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EzioB
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VANGELO Secondo MATTEO ♦ Cap.01 ♦ "A nessuno sfugge che tra tutte le Scritture, anche del Nuovo Testamento, i vangeli meritatamente eccellono, in quanto sono la principale testimonianza relativa alla …Altro
VANGELO Secondo MATTEO ♦ Cap.01
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"A nessuno sfugge che tra tutte le Scritture, anche del Nuovo Testamento, i vangeli meritatamente eccellono, in quanto sono la principale testimonianza relativa alla vita e alla dottrina del Verbo incarnato, nostro salvatore" (DV 18).
INTRODUZIONE
La santa Chiesa raccomanda la lettura assidua della parola di Dio, perché con lo studio della Bibbia il tesoro della rivelazione, affidato alla Chiesa, riempia sempre più il cuore degli uomini.
Nei 73 libri che compongono la Bibbia, Dio Padre viene con molta amorevolezza incontro ai suoi figli e conversa familiarmente con loro. Nella parola di Dio c’è tanta efficacia e potenza d’amore e di salvezza ed è sorgente di vita eterna per i suoi figli.
Quando leggiamo il vangelo, abbiamo, forse, la tendenza ad ascoltarlo come un fatto ormai trascorso della vita di Gesù, o come un ideale morale a cui ispirare il nostro agire, o come un’ideologia astratta da assimilare per avere una mentalità cristiana. In ogni caso corriamo il rischio di sentire una frattura tra il passato della storia e l’attualità della nostra fede.
Come dobbiamo, dunque, leggere il vangelo nella vita e la vita nel vangelo?
E’ soprattutto nella celebrazione della messa che avviene questa sintesi. E’ là, infatti, che Gesù vivo, risorto, presente nella sua comunità (cf. Mt 18,20) si lascia toccare misteriosamente, ma non meno realmente di quanto avveniva duemila anni fa in Palestina.
Perciò la prima parte della messa, chiamata liturgia della Parola, non è semplicemente la lettura di un libro, ma l’ascolto di Cristo che parla.
La parola di Dio, però, non è viva e attuale solo nella liturgia, ma anche ogni volta che viene letta e annunciata in ogni altra forma, perché il Cristo è sempre vivo e operante nella sua parola proclamata e ascoltata.
La lettura della Bibbia è sempre un incontro con Dio purché il testo sia letto con lo stesso Spirito con cui è stato scritto.

Matteo e la sua opera
Matteo ha scritto il suo vangelo probabilmente nel decennio che va dal 70 all’80 dopo Cristo. Egli si mostra molto interessato alle parole di Gesù, alla sua dottrina. Ma nonostante questo interesse per la dottrina di Gesù, non vuole assolutamente ridurre il vangelo a una dottrina. Egli è ben consapevole che il vangelo è innanzitutto una persona, una storia. La dottrina nasce dalla storia di Gesù, la illustra e la commenta.
L’unico protagonista del vangelo di Matteo è Gesù, e il primo intento dell’evangelista è di mostrarci il significato salvifico della sua persona, della sua parola e della sua vicenda: egli è il Salvatore (cf. 1,21).
Il vangelo di Matteo risulta particolarmente vivo e attuale perché prende posizione di fronte ai casi della vita come il matrimonio, le ricchezze, l’autorità, e di fronte alle divisioni, ai peccati e agli scandali che affiorano continuamente nella comunità dei credenti.
La comunità cristiana può trovare nell’annuncio di Gesù fatto da Matteo la sua vera identità perché Gesù, e solo Gesù, è l’unica legge fondamentale della Chiesa.
LA STORIA ADEMPIUTA IN GESÙ, IL CRISTO (Mt 1-2)
Matteo scrive il suo vangelo come teologo. La portata teologica del testo dei primi due capitoli si manifesta attraverso le citazioni e le reminiscenze dell’Antico Testamento, le ripetizioni, i ritornelli e gli altri procedimenti letterari - come le inclusioni - che determinano sia la struttura letteraria che l’intenzione profonda del testo evangelico.
Il primo capitolo presenta due unità ben distinte: la generazione di Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo (vv. 1-16) e la missione di Giuseppe (vv. 18-25).
Il v. 17 conclude la successione delle generazioni e ne dà la spiegazione; rileva tre tappe di quattordici generazioni da Abramo a Gesù, passando per Davide e per la deportazione in Babilonia. Ciò non è privo di significato, come vedremo.
Il secondo capitolo fa passare Gesù da Betlemme a Nazaret. È diviso in due quadri: il primo descrive due forme di accoglienza riservate al bambino Gesù (vv. 1-12) e il secondo presenta l’itinerario di Gesù come un nuovo esodo.
Un semplice colpo d’occhio ci fa vedere l’importanza delle citazioni dell’Antico Testamento. L’attualità della Scrittura ci viene presentata attraverso cinque episodi dell’infanzia di Gesù:
1. La missione di Giuseppe (1,18-25) con la citazione di Is 7,14;
2. I magi a Betlemme (2,1-12) con citazione di Mi 5,1 (e 2Sam 5,2);
3. La fuga in Egitto (2,13-15) con citazione di Os 11,1;
4. Il massacro dei bambini (2,16-18) con citazione di Ger 31,15;
5. Il ritorno a Nazaret (2,19-23) con citazione dei profeti.
Ricordiamo inoltre che la genealogia di Gesù (1,1-17) è ispirata a lCr 1,34; 2,1-15; 3,1-18; Rt 4,18-22.
Questo genere letterario, chiamato midrash, commento che attualizza la Scrittura, è una delle tipiche forme dell’esegesi giudaica. Secondo essa, i testi della Scrittura permangono sempre vivi: grazie allo Spirito di vita che la anima e poiché è Parola del Dio vivo, la Scrittura deve rispondere vitalmente ad ogni situazione nuova.
Il midrash è quindi la ricerca del senso della Scrittura per oggi, per aiutare a cogliere l’attuale portata di rivelazione di un testo.
Tuttavia, dal punto di vista cristiano, l’evento Gesù Cristo crea una situazione nuova perché adempie le Scritture. Queste non potevano parlare che di Cristo. Perciò Matteo ritrova nell’Antico Testamento i segni e le prefigurazioni di una vocazione che adempie tutte le vocazioni.
Così in 2,1-12, Gesù è prima di tutto il "Nuovo Davide" (vv. 2 e 6) che adempie la profezia dell’Emanuele citata in 1,23 (Is 7,14, che riprende 2Sam 7,5-16); su di lui brillerà, come una luce (Is 9,1), la stella messianica (Nm 24,17), ed egli sarà il pastore di Israele riunificato (Mi 5,1 e 2Sam 5,2). È anche il "Nuovo Salomone" (v. 11) la cui sapienza attirerà i saggi d’Oriente (cf. lRe 10,1-13; Sal 72; Is 9,5; 11,1-5).
In 2,13-23 appare insieme come il "Nuovo Giacobbe/lsraele" (vv. 13-18), disceso in Egitto e tornatone cresciuto nelle dimensioni di un popolo numeroso (cfr. Gen 46,1-4; 50,24), e come il "Nuovo Mosè" (vv. 13-23) sfuggito al massacro, chiamato dall’Egitto per far passare Israele attraverso l’esodo definitivo (cf. Es 1,22; 2,3; 4,19; Os 11,1; Nm 23,22; Ger 31,15).
Gesù è l’adempimento della storia umana, che da una parte ricapitola il lungo cammino di Israele registrato nella Scrittura e dall’altra dà uno sbocco alla ricerca dei pagani (i magi). Questo definitivo adempimento rivela una novità radicale: l’iniziativa assoluta del Padre e la dimensione universale del regno dei cieli.
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CAPITOLO 01
1 Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. 2 Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, 3 Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esròm, Esròm generò Aram, 4 Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmòn, 5 Salmòn generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, 6 Iesse generò il re Davide.
Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, 7 Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asàf, 8 Asàf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, 9 Ozia generò Ioatam, Ioatam generò Acaz, Acaz generò Ezechia, 10 Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia, 11 Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.
12 Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatiel, Salatiel generò Zorobabèle, 13 Zorobabèle generò Abiùd, Abiùd generò Elìacim, Elìacim generò Azor, 14 Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, 15 Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, 16 Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo.
17 La somma di tutte le generazioni, da Abramo a Davide, è così di quattordici; da Davide fino alla deportazione in Babilonia è ancora di quattordici; dalla deportazione in Babilonia a Cristo è, infine, di quattordici.
18 Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19 Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. 20 Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. 21 Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
22 Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
23 Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio
che sarà chiamato Emmanuele,
che significa Dio con noi.
24 Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, 25 la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù.

Questa genealogia si ispira al primo libro delle Cronache 1,34; 2,1-15; 3,1-18; e al libro di Rut 4,18-22.
Per l'ebreo la storia si esprime in termini di genesi, di generazione.
Nella Bibbia c'è una sola storia, quella di una promessa fatta da Dio ad Abramo, padre dei credenti (cf. Is 51,1-2), manifestatasi nel re Davide (cf. Is 9,6; 11,1-9) e adempiuta in Gesù (cfr Gal 3,28-29).
Il primo versetto di questo brano è il titolo della genealogia, ma può essere contemporaneamente il titolo di tutto il vangelo. L'espressione "libro della genesi" richiama il titolo del primo libro della Bibbia e suggerisce che il vangelo è il racconto della nuova creazione. L'evangelista Giovanni si pone sulla stessa linea mettendo all'inizio del suo vangelo le parole "in principio", riprese direttamente dal libro della Genesi 1,1.
Come figlio di Davide, Gesù porta a pieno compimento le promesse che Dio aveva fatto per mezzo dei profeti (2Sam 7,1ss; Is 7,14ss). Come figlio di Abramo realizza perfettamente la promessa fatta al capostipite del popolo di Dio: "In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra... Ti renderò molto, molto fecondo; ti farò diventare nazioni e da te nasceranno dei re" (Gen 17,6; cf. Gal 3,8-29).
La genealogia mette in evidenza la continuità tra la storia d'Israele e la missione di Gesù e ci prepara a capire il vangelo, secondo il quale la Chiesa fondata da Gesù (Mt 16,18) è il vero Israele di Dio e l'erede di tutte le sue promesse.
Al versetto 16 la struttura dell'albero genealogico bruscamente si spezza. Stando al susseguirsi delle generazioni precedenti, avremmo dovuto leggere: Giacobbe generò Giuseppe e Giuseppe generò Gesù. Leggiamo invece:" Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale fu generato (da Dio) Gesù chiamato il Cristo". Questo verbo in forma passiva "fu generato" (in greco eghennethe) esprime l'azione di Dio, che verrà richiamata esplicitamente nel brano seguente:" Quel che è generato in lei viene dallo Spirito santo" (Mt 1,20).
Nel versetto 17 Matteo attribuisce una grande importanza al numero 14. Questo numero è la somma di valori numerici delle tre lettere dell'alfabeto ebraico che formano il nome di Davide (daleth, waw,daleth = 4+6+4). Questo versetto esprime una tesi teologica: sottolineando la cifra di Davide moltiplicata per tre (la cifra tre è simbolica: esprime la realtà dell'uomo nella sua continuità, nel suo permanere nell'essere), Matteo pone l'accento su Davide e sulla continuità della sua discendenza, argomento che svilupperà nel brano seguente.
Nella genealogia di Gesù Cristo, Matteo ci ha dato una visione teologica del susseguirsi delle generazioni. Ora prosegue questa sua concezione presentando il ruolo e la missione di Giuseppe dal punto di vista di Dio. Giuseppe è un uomo giusto (v. 9). Il suo problema non è principalmente la situazione nuova che si è creata con la sua promessa sposa Maria, ma il suo rapporto con questo bambino che sta per nascere e la responsabilità che egli sente verso di lui. Giuseppe è detto giusto perché sintetizza nella sua persona l'atteggiamento dei giusti dell’Antico Testamento e in particolare quello di Abramo (cf. Mt 1,20-21 con Gen 17,19).
La giustizia di Giuseppe non è quella "secondo la legge" che autorizza a ripudiare la propria moglie, ma quella "secondo la fede" che chiede a Giuseppe di accettare in Maria l'opera di Dio e del suo Spirito e gli impedisce di attribuirsi i meriti dell'azione di Dio.
Di sua iniziativa Giuseppe non ritiene di poter prendere con sé una persona che Dio si è riservata. Egli si ritira di fronte a Dio, senza contendere, e rinuncia a diventare lo sposo di Maria e il padre del bambino che sta per nascere; per questo decide di rinviare segretamente Maria alla sua famiglia.
Giuseppe è giusto di una giustizia che scopriremo nel seguito del vangelo, quella che si esprime nell'amore dato senza discriminazioni a chi lo merita e a chi non lo merita (Mt 5,44-48) ed è riassunto nella "regola d'oro": "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro" (Mt 7,12). L'uomo giusto è misericordioso come Dio è misericordioso.
La crisi di Giuseppe ha lo stesso significato dell'obiezione di Maria in Luca 1,29. Maria era turbata perché non sapeva che cosa significasse il saluto dell'angelo. Giuseppe è incerto perché non sa spiegarsi ciò che è avvenuto in Maria. Maria può chiedere la spiegazione all'angelo, ma Giuseppe non sa a chi rivolgersi; per questo decide di mettersi in disparte aspettando che qualcuno venga a liberarlo dalle sue perplessità.
Matteo mette in rilievo l'identità messianica di Gesù affermando la sua discendenza da Davide, al quale Dio aveva promesso un discendente che avrebbe regnato in eterno sulla casa di Giacobbe (cf. Lc 1,33; 2Sam 7,16). Quindi, secondo la genealogia, Gesù è il discendente di Davide non in virtù di Maria, ma di Giuseppe (v. 16). E' per questo che Matteo presenta Giuseppe come destinatario dell'annuncio con il quale gli viene dato l'ordine di prendere Maria con sé e di dare il nome a Gesù. Giuseppe, riconoscendo legalmente Gesù come figlio, lo rende a tutti gli effetti discendente di Davide. Gesù verrà così riconosciuto come figlio di Davide (Mt 1,1; 9,27; 20,30-31; 21,9; 22,42).
Il nome di Gesù significa "Dio salva". La promessa di salvezza contenuta nel nome di Gesù viene presentata in termini spirituali come salvezza dai peccati (v. 21). Anche per Luca la salvezza portata da Gesù consiste nella remissione dei peccati (Lc 1,17). In queste parole c'è il netto rifiuto di un messianismo terreno: Gesù non è venuto a conquistare il regno d'Israele o a liberare la sua nazione dalla dominazione straniera.
La singolarità dell'apparizione dell'angelo consiste nel fatto che essa avviene in sogno. Matteo forse presenta Giuseppe secondo il modello del patriarca Giuseppe, viceré d'Egitto (Gen 37,5ss). La cosa importante è che l'apparizione dell'angelo chiarisce con sicurezza che la direttiva viene da Dio.
Nel versetto 22 troviamo la prima citazione dell'Antico Testamento. Questa è preceduta dalla formula introduttiva: "Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta". Con questa espressione Matteo vuol darci l'idea del compimento delle intenzioni di Dio contenute nella Scrittura. E' importante notare che attraverso il profeta ha parlato Dio.
Con la citazione di Isaia 7,14 Matteo presenta la generazione di Gesù come un parto verginale.
Gesù quale Emmanuele, Dio con noi, costituisce un motivo centrale del vangelo di Matteo. Questa citazione di Isaia forma un'inclusione con l'ultima frase del vangelo: "Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).
Giuseppe, uomo giusto, si desta dal sonno e agisce. L’esecuzione descrive la sua obbedienza. Pur prendendo con sé Maria, egli non la conosce. Il conoscere indica già in Gen 4,1 il rapporto sessuale.
L’imposizione del nome di Gesù ad opera di Giuseppe assicura di fronte alla legge la discendenza davidica del figlio di Maria.