

C'è dunque nel Poema una trasposizione, una traduzione della buona novella annunziata da Gesù nella lingua della sua Chiesa di oggi, trasposizione voluta da Lui, giacché la veggente era priva di qualsiasi formazione teologica tecnica: e questo, penso, per farci comprendere che il messaggio evangelico annunziato oggi, dalla sua Chiesa di oggi, con la lingua di oggi, è sostanzialmente identico alla sua predicazione di venti secoli fa.

UN LIBRO DI GRANDE MOLE, COMPOSTO IN CIRCOSTANZE ECCEZIONALI E IN UN TEMPO RELATIVAMENTE BREVISSIMO: ECCO UN ASPETTO DEL FENOMENO VALTORTIANO.

L'Autrice confessa ripetutamente che lei è solo un portavoce, un fonografo, una che scrive quello che vede e sente mentre sta "crocifissa a letto". Quindi, secondo lei, il Poema non è suo, non le appartiene; le è stato rivelato, mostrato, essa altro non ha fatto che descrivere quello che ha visto, riferire quello che ha sentito, pur partecipando con tutto il suo cuore di donna e di devota cristiana alle visioni.

Da questa sua intima partecipazione nasce l'antipatia che sente per Giuda, e al contrario l'affetto intenso che sente per Giovanni, per la Maddalena, per Sintica ... e non parlo del Signore Gesù e della Madonna Santissima, verso i quali a volte effonde il suo cuore e il suo amore con parole di un lirismo appassionato, degno delle più grandi mistiche della Chiesa.

Nei dialoghi e nei discorsi che formano l'ossatura dell'opera c'è, accanto a una inimitabile spontaneità (dialoghi), qualcosa di antico e a volte di ieratico (discorsi), si sente insomma una traduzione ottima di una parlata aramaica, o ebraica, in un italiano vigoroso, polimorfo, robusto. È ancora da notarsi che nella struttura di questi discorsi Gesù, o si muove nella scia dei grandi Profeti, ovvero si accorda al metodo dei grandi rabbini che spiegavano il Vecchio Testamento applicandolo alle circostanze contemporanee; si ricordi il Pesher di Habacuc trovato a Qumran e si confronti, passi la parola, col "pesher" che ce ne dà Gesù.

Si paragonino pure altre spiegazioni che il Signore dà di altri passi del Vecchio Testamento, e per i quali possediamo in tutto o in parte i commentari dei Rabbi del 3°0 4° secolo d. C., ma che evidentemente seguono uno stile tradizionale di composizione molto più antico e probabilmente contemporaneo a Gesù, e si constaterà, accanto a una somiglianza esterna di forma, una tale superiorità quanto al fondo, alla sostanza, che comprendiamo finalmente appieno perché la folla diceva: nessuno ha parlato come quest'uomo.

lo ritengo che l'Opera esiga una origine soprannaturale, penso che essa sia il prodotto di uno o più carismi e che essa va studiata alla luce della dottrina dei carismi, pur giovandosi dei contributi dei recenti studi di psicologia e scienze affini, che certo non potevano essere conosciute dagli antichi teologi, come il Torquemada, il Lanspergius, lo Scaramelli etc.

È proprio dei carismi che essi vengano elargiti dallo Spirito di Gesù per il bene della Chiesa, per l'edificazione del Corpo di Cristo; e io non vedo come si possa ragionevolmente negare che il Poema edifichi e diletti i figli della Chiesa. Senza dubbio la carità è la via più eccellente (1 Cor 13, 1); è pure risaputo che alcuni carismi, che abbondavano nella Chiesa primitiva, si sono in seguito rarefatti, ma è del pari certo che essi non si sono mai estinti del tutto. La Chiesa attraverso i secoli deve perciò continuare a saggiare se essi provengono dallo Spirito di Gesù ovvero sono un camuffamento dello spirito delle tenebre, travestitosi in angelo di luce: probate spiritus si ex Dea sint! (1 Gv 4, 1).

Ora, senza prevenire il giudizio della Chiesa, che sin da questo momento accetto con sottomissione assoluta, mi permetto di affermare che, essendo per il discernimento degli spiriti principale criterio la parola del Signore: ex fructibus eorum cognoscetis ... , e producendo il Poema buoni frutti in un numero sempre crescente di lettori, io penso che esso venga dallo Spirito di Gesù.

Nato a San Giovanni La Punta (Catania) il26 dicembre 1907, Padre Allegra moriva prematuramente a Hong Kong il26 gennaio 1976. Il 14 gennaio 1984 si apriva il processo per la sua beatificazione. Il 15 dicembre 1994 il papa Giovanni Paolo II riconosceva l'eroicità delle sue virtù e lo dichiarava "venerabile". Il 23 aprile 2002, alla presenza del Papa, veniva promulgato il Decreto di approvazione di un miracolo attribuito alla sua intercessione.

Di solito in questa circostanza, che segna la conclusione del processo, viene fissata la data della cerimonia di beatificazione.

Ma così non è stato per il "Venerabile Servo di Dio Gabriele Maria Allegra", che ancora attende (siamo nell'anno 2008) di essere proclamato "Beato".

Confermo che è ancora attiva l'iniziativa della Diocesi di Roma che è partita poco più di un anno fa:

«La Fondazione Erede di Maria Valtorta ha conferito all’Avvocato Rotale Carlo Fusco, Postulatore delle Cause dei Santi, il mandato di agire dinanzi all’Autorità Ecclesiastica competente per ottenere la raccolta delle testimonianze sulla vita di Maria Valtorta e, in specie, le prove sull’esercizio eroico da Lei praticato delle Virtù cristiane.

Poiché Maria Valtorta è morta nei confini dall’Arcidiocesi di Lucca, è stato chiesto all’Ordinario di quella Arcidiocesi il parere sulla possibilità che sia la Diocesi di Roma ad occuparsi della raccolta delle suddette testimonianze e prove.

L’Ordinario di Lucca ha dato risposta affermativa.

Pertanto un Sacerdote del Vicariato ha iniziato a raccogliere le testimonianze sulla vita di Maria Valtorta e le prove sull’esercizio eroico da Lei praticato delle Virtù cristiane.

Comunicati in merito saranno emessi sul sito web della Fondazione Erede di Maria Valtorta».