Massimo M.I.
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Da : Mistica città di Dio (suor Maria d' Agreda)

CAPITOLO 3

La manifestazione che ebbi della Divinità e della decisione che Dio prese di creare tutte le cose.

26. O Re altissimo e sapientissimo Signore! Quanto incomprensibili sono i tuoi giudizi e quanto inaccessibili le tue vie! Dio invitto, che vivi in eterno e che da sempre sei, chi potrà conoscere la tua grandezza, o sarà all'altezza di raccontare le tue magnifiche opere? E chi ti potrà dire: «Perché le facesti così?». Infatti tu sei altissimo al di sopra di tutti e la nostra vista non ti può raggiungere, né il nostro intelletto comprendere. Benedetto sii tu, o Re magnifico, che ti degnasti di svelare a questa tua schiava e vile vermicello grandi e altissimi misteri, sublimando ed elevando la dimora del mio spirito là dove vidi cose che non saprò ridire. Vidi il Signore e creatore di tutti. Vidi un'Altezza non espansa in se stessa prima di creare qualsiasi altra cosa. Ignoro il modo nel quale mi si mostrò, ma non ciò che vidi e compresi. E sua Maestà, che tutto comprende, sa bene come, a parlare della sua divinità, il mio pensiero resta sospeso, l'anima mia si turba profondamente, le mie facoltà si arrestano nelle loro azioni e tutta la parte superiore, lasciando quella inferiore deserta e i sensi inattivi, se ne vola dove ama, abbandonando ciò che anima. E in tali amorosi svenimenti e deliqui, i miei occhi versano lacrime e la mia lingua ammutolisce. O altissimo e incomprensibile Signor mio, oggetto infinito del mio intelletto! Oh, come alla tua vista - giacché sei immenso ed eterno - mi ritrovo annichilita, il mio essere si confonde con la polvere e a stento percepisco quel che sono! E come ardisce questa piccolezza e miseria fissare lo sguardo nella tua magnificenza e maesta grande? Anima, o Signore, il mio essere, avvalora la vista e da' vigore al mio cuore impaurito, tanto che possa riferire ciò che io ho visto e obbedire al tuo comando.
27. Con l'intelletto vidi l'Altissimo così come egli è in se stesso e compresi chiaramente con vera cognizione che egli è un Dio infinito nella sostanza e negli attributi, eterno, somma Trinità in tre Persone ed un solo vero Dio. Tre, perché si esercitano le attività del conoscersi, comprendersi ed amarsi, e uno solo, per conseguire il bene dell'unità eterna. È Trinità di Padre, Figlio e Spirito Santo. Il Padre non è fatto, né creato, né generato, né può esserlo, né può avere origine. Conobbi che il Figlio trae la sua origine dal Padre, ma solamente per eterna generazione - essendo entrambi ugualmente eterni - ed è generato dalla fecondità dell'intelletto del Padre. Lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio per amore. In questa Trinità indivisa non vi è cosa che si possa dire anteriore o posteriore, maggiore o minore: tutte e tre le Persone in se stesse sono egualmente eterne ed eternamente uguali, essendovi unità di essenza in trinità di Persone, cioè un Dio solo nella indivisa Trinità e tre Persone nell'unità di una sola sostanza. Non si confondono le Persone per il fatto che è un Dio solo, né si separa o si divide la sostanza per il fatto che sono tre Persone, ed essendo distinte nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, è una sola e medesima la divinità, è uguale e identica la gloria e la maestà, la potenza, l'eternità, l'immensità, la sapienza e la santità e tutti gli altri attributi. E benché siano tre le Persone in cui queste infinite perfezioni sussistono, tuttavia è uno solo il Dio vero, santo, giusto, potente, eterno ed immenso.
28. Ebbi anche la rivelazione che questa divina Trinità comprende se stessa con una vista semplice, senza che le sia necessaria una nuova e distinta conoscenza, sapendo il Padre quello che sa il Figlio e il Figlio e lo Spirito Santo quello che sa il Padre; che fra loro si amano reciprocamente con uno stesso amore immenso ed eterno. È un'unità d'intendere, di amare e di operare, uguale ed indivisibile; è una semplice, incorporea, indivisibile natura; è un essere di Dio vero, nel quale si trovano in supremo ed infinito grado tutte le perfezioni unite e raccolte insieme.
29. Conobbi la forma di queste perfezioni dell'Altissimo: che egli è bello senza neo, grande senza quantità, buono senza qualità, eterno senza tempo, forte senza infiacchire, vita senza mortalità, verità senza menzogna, presente in ogni luogo, riempiendolo senza occuparlo e stando in tutte le cose senza estensione. Non ha contraddizione nella bontà, né difetto nella sapienza; in essa è irraggiungibile, nei consigli terribile, nei giudizi giusto, nei pensieri segretissimo, nelle parole veritiero, nelle opere santo, nei tesori munifico. Lo spazio non lo dilata, né l'angustia del luogo lo restringe; in lui non c'è volontà che cambi, né tristezza che lo turbi, né cose passate che passino, né future che si succedano. A lui nessuna origine diede principio, né tempo darà fine. O immensità eterna, quali interminabili spazi ho visto in te! Quale infinità riconosco nel tuo infinito Essere! La vista non ha confine, né diminuisce, contemplando questo oggetto illimitato! È questo l'Essere immutabile, l'Essere sopra ogni altro essere, la santità perfettissima, la verità invariabile. È questo l'infinito, la latitudine e la longitudine, l'altezza e la profondità, la gloria e la sua origine, il riposo senza fatica, la bontà in grado immenso. Vidi tutto ciò nello stesso tempo e non riesco a dire quel che vidi.
30. Vidi il Signore come era prima di creare cosa alcuna e con stupore guardai dove aveva la sua sede l'Altissimo; infatti non vi era il cielo empireo, né vi erano gli altri cieli inferiori, né sole, né luna, né stelle, né elementi, ma c'era solo il Creatore senza aver creato cosa alcuna. Se ne stava tutto solo, senza la presenza degli angeli, né degli uomini, né degli animali; per questo compresi che di necessità si deve ammettere che Dio era nel suo stesso essere e che non ebbe necessità né sentì bisogno di nessuna cosa di quelle che egli creò, poiché era infinito negli attributi prima di crearle non meno che dopo e in tutta la sua eternità li possedette e possederà, come soggetto indipendente e increato. Infatti nessuna perfezione assoluta e semplice può mancare a sua Divinità, poiché egli solo è ciò che è e contiene in se stesso in modo eminentemente ineffabile tutte le perfezioni che si trovano nelle creature; inoltre, ogni cosa che esiste, è racchiusa in quell'Essere infinito, come gli effetti sono contenuti nella loro causa.
31. Compresi che l'Altissimo se ne stava appunto nell'immobilità del suo stesso essere, quando fra le medesime Persone divine - a nostro modo d'intendere - fu deciso di comunicare le loro perfezioni, distribuendole in doni. E voglio dire, per spiegarmi meglio, che Dio conosce le cose con un atto in se stesso indivisibile, semplicissimo e senza discorso: egli non procede dalla cognizione di una cosa a quella di un'altra, come procediamo noi, che discorriamo col pensiero conoscendo prima una cosa con un atto dell'intelletto e subito dopo un'altra con un altro. Ma Dio conosce tutte le cose contemporaneamente, senza che ci sia, nel suo intelletto infinito, né un prima né un dopo, dato che tutte sono unite insieme nella conoscenza divina increata, come lo sono nell'essere di Dio, dove sono racchiuse e contenute come origine prima.
32. In questa conoscenza, che prima si chiama di semplice intelligenza, secondo la naturale precedenza dell'intelletto sulla volontà, si considera in Dio un ordine non già di tempo, ma di natura, secondo il quale noi concepiamo l'atto dell'intelletto divino come un precedere quello della volontà. Infatti noi consideriamo prima di tutto in Dio il solo atto d'intendere, senza la decisione della sua volontà di dare la vita alle creature. Ora, in questo stadio o momento, le tre Persone divine si consultarono insieme, con quell'atto d'intendere, sulla convenienza delle opere ad extra, vale a dire di tutte le creature che furono, sono e saranno.
33. Inoltre Dio volle degnarsi di soddisfare al desiderio che gli espressi, per quanto indegna, di conoscere l'ordine che egli seguì, o quello che noi dobbiamo comprendere, nella creazione di tutte le cose; cosa che io gli domandavo per conoscere il posto che, secondo quest'ordine, la Madre di Dio e regina nostra ebbe nella mente divina. Per questo dirò, come meglio potrò, quello che mi fu risposto e manifestato e l'ordine che in Dio c'è tra queste idee, suddividendolo in momenti perché altrimenti non si può adattare alla nostra capacità la conoscenza di questo sapere divino, che già qui si chiama scienza di visione e alla quale appartengono le idee, ossia le immagini delle creature, che stabilì di creare e che nella sua mente ha ideate, conoscendole infinitamente meglio di come le vediamo e conosciamo noi al presente.
34. Quantunque questo sapere divino sia uno, semplicissimo e indivisibile, tuttavia, poiché le cose che vede sono molte, fra loro ordinate in modo che le une sono prima delle altre e le une hanno vita o esistenza attraverso le altre, con rispettiva dipendenza, è necessario dividere la scienza divina - e così la volontà - in molti stadi e in molti atti che corrispondano ai diversi stadi, secondo l'ordine degli oggetti. Così diciamo che Dio concepì e determinò prima questo che quello, o l'uno per mezzo dell'altro, e che, se prima non avesse voluto e conosciuto con scienza di visione una cosa, non avrebbe voluto neppure l'altra. Con ciò non si vuole inferire che vi siano in Dio molti atti d'intendere o di volere, ma vogliamo solamente dire che le cose sono concatenate fra loro e le une succedono alle altre. Immaginandole con questo ordine oggettivo, ricomponiamo, per meglio comprenderle, l'ordine stesso negli atti della scienza e volontà divina.
CAPITOLO 4

Si dividono in momenti successivi i decreti divini, rivelando quello che in ciascuno Dio stabilì circa la sua comunicazione ad extra.

35. Compresi che quest'ordine doveva essere diviso nei seguenti momenti: nel primo Dio conobbe i suoi attributi divini e le sue perfezioni, con la propensione ed ineffabile inclinazione a comunicarsi fuori di sé. Questa fu la prima cognizione che Dio è comunicativo ad extra. Perciò Dio, vedendo la natura delle sue infinite perfezioni e l'efficace potenza che racchiudono in se stesse per compiere opere meravigliose, nella sua equità vide che ad una così grande bontà era più che opportuno comunicarsi, per operare secondo la sua inclinazione comunicativa e per esercitare la sua liberalità e misericordia, distribuendo con magnificenza fuori di sé la pienezza dei suoi infiniti tesori racchiusi nella divinità. Infatti, essendo infinito, a lui è molto più naturale fare grazie e doni di quanto non lo sia per il fuoco salire alla sua sfera, per la pietra tendere al centro e per il sole spandere la sua luce. Questo profondo mare di perfezioni, quest'abbondanza di tesori, questa impetuosa infinità di ricchezze, volge tutta a comunicarsi per sua inclinazione, ma anche per la volontà e la sapienza di Dio stesso, il quale, per la comprensione che ha di sé stesso, sa bene che fare doni e grazie, comunicandosi al di fuori, non è un diminuirle ma piuttosto un accrescerle, dando un opportuno sfogo a quella inestinguibile sorgente di ricchezze.
36. Dio guardava tutto ciò in quel primo momento, dopo la comunicazione ad intra (dentro se stesso) già avvenuta con le emanazioni eterne. E ponendovi attenzione, si trovò come condotto da se stesso a comunicarsi ad extra (al di fuori), riconoscendolo come cosa santa, giusta e misericordiosa, dato che nessuno glielo poteva impedire. Conforme al nostro modo d'intendere, ben possiamo immaginare che, in un certo senso, Dio non stava quieto, né tranquillo, finché non fosse arrivato al centro delle creature, nelle quali e con le quali trova le sue delizie, rendendole partecipi della sua divinità e delle sue perfezioni.
37. Due cose mi stupiscono, mi tengono sospesa e inteneriscono il mio tiepido cuore lasciandolo come annichilito in questa cognizione e luce che sperimento: la prima è quella inclinazione e quel peso che vidi in Dio e la veemenza della sua volontà di comunicare la propria divinità e i tesori della sua gloria; la seconda è l'ineffabile e incomprensibile immensità dei beni e dei doni che conobbi che voleva distribuire, e come li creava destinandoli a tal fine, rimanendo infinito come se niente avesse dato. Infatti io intesi che, in questa inclinazione e in questo suo desiderio, egli era disposto a santificare, giustificare e riempire di doni e di perfezioni tutte le creature insieme e ciascuna in particolare, dando ad ognuna più di quanto hanno tutti i santi angeli e serafini messi insieme, quantunque fossero stati capaci di ragione e dei suoi doni tutte le gocce e la sabbia del mare, tutte le stelle, le piante, gli elementi, e tutte le creature irrazionali, purché da parte loro si disponessero ad accoglierli e non opponessero alcun ostacolo alla sua grazia. Oh, terribile peccato e malizia del peccato! Tu sola basti per trattenere l'impetuosa corrente di tanti beni eterni!
38. Nel secondo momento conferì e decretò questa comunicazione della Divinità, perché fosse per maggiore gloria ad extra e per maggiore esaltazione di sua Maestà, manifestando la sua grandezza. In questo istante Dio guardò tale esaltazione come fine del comunicarsi e del farsi conoscere nella liberale profusione dei suoi attributi, usando cioè la sua onnipotenza per essere conosciuto, lodato e glorificato.
39. Nel terzo momento conobbe e determinò l'ordine e la disposizione, vale a dire le modalità di questo comunicarsi, in modo che, nell'effettuare una così ardua determinazione, si ottenesse il fine più glorioso. Non altrimenti determinò l'ordine che doveva esserci negli oggetti, la maniera e la differenza con cui comunicare loro la sua divinità e le sue qualità, in modo che quel moto, per così dire, del Signore avesse giuste ragioni e oggetti proporzionati, e si trovasse tra loro la più bella e ammirabile disposizione, armonia e subordinazione. In questa fase si determinò in primo luogo che il Verbo divino s'incarnasse e si rendesse visibile; si decretò la perfezione e i tratti della santissima umanità di Cristo nostro Signore, la quale così restò come impressa nella mente divina. In secondo luogo, fu presa la stessa decisione per gli altri ad imitazione di lui, ideandosi nella mente divina l'armonia dell'umana natura coi suoi ornamenti, composta di corpo organico ed anima propria, anima fornita di apposite facoltà per conoscere e godere il suo Creatore, discernendo tra bene e male, per amare con libera volontà lo stesso Signore.
40. Compresi che era necessario che questa unione ipostatica della seconda Persona della santissima Trinità con la natura umana fosse la prima opera e il primo oggetto in cui l'intelletto e la volontà divina uscissero ad extra, per ragioni altissime che non potrò spiegare. Una ragione è che, dopo essersi Dio conosciuto ed amato in se stesso, l'ordine migliore era quello di conoscere ed amare ciò che era più immediato alla sua divinità, cioè l'unione ipostatica. Un'altra ragione è che, essendosi comunicata sostanzialmente ad intra, doveva anche comunicarsi sostanzialmente ad extra, affinché l'intenzione e volontà divina cominciasse le sue opere per il fine più alto e le sue qualità si comunicassero con un ordine perfetto. Infatti quel fuoco della divinità doveva operare principalmente, e il più possibile, in ciò che più le era immediato, quale è appunto l'unione ipostatica, e in primo luogo doveva comunicare la sua divinità a chi doveva pervenire, dopo Dio, al più alto ed eccellente grado nella sua conoscenza e nel suo amore, nelle opere e nella gloria della sua stessa divinità. Diversamente, Dio si sarebbe esposto - secondo il nostro basso modo d'intendere - al pericolo di non conseguire questo fine, che era il solo che potesse avere proporzione con una così meravigliosa opera e giustificarla. Era anche conveniente e necessario, dato che Dio voleva creare molte creature, che le creasse con armonia e subordinazione, e che questa fosse la più ammirabile e gloriosa possibile. Conforme a ciò, doveva esservene una che fosse capo, a tutte superiore e immediatamente unita con Dio, per quanto fosse possibile, cosicché per essa tutte le altre in un certo modo potessero passare per giungere alla sua Divinità.
Per questa ed altre ragioni, che non posso spiegare, solamente nel Verbo incarnato si poté provvedere alla dignità delle opere di Dio, per conseguire così nella natura un bellissimo ordine, che altrimenti non vi sarebbe stato.
41. Nel quarto momento si decisero i doni e le grazie che all'umanità di Cristo nostro Signore, unita con la divinità, si dovevano dare. E qui l'Altissimo allargò la mano della sua liberale onnipotenza e dei suoi attributi, per arricchire quella santissima umanità e anima di Cristo con abbondanza di doni e di grazie, nella completa pienezza e nel sommo grado possibile. Così in tale stadio fu determinato quello che poi disse Davide: Un fiume e i suoi ruscelli rallegrano la città di Dio. Infatti il torrente dei suoi doni, orientandosi a questa umanità del Verbo, le comunicò tutta la scienza infusa e beata, tutta la grazia e la gloria, di cui la sua anima santissima era capace, e quanto conveniva ad un soggetto che era insieme Dio e uomo vero, capo di tutte le creature capaci della grazia e della gloria, che da quella corrente impetuosa doveva traboccare in loro con l'ordine in cui avvenne.
42. Il decreto della predestinazione della Madre del Verbo incarnato appartiene conseguentemente e come in secondo luogo a questa stessa fase, perché fu qui che io intesi che questa semplice creatura era stata pensata prima che Dio stabilisse di crearne qualunque altra. Così ella fu concepita nella mente di Dio prima di tutte, come spettava e conveniva alla dignità, all'eccellenza e ai doni dell'umanità del suo santissimo Figlio; subito tutto l'impeto del torrente della Divinità e dei suoi attributi si orientò verso di lei, per quanto era capace di riceverlo una semplice creatura, come si conveniva alla dignità di Madre.
43. Confesso che nel comprendere questi altissimi misteri e decreti fui rapita dall'ammirazione e sollevata fuori del mio stesso essere. Inoltre, conoscendo questa santissima e purissima creatura formata e ideata nella mente divina ab initio (fin dal principio) e prima di tutti i secoli, con giubilante fremito del mio spirito magnifico l'Onnipotente, che prese la stupenda e misteriosa decisione di crearci una così pura, grande, misteriosa e divina creatura, più per essere da tutte le altre ammirata con lode, che per essere descritta da alcuna. Tanta è questa mia ammirazione, che io potrei dire quello che diceva san Dionigi areopagita, che, cioè, se la fede non mi insegnasse e l'intelligenza di ciò che sto contemplando non mi facesse comprendere che è Dio colui che la formò nella sua idea e che solo la sua onnipotenza può aver formato e formare una simile immagine della sua Divinità, se questo, appunto, non mi fosse stato mostrato tutto ad un tempo, io avrei potuto senza dubbio sospettare che la Vergine madre fosse ella stessa una divinità.
44. Oh, quante lacrime sgorgano dai miei occhi, e quale dolorosa sorpresa prova la mia anima, vedendo che questo divino prodigio non è noto a tutti i mortali, né a tutti è manifesta questa meraviglia dell'Altissimo! Molto se ne conosce, è vero, ma è molto più quello che se ne ignora, poiché questo libro sigillato purtroppo non è stato ancora aperto. Io resto assorta nella conoscenza di questo tabernacolo di Dio e riconosco che il suo Autore è più ammirabile nella sua formazione che in quella di tutte le altre creature a lei inferiori. Infatti, quantunque la diversità delle creature manifesti mirabilmente la potenza di colui che le creò, tuttavia in questa sola, Regina di tutte, si racchiudono e contengono maggiori tesori che non in tutte le altre unite insieme e la varietà e il valore delle sue ricchezze glorificano chi ne è l'autore più di tutto il resto degli esseri creati messi insieme.
45. Fu qui che - a nostro modo d'intendere - si fece promessa al Verbo e si strinse con lui come una specie di contratto, riguardante sia la santità, la perfezione e i doni di grazia e di gloria, dei quali doveva essere adorna colei che era destinata ad essere sua Madre, sia la protezione, la custodia e la difesa che sarebbero state accòrdate a questa vera Città di Dio, nella quale Dio contemplò le grazie e i meriti che avrebbe acquistati per se stessa, nonché i frutti che avrebbe ottenuto per il suo popolo col suo amore, che avrebbe contraccambiato a sua Maestà. In questo medesimo momento, come terza ed ultima decisione, Dio determinò di creare il luogo in cui il Verbo incarnato e sua Madre avrebbero dovuto vivere e abitare. In vista di loro, e per loro soli, creò dapprima il cielo e la terra coi loro astri ed elementi e quanto in essi è contenuto. Successivamente, il suo intento e decreto fu per le membra di cui l'uomo-Dio doveva essere capo e per i servi dei quali doveva essere Re, poiché tutto ciò che è necessario e opportuno fu disposto e preparato precedentemente con provvidenza regale.
46. Passo al quinto momento, benché abbia già trovato quel che andavo cercando. In questo stadio, dunque, fu decretata la creazione della natura angelica. Di essa fu prevista e stabilita innanzi la creazione, nonché la disposizione ammirabile in nove cori e in tre gerarchie, essendo la più eccellente e corrispondente nell'essere spirituale alla Divinità. Del resto, quantunque la prima intenzione di Dio fosse quella di creare gli angeli per sua gloria e perché assistessero al trono di sua Altezza, lo conoscessero e l'amassero, tuttavia, conseguentemente e secondariamente, li destinò anche ad assistere, glorificare, onorare, riverire e servire, sia l'umanità divinizzata nel Verbo eterno, riconoscendola per capo, sia la sua santissima madre Maria, regina degli stessi angeli, perché fosse loro ordinato di portarli sulle loro mani in tutte le loro vie. In questa fase Cristo nostro Signore, con i suoi infiniti meriti presenti e previsti, meritò loro tutta la grazia che dovevano ricevere, essendo allo stesso tempo istituito loro capo, esempio e supremo re del quale sarebbero stati servi. E sebbene il numero degli angeli fosse quasi infinito, i meriti di Cristo nostro bene furono più che sufficienti per meritare loro la grazia.
47. A questo momento appartiene la predestinazione degli angeli buoni e la riprovazione dei cattivi. In esso Dio, nella sua scienza infinita, vide e conobbe col dovuto ordine tutte le opere degli uni e degli altri. Pertanto, con la sua libera volontà e liberale misericordia, predestinò quelli che lo avrebbero ubbidito e riverito e riprovò quelli che per il loro disordinato amor proprio si sarebbero levati in superbia e disobbedienza contro la sua Maestà. Contemporaneamente decise di creare il cielo empireo, dove manifestare la sua gloria e premiare in essa i buoni, nonché la terra e il resto per le altre creature e, nel centro e profondo di essa, l'inferno, per il castigo degli angeli cattivi.
48. Nel sesto momento fu stabilito di creare un popolo, un gruppo di uomini per Cristo già prima determinato nella mente e volontà divina. Fu deciso di formare l'uomo a sua immagine e somiglianza, affinché il Verbo incarnato avesse fratelli somiglianti ed inferiori e un popolo della sua stessa natura, di cui essere capo. In tale istante fu determinato l'ordine della creazione di tutta l'umana stirpe, la quale doveva avere origine da un uomo e una donna soli e da loro propagarsi fino alla Vergine e al suo Figlio, nell'ordine concepito. Si ordinarono anche, per i meriti dello stesso Cristo nostro bene, la grazia e i doni che sarebbero stati loro elargiti, nonché la giustizia originale, nel caso in cui avessero voluto perseverare in essa. Fu prevista la caduta di Adamo e, in lui, di tutti, fuorché della Regina, che in questo decreto non fu compresa. Fu ordinata la riparazione e che perciò Cristo fosse disposto alla sofferenza: per liberale grazia furono eletti i predestinati e per retta giustizia furono riprovati i presciti. Fu ordinato tutto ciò che è necessario e conveniente per la conservazione dell'umana natura e per conseguire questo fine della redenzione e della predestinazione, lasciando libera la volontà agli uomini, dato che questo era più conforme alla loro natura e alla divina giustizia. E non fu per loro un aggravio perché, se col libero arbitrio avrebbero potuto peccare, altresì con la grazia e con la luce della ragione avrebbero potuto non farlo. Inoltre Dio non voleva violentare nessuno, come pure a nessuno viene meno o nega il necessario. Infatti, avendo egli scritto la sua legge in tutti i cuori degli uomini, nessuno può discolparsi se non lo riconosce e non lo ama come sommo Bene e autore di tutto il creato.
49. Nel comprendere questi misteri, mi si mostrarono con grande chiarezza e forza i motivi altissimi che i mortali hanno di lodare e adorare la grandezza del Creatore e redentore di tutti, per essersi manifestato in queste opere e averci dimostrato la sua magnificenza. Ma, nello stesso tempo, conobbi quanto essi sono tardi nel riconoscere questi doveri e nel ricambiarlo di tali benefici. Per questo l'Altissimo si lamenta e si sdegna di tanto oblìo. E mi comandò ed esortò a fare bene attenzione a non cadere io pure in tale ingratitudine, ma piuttosto ad offrirgli un sacrificio di lode e un cantico nuovo, affinché anzi lo magnificassi al posto di tutte creature.
50. O altissimo e incomprensibile Signore mio! Chi potrebbe avere l'amore e la perfezione di tutti gli angeli e i giusti per proclamare ed esaltare degnamente la tua grandezza! Confesso, grande e potente Signore, che questa creatura vilissima non poté meritare un così grande beneficio, quale è il darmi questa conoscenza e questa luce così chiara della tua altissima Maestà, alla cui vista ora comprendo anche la mia piccolezza, che prima ignoravo, non conoscendo quale e quanta sia la virtù dell'umiltà che si apprende in questa scienza. Non che io voglia dire che ora la possieda, ma neanche nego che conobbi il cammino sicuro per trovarla, poiché la tua luce, o Altissimo, m'illuminò, la tua lampada m insegno i sentieri per vedere ciò che ero e che sono, e per temere quello che posso divenire. Rischiarasti, o Re altissimo, il mio intelletto ed infiammasti la mia volontà con l'oggetto nobilissimo di queste facoltà, attirandomi tutta al tuo volere. E questo confesso a tutti i mortali, perché mi abbandonino ed io abbandoni loro. Io sono per il mio diletto e, quantunque non lo meriti, il mio diletto è per me. Rinvigorisci, o Signore, la mia fiacchezza, affinché io corra dietro alla fragranza dei tuoi profumi, e correndo ti raggiunga, e raggiungendoti non ti lasci né ti perda.
51. In questo capitolo la mia espressione è inadeguata e incerta, poiché se ne potrebbero fare molti libri, ma taccio, perché non so parlare e sono donna ignorante, e perché il mio intento è stato solamente quello di manifestare come la Vergine madre fu pensata e prevista ante saecula nella mente divina. Per quello che ho compreso di questi altissimi misteri, mi rivolgo al mio cuore e, tutta raccolta in me stessa, in una silenziosa ammirazione, esalto l'Autore di siffatte grandezze col cantico dei beati, dicendo:
«Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti».

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