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Lezione odierna tratta dall'Evangelo come mi è stato rivelato di Maria Valtorta. Testo con audio. Primo discorso della Montagna: la missione degli apostoli e dei discepoli. (...) Gesù parla piano, …Altro
Lezione odierna tratta dall'Evangelo come mi è stato rivelato di Maria Valtorta. Testo con audio.

Primo discorso della Montagna: la missione degli apostoli e dei discepoli.
(...)
Gesù parla piano, gestendo pacato, col viso che pare più bianco, emergente come è dall'abito azzurro cupo e al raggio della luna novella che scende proprio dove è Lui, una piccola virgola di luna nel cielo, una lama di luce che carezza il Padrone del Cielo e della terra.
«Vi ho voluti qui, in disparte, perché siete i miei amici. Vi ho chiamati dopo la prima prova fatta dai dodici, e per allargare il cerchio dei miei discepoli operanti e per udire da voi le prime reazioni dell'essere diretti da coloro che Io do a voi come miei continuatori. So che tutto è andato bene. Io sorreggevo con la preghiera le anime degli apostoli usciti dall'orazione con una forza nuova nella mente e nel cuore. Una forza che non viene da studio umano ma da completo abbandono in Dio.
Coloro che più hanno dato sono coloro che più si sono dimenticati. Dimenticare se stessi è ardua cosa. L'uomo è fatto di ricordi, e quelli che più hanno voce sono i ricordi del proprio io. Bisogna distinguere fra l'io e l'io. Vi è lo spirituale io dato dall'anima che si ricorda di Dio e della sua origine da Dio, e vi è l'io inferiore della carne che si ricorda di mille esigenze che tutto abbracciano di se stessa e delle passioni e che - poiché sono tante voci da fare un coro - e che soverchiano, se lo spirito non è ben robusto, la voce solitaria dello spirito che ricorda la sua nobiltà di figlio di Dio. Perciò - meno che per questo ricordo santo che bisognerebbe sempre più aizzare e tenere vivo e forte - perciò per essere perfetti come discepoli bisogna sapere dimenticare se stessi, in tutti i ricordi, le esigenze, le pavide riflessioni dell'io umano.
In questa prima prova, fra i miei dodici, coloro che hanno più dato sono coloro che più si sono dimenticati. Dimenticati non solo per il loro passato, ma anche nella loro limitata personalità. Sono coloro che non si sono più ricordati di ciò che erano e si sono talmente fusi a Dio da non temere. Di nulla. Perché le sostenutezze di alcuni? Perché si sono ricordati i loro scrupoli abituali, le loro abituali considerazioni, le loro abituali prevenzioni. Perché le laconicità di altri? Perché si sono ricordati le loro incapacità dottrinali e hanno temuto di fare brutte figure o di farmele fare. Perché le vistose esibizioni di altri ancora? Perché questi si sono ricordati le loro abituali superbie, i desideri di mettersi in vista, di essere applauditi, di emergere, di essere "qualcosa". Infine, perché l'improvviso svelarsi di altri in una rabbinica oratoria sicura, persuasiva, trionfale? Perché questi, e questi soli - così come quelli che fino allora umili e cercanti di passare inosservati e che al momento buono hanno saputo di colpo assumere la dignità di primato a loro conferita e non mai voluta esercitare per tema di troppo presumere - hanno saputo ricordarsi di Dio. Le prime tre categorie si sono ricordate dell'io inferiore. L'altra, la quarta, dell'io superiore, e non hanno temuto. Sentivano Dio con sé, Dio in sé, e non hanno temuto. Oh! santo ardimento che viene dall'essere con Dio!
Or dunque ascoltate, e voi e voi, apostoli e discepoli. Voi apostoli avete già sentito questi concetti. Ma ora li capirete con più profondità. Voi discepoli non li avete ancora uditi o ne avete udito frammenti. E vi necessita di scolpirveli nel cuore. Perché Io sempre più vi userò, dato che sempre più cresce il gregge di Cristo. Perché il mondo sempre più vi assalirà, crescendo in esso i lupi contro Me Pastore e contro il mio gregge, ed Io voglio mettervi in mano le armi di difesa della Dottrina e del gregge mio. Quanto basta al gregge non basta a voi, piccoli pastori. Se è lecito alle pecore di commettere errori, brucando erbe che fanno amaro il sangue o folle il desiderio, non è lecito che voi commettiate gli stessi errori, portando molto gregge a rovina. Perché pensate che là dove è un pastore idolo periscono per veleno le pecore o per assalto di lupi.
Voi siete il sale della terra e la luce del mondo. Ma se falliste alla vostra missione diverreste un insipido e inutile sale. Nulla più potrebbe ridarvi sapore, posto che Dio non ve l'ha potuto dare, posto che avendolo avuto in dono voi lo avete dissalato lavandolo con le insipide e sporche acque dell'umanità, addolcendolo con il corrotto dolciore del senso, mescolando al puro sale di Dio detriti e detriti di superbia, avarizia, gola, lussuria, ira, accidia, di modo che risulta un granello di sale ogni sette volte sette granelli di ogni singolo vizio. Il vostro sale allora non è che una mescolanza di pietre in cui si sperde il misero granello sperduto, di pietre che stridono sotto il dente, che lasciano in bocca sapore di terra e fanno ripugnante e sgradito il cibo. Neppur più per usi inferiori è buono, ché farebbe nocumento anche alle missioni umane un sapere infuso nei sette vizi. E allora il sale non serve che ad essere sparso e calpestato sotto i piedi incuranti del popolo. Quanto, quanto popolo potrà calpestare così gli uomini di Dio! Perché questi vocati avranno permesso al popolo di calpestarli incurante, dato che non sono più sostanza alla quale si accorre per avere sapore di elette, di celesti cose, ma saranno unicamente detriti.
Voi siete la luce del mondo. Voi siete come questo culmine che fu l'ultimo a perdere il sole ed è il primo a inargentarsi di luna. Chi è posto in alto brilla ed è visto perché l'occhio anche più svagato si posa qualche volta sulle alture. Direi che l'occhio materiale, che viene detto specchio dell'anima, riflette l'anelito dell'anima, l'anelito inavvertito spesso ma sempre vivente finché l'uomo non è un demone, l'anelito dell'alto, dell'alto dove la istintiva ragione colloca l'Altissimo. E cercando i Cieli alza, almeno qualche volta nella vita, l'occhio alle altezze.
Vi prego di ricordarvi di ciò che facciamo tutti, fin dalla fanciullezza, entrando in Gerusalemme. Dove corrono gli sguardi? Al monte Moria, incoronato dal trionfo di marmo e oro del Tempio. E che, quando siamo nel recinto dello stesso? Di guardare le cupole preziose che splendono al sole. Quanto bello è nel sacro recinto, sparso nei suoi atrii, nei suoi portici e cortili! Ma l'occhio corre lassù. Ancora vi prego ricordarvi di quando si è in cammino. Dove va il nostro occhio, quasi per dimenticare la lunghezza del cammino, la monotonia, la stanchezza, il calore o il fango? Alle cime, anche se piccole, anche se lontane. E con che sollievo le vediamo apparire se siamo in una pianura piatta e uniforme! Qui è fango? Là è nitore. Qui è afa? Là è frescura. Qui è limitazione all'occhio? Là è ampiezza. E solo a guardarle ci sembra meno caldo il giorno, meno viscido il fango, meno triste l'andare. Se poi una città splende in cima al monte, ecco che allora non vi è occhio che non l'ammiri. Si direbbe che anche un luogo da poco si abbelli se si posa, quasi aereo, sul culmine di una montagna. Ed è per questo che nella vera e nelle false religioni, sol che si sia potuto, si sono posti i templi in alto e, se un colle od un monte non c'era, si è fatto ad essi un piedestallo di pietre, costruendo a fatica di braccia l'elevazione su cui posare il tempio. Perché si fa questo? Perché si vuole che il tempio sia visto per richiamare con la sua vista il pensiero a Dio.
Ugualmente ho detto che voi siete una luce. Chi accende un lume a sera in una casa dove lo mette? Nel buco sotto il forno? Nella caverna che fa da cantina? O chiuso dentro un cassapanco? O anche semplicemente e solamente lo si opprime col moggio? No. Perché allora sarebbe inutile accenderlo. Ma si pone il lume sull'alto di una mensola, o lo si appende al suo portalume perché essendo alto rischiari tutta la stanza e illumini tutti gli abitanti in essa. Ma appunto perché ciò che è posto in alto ha incarico di ricordare Iddio e di fare luce, deve essere all'altezza del suo compito.
Voi dovete ricordare il Dio vero. Fate allora di non avere in voi il paganesimo settemplice. Altrimenti diverreste alti luoghi profani con boschetti sacri a questo o quel dio e trascinereste nel vostro paganesimo coloro che vi guardano come templi di Dio.
Voi dovete portare la luce di Dio. Un lucignolo sporco, un lucignolo non nutrito di olio, fuma e non fa luce, puzza e non illumina. Una lampada nascosta dietro un quarzo sudicio non crea la leggiadria splendida, non crea il fulgido giuoco della luce sul lucido minerale. Ma langue dietro il velo di nero fumo che fa opaco il diamantifero riparo.
La luce di Dio splende là dove è solerte la volontà a pulire giornalmente dalle scorie che lo stesso lavoro, coi suoi contatti, e reazioni, e delusioni, produce. La luce di Dio splende là dove il lucignolo è immerso in abbondante liquido di orazione e di carità. La luce di Dio si moltiplica in infiniti splendori, quante sono le perfezioni di Dio delle quali ognuna suscita nel santo una virtù esercitata eroicamente, se il servo di Dio tiene netto il quarzo inattaccabile della sua anima dal nero fumo di ogni fumigante mala passione. Inattaccabile quarzo. Inattaccabile! (Gesù tuona in questa chiusa e la voce rimbomba nell'anfiteatro naturale). Solo Dio ha il diritto e il potere di rigare quel cristallo, di scriverci sopra col diamante del suo volere il suo santissimo Nome. Allora quel Nome diviene ornamento che segna un più vivo sfaccettare di soprannaturali bellezze sul quarzo purissimo.
Ma se lo stolto servo del Signore, perdendo il controllo di sé e la vista della sua missione, tutta e unicamente soprannaturale, si lascia incidere falsi ornamenti, sgraffi e non incisioni, misteriose e sataniche cifre fatte dall'artiglio di fuoco di Satana, allora no, che la lampada mirabile non splende più bella e sempre integra, ma si crepa e rovina, soffocando sotto i detriti del cristallo scheggiato la fiamma, o se non si crepa fa un groviglio di segni di inequivocabile natura nei quali si deposita la fuligine e si insinua e corrompe.
Guai, tre volte guai ai pastori che perdono la carità, che si rifiutano …
Simona Serafini
Il testo per intero lo si può leggere al seguente Url:
www.valtortamaria.com/…/clxix-primo-dis…Altro
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