Fatima.
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Idolatria peggiore di quella del vitello di oro

DICE IL DIVINISSIMO AUTORE:

Un’idolatria peggiore di quella del vitello d’oro (Esodo 32,1-6) era nelle coscienze dei più.

Ogni potente d’Israele era “vitello d’oro”, e da se stesso si idolatrava e voleva essere idolatrato dalle folle.

Il Tempio era un nome. I riti una rappresentazione mimica.

L’invisibile divina Presenza nel Santo dei Santi non era creduta altro che dai semplici, dai piccoli fra il popolo che aveva nome di santo. Ancora i Sacerdoti e i Rabbi insegnavano che Dio era nel suo Tempio, magnifico nella sua gloria, parlante ai suoi ministri.


Ma essi ben sapevano che Dio aveva già abbandonato il Tempio dove non Lui era adorato, ma gli interessi dei Principi dei Sacerdoti, degli Scribi a dei Farisei. Essi sentivano il vuoto successo alla Presenza. L’insanabile vuoto. Perché nulla delle industrie degli uomini può colmare il vuoto di Dio.

Ogni opera è vana a colmare, a nascondere almeno, il vuoto di un altare dal quale Dio se ne è andato. Nulla.

E nulla può illudere e dare pace a chi ha dentro alla sua coscienza la conoscenza che Dio non è più presente, che Egli ha abbandonato i superbi al loro destino, alle loro concupiscenze, alle loro idolatrie.

E in quell’ora Gesù è venuto. Se Dio misurasse le cose alla misura degli uomini, mai ora meno propizia di quella avrebbe dovuto essere scelta per l’avvento dell’ora di Misericordia. Ma non era soltanto ora di Misericordia. Lo era anche di Giustizia.

Giustizia per Israele non più meritevole d’essere Popolo di Dio. Un altro popolo doveva essere eletto in suo luogo: quello cristiano.

La fine del Tempio era venuta. La Legge nuova, perfezione dell’antica, si imponeva, predicata agli uomini direttamente da Dio.

La Carità di Dio si mostrava nella sua pienezza agli uomini.

Carità non vuole dire ingiustizia, benché sia tutta misericordia. Carità vuol dire tutto compiere per amor degli uomini. Questo è anche il precetto che Gesù vi ha dato.

Ma Egli, Perfezione, non si è limitato a insegnare che non vi è più grande amore di quello di colui che muore per i suoi amici (Giovanni 15,13). Egli è morto. E non solo per gli amici, per i giusti e i volonterosi di giustizia ‑ anche questi ultimi sono amici di Dio, sebbene ancora deboli, informi di spirito ‑. Egli è morto anche per i suoi nemici. Dalla croce non ha pregato per gli amici, ma per i nemici (Luca 23,33-34).

Sapienza eterna e infinita, il Cristo sapeva come per l’uomo il peccato fosse entrato nel mondo insieme alla morte e si fosse esteso a tutti gli uomini, come era anche prima della Legge. Se non ci fosse stato peccato non ci sarebbe stata necessità di un codice contro il peccato. Esso è fermentato nelle sue diverse forme dalla superbia, gola e avarizia che insanirono i Progenitori sino a renderli ribelli a Dio. E dopo la violenza fatta all’ordine di Dio, a Dio perciò, seguì la violenza fatta all’innocenza violata e distrutta per dar luogo alla malizia, e a questa seguì la violenza fatta al fratello, con il fratricidio compiuto da Caino (Genesi 4,1-6), e l’omicidio di Lamec (Genesi 4,23-24), e la libidine dei figli di Dio verso le figlie degli uomini (Genesi 6,1-4), e la superbia dei costruttori di Babele (Genesi 11,1-9), e l’avidità dei popoli e delle tribù, e i molteplici peccati di Sodoma e Gomorra (Genesi 18,16-33; Genesi 19,1-29), rifioriti sempre più forti nei secoli.

E Cristo, morendo, prega per i nemici di Dio perché abbiano il perdono e tornino nella giustizia. Gesù è il ristabilitore dell’ordine.

Se su una bilancia si mette un peso sproporzionato al peso equilibratore, la bilancia pende da una parte; ma se si ristabilisce l’equilibrio, i due piatti della bilancia si mettono su una sola linea.

Ecco: per il delitto di uno, molti perirono [dice il Consolatore: “Interpreta così: Come per opera di un solo uomo (Adamo) il peccato è entrato nel mondo e per il peccato entrò la morte, così a tutti gli uomini si è estesa la morte per Adamo nel quale tutti peccarono” (Rm 5,12)].

La bilancia di Dio pendeva tutta dalla parte della Giustizia.

Ma: per il sacrificio di Cristo, la Grazia e la Vita vengono date a tutti coloro che credono in Gesù. E in tal modo l’equilibrio non solo è ristabilito, ma dato che il sacrificio dell’Uomo‑Dio è di valore infinito e infiniti sono i meriti del Cristo Salvatore, mentre la colpa di Adamo pur nella sua gravità non è mai senza limiti ‑ e lo dimostra il fatto che poté essere riparata, mentre se fosse stata infinita non lo avrebbe potuto essere e le due infinità, quella della Grazia e quella della Colpa, si sarebbero fronteggiate senza potersi combattere e una vincere, ché due forze uguali restano tali l’una in opposizione all’altra ‑ la bilancia di Dio pende dalla parte della Misericordia, e misericordia e perdono traboccano dal piatto colmo del Sangue divino effuso per la salute del mondo.

Tutto effuso. Tanto più effuso più abbondante era il peccato, perché la Grazia, abbondando, vincesse il peccato e la Vita vinca la Morte, morendo per rendere la Vita agli spiriti immortali degli uomini: la Vita, ossia il Regno di Dio in voi e per voi qui, e oltre la vita, nel Regno dei Cieli.»

Valtorta - Romani 14 - febbraio 1948 lezione 17a