42:39
conlucio
991
UNA TRAMA DI VERE “COMUNITÀ CARMELITANE” NEL MONDO - PADRE ANTONIO MARIA SICARI. PADRE ANTONIO MARIA SICARI I. IL FATTO Nella storia Chiesa è sempre esistito – sia pure in forme diverse – il fenomeno dei …Altro
UNA TRAMA DI VERE “COMUNITÀ CARMELITANE” NEL MONDO - PADRE ANTONIO MARIA SICARI.

PADRE ANTONIO MARIA SICARI

I. IL FATTO
Nella storia Chiesa è sempre esistito – sia pure in forme diverse – il fenomeno dei
Movimenti Ecclesiali. Essi nascono sempre attorno a un carisma donato dallo Spirito
Santo (la cui autenticità deve essere riconosciuta dalla Chiesa): tale carisma è un
“dono di grazia” con cui lo Spirito suscita in alcuni fedeli un particolare amore a Cristo
(una sorta d’innamoramento della Sua persona, secondo un aspetto particolare del
suo Mistero: la povertà, l’obbedienza, l’attività misericordiosa o evangelizzatrice, la
contemplazione, l’offerta eucaristica, ecc.…). A partire da questo innamoramento, lo
Spirito fa sì che il carismatico possa offrire ad amici e discepoli una sorta di “ patria
spirituale” dove possano gustare la comunione fraterna e possano ricevere una
formazione pedagogicamente persuasiva ed efficace, utile alla propria santificazione, e
finalizzata all’edificazione della Chiesa e all’evangelizzazione del mondo.
Nel passato i Movimenti Ecclesiali si orientavano preferibilmente verso la forma di vita
consacrata (dando origine a Ordini religiosi e Istituti), coinvolgendo anche i fedeli laici
in alcune esperienze di formazione spirituale e di collaborazione apostolica. Ai nostri
tempi si è sviluppata una “nuova stagione aggregativa dei fedeli laici” che ha dato
origine ai cosiddetti “nuovi Movimenti e Comunità Ecclesiali”, riconosciuti dalla Chiesa,
a grande prevalenza laicale.
Tra questi esiste il MOVIMENTO ECCLESIALE CARMELITANO (nato nel giugno del 1993 e
riconosciuto dalla Chiesa nel luglio 2003) ha la caratteristica affascinante d’essere
fondato su un antico carisma (che ha più di 800 anni di storia, con un ricchissimo
patrimonio di Santità e di Dottrina). Esso si propone di rileggere ed esperimentare tale
carisma in una patria spirituale che sia abitata congiuntamente da consacrati e da laici
(nel rispetto delle singole vocazioni e dei diversi stati di vita).
II. IL CARISMA CARMELITANO
Il carisma carmelitano consiste nell’apprendere e gustare una “preghiera continua”,
teresianamente identificata con la propria stessa vita, che tende alla più profonda
intimità con Dio. Si tratta di discendere, il più profondamente possibile, nel cuore del
Mistero cristiano, fino a lasciarsene assorbire, disponendosi a una continua
«attenzione amorosa» alla Trinità Santissima presente nell’intimo stesso della
persona, dei rapporti, degli avvenimenti, delle cose. È pertanto un carisma che
conduce il cristiano a vivere e gustare un’abituale intimità con la persona stessa di
Gesù e con la sua Santissima Madre. Si tratta di saper rendere rapporto con Dio tutto
ciò che è adesione alle norme vivere (di qualunque norma si tratti), di saper rendere
sempre relazione con Cristo ciò che è compito da eseguire. In una parola: si tratta di
interrogarsi sempre sull’amore personale a Cristo contenuto anche nei più piccoli
gesti, fino a vivere una normale attenzione mistica.
La preghiera, dunque, – intesa sia come vita di preghiera che come atti di preghiera –
1 Queste pagine riprendono la seconda parte del libro Antichi carismi nella Chiesa. Per una nuova collocazione (Jaca
book, Milano 2002).
M O V I M E N T O E C C L E S I A L E C A R M E L I T A N O
Documenti: giugno 2011
Assemblea Generale Movimento Ecclesiale Carmelitano Pag. 2
è un “cammino” in cui la creatura impara a muoversi sempre più agilmente verso Dio
e impara ad ascoltarlo e a parlargli amorevolmente in maniera sempre più
“ininterrotta”. Per intraprendere un tale cammino bisogna però aggrapparsi
saldamente ad alcune verità che occorre stabilmente custodire nella mente e nel
cuore.
Eccole:
- Dio ama ciascuna sua creatura, come se fosse unica al mondo e vuole
intrattenere con ciascuna rapporti d’amore privilegiati. «Se l’uomo cerca Dio –
insegna anche S. Giovanni della Croce – molto più Dio cerca lui». Non c’è vera
preghiera cristiana senza una coscienza profonda di questo «primato di Dio»
nell’amore che si documenta nella nostra coscienza come un «sapere di essere
amati».
- Dio non è esterno all’uomo, ma lo inabita, non solo con la sua potenza creatrice
e con la sua grazia, ma anche «personalmente», trinitariamente. L’uomo dunque
deve cercare Dio anzitutto «dentro di sé», ma Egli non è un prodotto della nostra
intimità: perciò nella preghiera l’uomo deve sì «con-centrarsi», ma anche «decentrarsi
», cioè: deve entrare in sé, ma per cercare un Altro e stare
amorevolmente alla sua Presenza.
- Alla preghiera sono utili «momenti e spazi» particolari, ma essa può accadere
sempre e dovunque: «Sarebbe ben duro se soltanto nei nascondigli si potesse
fare orazione! Tanto più che il vero amante non cessa mai d’amare e pensa
sempre all’Amato ovunque si trovi» (Fondazioni, 5,16).
- Tutte le esperienze d’amore che abbiamo in terra, e le relazioni che abbiamo
conosciuto e gustato, sono utili per imparare gli atteggiamenti che dobbiamo
assumere verso Dio e la maniera con cui dobbiamo pensarlo: «La preghiera è
trattare con Dio come con un padre, con …