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Irapuato
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L'Osservatore Romano giovedì 9 luglio 2015 Un incontro con il clero, le suore, i religiosi e i seminaristi conclude la visita papale in Ecuador, tre giorni che hanno fatto sentire il Pontefice come a …Altro
L'Osservatore Romano giovedì 9 luglio 2015

Un incontro con il clero, le suore,
i religiosi e i seminaristi conclude
la visita papale in Ecuador, tre
giorni che hanno fatto sentire il
Pontefice come a casa. A dirlo è
stato lui stesso nella mirabile
chiesa di San Francisco, cuore barocco
di Quito, subito dopo aver
ricevuto le chiavi della capitale.
Nell’antico edificio sacro è visibilmente
condensato — ha detto il
Papa ai rappresentanti della società
civile — un esteso dialogo della
storia del Paese, intessuto di successi
ed errori, ma questo amalgama
«irradia tanta esuberanza» da
permettere di guardare al futuro
con speranza.
Il medesimo sguardo lucido e
al tempo stesso positivo ha unito
tutti gli appuntamenti di una
giornata aperta da un lungo e affettuoso
incontro con i vescovi
dell’Ecuador, poco prima della
messa per l’evangelizzazione dei
popoli nell’enorme parco intitolato
al Bicentenario dell’indip endenza.
Occasioni entrambe che
hanno confermato come il tratto
più caratteristico di Bergoglio sia
la dimensione missionaria, riassunta
efficacemente in quella
gioia di annunciare il Vangelo che
ha dato il nome al primo grande
documento del pontificato.
Parlando a quasi un milione di
fedeli, il Papa ha disegnato una
visione unitaria e concreta della
sfida che i cristiani hanno di fronte.
In un mondo ferito dal peccato
— che si manifesta nelle guerre,
nella violenza, nell’individualismo,
negli egoismi — la risposta
deve assumere il difficile carico
dell’unità con la «proposta di riconoscere
l’altro, di sanare le ferite,
di costruire ponti, di stringere
legami». Da parte di una Chiesa
in stato di missione per vivere e
testimoniare il Vangelo nel mondo
e al suo interno: è questa la
nostra rivoluzione, ha esclamato il
Pontefice.
La parabola del seminatore ha
poi dato lo spunto a Papa Francesco
per parlare a docenti e studenti
nella sede della Pontificia
università cattolica dell’Ecuador
di un nodo cruciale, l’educazione,
che ha presentato nella prospettiva
del compito affidato da Dio —
secondo il racconto biblico — di
coltivare e custodire la creazione.
Sullo sfondo dell’enciclica appena
pubblicata, Bergoglio ha ripetuto
che l’intero creato è un dono che
deve essere condiviso, «spazio che
Dio ci dà, per costruire con noi,
per costruire un noi», contrastando
ogni esclusione e sviluppando
uno spirito critico e libero che sia
capace di prendersi cura del mondo
di oggi.
E incontrando nella cornice
unica di San Francisco i rappresentanti
della società civile il Pontefice
ha ancora una volta descritto
— a tratti improvvisando con
grande efficacia — il ruolo insostituibile
della famiglia, che ha presentato
come modello per i rapporti
nella società in tre dimensioni
decisive: gratuità, solidarietà,
sussidiarietà. Scelte di vita poco
prima illustrate soprattutto
dalla testimonianza semplice e
commovente di una catechista ottantacinquenne,
Imelda Caicedo
Vega, e da un raffinato brano di
musica contemporanea, eseguito
da un gruppo affiatatissimo di
persone disabili e concluso...