Trance, possessione e sciamanesimo - Elementi di Etnopsicologia

pubblicata da il giorno Venerdì 2 marzo 2012 alle ore 21.17 da
Valerio Lo Vecchio Psicologo Clinico Centro Francescano di Ascolto Socio-psico-spirituale (CFA)

L’etnopsicologia, fin dal suo nascere, ha permesso di comprendere come all'interno di società integrate la salute di un individuo debba essere letta attraverso una complessa griglia interpretativa in cui gli aspetti medico-fisiologici si connettono a quelli antropo-sociali.

Una delle caratteristiche più interessanti dell’Etnoclinica, che fonde patrimoni intellettuali solo apparentemente lontani (medicina, antropologia, psicologia, religione) è senza dubbio lo spirito pluridisciplinare, che da sempre permette al ricercatore, di operare in questo campo, all'interno di un modello, nel quale sono assenti quei vincoli mentali e quelle barriere che solitamente in altri ambiti impediscono il dialogo fra realtà paradigmatiche differenti tra loro.

L’aspetto più interessante riguardante gli studi etnoclinici concerne l’acquisizione di una idea di fare terapia, che, all’interno delle cosiddette culture tradizionali, implica anche una diversa concezione di ciò che noi siamo soliti definire malattia e cura (Nathan, 1996).

Ma quale può essere l’importanza di una scienza come l’etnoclinica ancora sconosciuta al vasto pubblico e quali risorse può apportare alla nostra conoscenza clinica? Nella consapevolezza dei limiti antropologici di trasposizioni culturali, a volte oggettivamente rischiose, mi sembra utile il recupero di una visione completa dell’individuo nella sua unità di mente-corpo insieme alla consapevolezza che qualsiasi iter terapeutico non può prescindere da una relazione armonica tra paziente e clinico.

Probabilmente una conoscenza clinica ipertecnologica come la nostra sarebbe bene tenesse in considerazione un semplice assunto comune a gran parte dei modelli etnoclinici e cioè che il processo di guarigione per l’ammalato ha inizio con la notizia dell’avvicinarsi alla sua capanna da parte del guaritore.

In questo modo potrà nascere una conoscenza clinica più attenta ai reali bisogni del malato e più consapevole del fatto che, come sostiene Geertz (1962), dal primo vagito all’ultimo respiro ogni individuo è composto di soma, psiche e polis e che quindi egli è contemporaneamente corpo, persona ed essere sociale. Per questo motivo l’etnoclinica guarda a quelle comunità, che hanno conservato intatta la tradizione antica e popolare della cura, attraverso il ricorso a rimedi naturali e alla condivisione dello spazio sociale con il sofferente, tramite riti collettivi in grado di coinvolgere l’intera famiglia e spesso tutta quanta la comunità.

Non bisogna inoltre scordare che all’interno delle cosiddette culture ad interesse etnologico il concetto di polis, oltre alla famiglia e alla comunità, si estende includendo la sfera magico-mitologica coinvolgente, ad esempio, gli spiriti degli antenati (Kakar, 1993) aprendosi così alla dimensione del sacro e del religioso, che spesso è connaturata a quella clinica, visto che la guarigione riguarda spesso il ristabilirsi di un equilibrio che è al tempo stesso fisico, sociale e spirituale (Eliade, 1974). Più propriamente, per quanto riguarda gli aspetti terapeutici correlati alle pratiche etnocliniche, è noto come tali tecniche siano radicate in una concezione spirituale della malattia piuttosto che in una di tipo microbiologico o organico. In ambito etnoclinico, infatti, si riscontrano spesso approcci terapeutici finalizzati a cacciare gli spiriti o le divinità causanti malesseri e sofferenze. In questi casi il clinico è protagonista, insieme al malato, di un processo nel quale gli elementi concreti e fisiologici del "male" vengono trascesi e trasferiti su di un piano puramente simbolico, dove subiranno le opportune trasformazioni per mano del terapeuta .

E’ l’irruzione dell’elemento sacro e dei mondi immaginari del paziente e del guaritore che rende l’approccio etnoclinico estremamente interessante per noi occidentali, chiamati ad una apertura verso una cultura terapeutica altra, - laddove il termine cultura è da utilizzarsi nel senso di un sistema ordinato di significati e di simboli all’interno del quale gli individui definiscono il loro mondo, esprimono i loro sentimenti e maturano i propri giudizi.

Comprendere questi modelli culturali significa sottrarsi alle insidie di una clinica occidentale, a volte eccessivamente meccanicistica e riduzionistica e riappropriarsi di una visione contestualistica della terapia, nella quale il malato possa essere accolto nella sua interezza di persona, coinvolgendone gli aspetti psicologici, sociali ed ambientali comprendendone in primo luogo la mappa attraverso la quale egli legge la realtà, consci del fatto che proprio negli elementi che compongono quella mappa potremmo scorgere le ragioni del suo ammalarsi e del suo eventuale guarire.

Prende così forma uno dei concetti fondanti l’etnoclinica riguardante l’esistenza di sindromi e patologie legate alla cultura e osservabili solo all’interno di determinati contesti culturali e non altrove.

Per questo motivo chi fa ricerca in questo ambito, per citare alcuni studi recenti, (Rossi, Li Vigni, Zuffi, 1996) si confronta con forme di pensiero, che si sottraggono alla rigida causalità e pensa piuttosto che ogni azione culturalmente definita - sia essa un rito, una danza, una preghiera - all’interno di una determinata realtà consensuale (Tart, 1986) possa ristabilire un legame armonico fra persona e società, all’interno della quale si generano le cause e le terpapie dello stesso mal-essere.
L'etnoclinica si occupa delle connessioni tra psicopatologia e cultura e delle differenze tra cultura e cultura.

TRANCE E POSSESSIONE IN AFRICA: le procedure di mimesi, ovvero le attribuzioni di caratteristiche immaginarie all’Altro, costituiscono dinamiche complesse il cui dispositivo fondamentale sembra l’incessante costruzione di significati culturali.
Nelle azioni mimetiche vengono veicolate, a partire da mode artistiche, riti o aspetti della cultura materiale, iconflitti e gli scambi che hanno scandito i rapporti fra società e culture. I coloni e i Bianchi sono così diventati via via maschere, altari, figurine, divinità dei culti di possessione e in essi confluiscono il terrore, la parodia, la tristezza.
Le strategie di appropriazione dell’Altro e di confronto con l’alterità, definiscono la necessità di governare l’alterità. All’interno di questa prospettiva, i riti di possessione, rappresentano un dispositivo che permette di controllare il significato dell’alterità: di addomesticarne la portata minacciosa, la violenza, attraverso un processo di incorporazione concettuale.

TRANCE E POSSESSIONE: LA DISFATTA DELLE TIPOLOGIE: cercare di fissare il senso dei concetti di possessione, sciamanismo, o medianità conduce, in assenza di una teoria comune, alla frammentazione in significati multipli. Il denominatore comune di questi concetti potrebbe essere individuato nell’attribuzione del significato dell’esperienza della trance da possessione.
Crapanzano definisce la possessione come ogni stato modificato di coscienza nei termini di influenza di uno spirito alieno.
Se si adottasse il linguaggio della psicologia e della psichiatria, il denominatore comune lo si troverebbe forse nella comune via neuro-psico-fisiologica che sostiene le diverse forme di possessione e si tradurrebbe nella realizzazione i uno stato modificato di coscienza.
Una sintesi delle caratteristiche della possessione è stata proposta dalla Shekar: “sebbene sia disponibile in letteratura una così ampia varietà di spiegazioni, nessuna di esse risulta soddisfacente e la sindrome da possessione è rimasta un enigma”. Tra le caratteristiche della possessione individuate dalla Shekar nella sua teoria si può comprendere come gli agenti della possessione siano dei o spiriti di persone defunte per cause non naturali.
Secondo Bourguignon, possessione non è sinonimo di stato modificato di coscienza, la trance e la trance da possessione sarebbero due cose da tenere ben distinte. Egli infatti, nell’elaborazione della sua teoria propone di classificare le società proprio in base alla presenza o all’assenza della trance e della trance da possessione.
Nel DSM IV è stato introdotto il disordine da trance e possessione come sindrome legata al disturbo dissociativo per quanto riguarda la possessione e come stato modificato di coscienza per quel che riguarda la trance.
Gli studi sulla trance da possessione che hanno provato ad includere questo fenomeno fra i disturbi dissociativi poco si sono preoccupati di fondare le loro interpretazioni a partire da identità propria di ogni cultura, solo marginalmente hanno indagato le nozioni di persona o il significato dei principi che compongono la nozione di persona. Molte teorie che hanno indagato il fenomeno della possessione hanno dato scarso rilievo alle figure che popolano il mondo dell’invisibile (spiriti, animali guardiani, spiriti dei defunti). Questo mondo dell’invisibile rappresenta invece un passaggio fondamentale per comprendere l’esperienza del posseduto.
Lewis ha elaborato un modello nel quale identifica una possessione centrale e una periferica. Secondo l’autore la possessione centrale ha la funzione fondamentale di sostenere e riprodurre i valori dominanti e la struttura sociale esistente; quella periferica fa riferimento a spiriti stranieri, estranei ai culti religiosi praticati dalla maggioranza della popolazione. Sotto il profilo psicologico, la possessione centrale potrebbe essere definita come una forma di trance temporanea, generalmente volontaria e reversibile che si manifesta nel corso di cerimonie religiose.
La possessione periferica definisce invece una condizione più lunga nella quale l’individuo crede di essere posseduto da uno o più spiriti intrusivi ed esibisce comportamenti attribuiti all’influenza di tali spiriti. Le forme di possessione periferica rileverebbero pertanto un più rilevante disturbo della personalità.

LO SCIAMANESIMO: è la via di accesso diretta al mondo spirituale. Lo sciamano attraverso il suono del tamburo o il ritmo dei sonagli raggiunge lo stato di trance (stato modificato di coscienza) per entrare nella realtà impercettibile dello spirito per cercare aiuto per sé stesso e gli altri.
Sciamano deriva da "shamàn" che nella lingua Tungus dell’ Asia centrale (Siberia) va ad indicare la persona che è in grado di mettere in comunicazione gli uomini con gli spiriti. Le origini di questa pratica sono antichissime, provengono dagli albori dell’umanità e si diffusero in tutto il mondo, mantenendo forti similitudini tra loro. Attualmente sopravvivono in aree diverse, dalla Siberia, alle zone artiche, presso gli esquimesi, nelle tradizioni dei Nativi Americani nel nord america, nel sud america tra le foreste amazzoniche, nell’Africa, nelle tribù aborigene Australiane e nelle isole indonesiane.

TRANCE (STATO MODIFICATO DI COSCIENZA): da studi fatti, anche recentemente, si è visto che lo stato modificato di coscienza è caratterizzato dall’emissione di particolari onde cerebrali, chiamate onde teta. Gli studi neurologici classificano quattro tipi di onde elettromagnetiche, rilevabili dall’elettroencefalogramma: le onde alfa, beta, teta e delta.
Le onde beta sono tipiche dello stato di veglia attiva, stanno in un intervallo di frequenza di 15-40 Hertz (cicli al secondo).
Le onde alfa sono invece tipiche di uno stato di rilassamento attivo, quando per esempio stiamo camminando rilassati nel giardino, oppure il rilassamento che avviene dopo avere finito un lavoro importante, o una meditazione profonda. Le onde alfa sono nell’intervallo di 9-15 Hertz.
Nell’intervallo dei 5-9 Hertz ci sono le onde teta. Si è visto che queste sono caratteristiche degli stati di sogno ad occhi aperti, di massima immaginazione e creatività oppure di meditazione profonda e di sogno lucido. Nello stato modificato di coscienza del viaggio sciamanico si forma questo tipo di frequenza. Le ondedelta sono invece tipiche del sonno profondo e dello stato di coma.
Il suono del tamburo, battuto a 240-300 colpi al minuto, attraversando i nervi acustici che sono direttamente connessi con le parti più profonde del cervello, porta in risonanza l’emissione elettromagnetica cerebrale a quella frequenza, che è anche la frequenza delle onde teta.
Perciò, dopo qualche minuto la coscienza entra in uno stato di meditazione profonda, dove le fantasie, l’immaginazione prende il sopravvento ai pensieri comuni, quotidiani e personali dello stato di veglia. In questo stadio si possono avere le esperienze del viaggio sciamanico.
Lo scopo dei primi viaggi è quello di andare a cercare l’animale guida. Questo è uno spirito che è in diretto contatto con le forze dell’universo e sarà lo spirito aiutante del mondo inferiore. Fin dalla nascita abbiamo sempre avuto un animale guida nella realtà non ordinaria. Michael Harner cita nel suo libro che secondo molte tradizioni le persone che sopravvivono all’infanzia sono le persone che sono riuscite a non perdere il contatto con il proprio animale di potere, o animale guida.
Nel mondo inferiore in genere si cerca il potere, la guarigione. L’animale guida è l’alleato, l’anfitrione nella realtà non ordinaria. Il tamburo è il mezzo per mantenere lo stato alterato di coscienza; il suono ritmato spinge l’anima dello sciamano nel tunnel e poi nella misteriosa realtà non ordinaria nel mondo inferiore, un mondo che in genere è splendido e luminoso. Nel primo viaggio si cerca di familiarizzare con il proprio animale, non è necessario fare domande; si scruta e si cerca di instaurare una relazione con esso, utilizzando qualunque modalità di comunicazione: la parola, la telepatia, la gestualità, una visione, un odore …, una emozione… Il ricordare con accuratezza che cosa è avvenuto durante il viaggio fa parte della esperienza sciamanica, accumulando ricordi e dettagli di viaggi si accumula conoscenza sciamanica.

SCIAMANO: uomo di medicina e di religione, figura rinvenibile originariamente presso le culture dei cacciatori-raccoglitori scarsamente strutturate, tecnologicamente poco evolute e omogenee. Il nome è un calco dalla lingua tunguso della Siberia, una delle zone in cui è stata identificata la forma classica di sciamanesimo. Lo sciamanesimo è diffuso non soltanto presso le culture orali dell'Asia centrale, dell'America settentrionale e dell'Oceania, ma anche, pur esprimendo riserve, presso culture e religioni più strutturate, come la religione cinese e lo scintoismo giapponese.
Lo sciamano, generalmente di sesso maschile, è essenzialmente un medium, un portavoce degli spiriti nel cui mondo entra al momento dell'iniziazione, durante il quale egli affronta numerose prove che dovrebbero indurre sogni e visioni. Questo primo, duplice riconoscimento – degli spiriti e della comunità – si completa con la formazione da parte di sciamani esperti. I principali compiti religiosi dello sciamano sono la guarigione e la divinazione, ottenute mediante la possessione spiritica o il trasferimento dell'anima dello sciamano fino al cielo o agli inferi. Esistono resoconti di resurrezioni miracolose operate da sciamani che, recandosi fino alla terra dei morti, ne riportano lo spirito del defunto. Inoltre, lo sciamano officia i riti di passaggio: propizia la stagione della caccia e svolge funzione di psicopompo guidando nell'aldilà le anime dei morti. Gli sciamani occupano una posizione sociale ed economica elevata, specialmente se diventano famosi come guaritori.
Numerosi sono i tentativi di spiegare il fenomeno degli sciamani e delle loro cure. Alcuni studiosi hanno istituito un parallelismo tra la guarigione sciamanica e la terapia psicoanalitica osservando che in entrambi i casi si producono simboli efficaci e terapeutici, che recano sollievo psicologico e fisiologico. Parecchi antropologi, rifiutando la teoria secondo cui gli sciamani sarebbero essenzialmente nevrotici e psicotici, hanno avanzato l'ipotesi che gli sciamani siano dotati di capacità cognitive superiori al resto della comunità. Lo sciamanesimo è stato da altri interpretato semplicemente come anticipazione di un sistema religioso più organizzato o come tecnica per il raggiungimento dell'estasi.

In riferimento allo sciamano (sacerdote-medico) è importante sottolineare i seguenti aspetti: a) il faticoso apprendistato che consente di manipolare immensi territori di letteratura orale; b) il complesso reticolo e concatenazioni che spiegano l’origine di malattie e disturbi e offrono elaborate istruzioni per il loro trattamento identificando precise sorgenti di malattie e altrettanto precise strategie di intervento; c) utilizzando e recitando i loro testi, gli sciamani riproducono i mondi simbolici, retorici ed emozionali che rendono necessario il loro intervento.

Nel corso della cerimonia lo sciamano si avvale dell’ausilio di particolari oggetti magici, suggerisce immagini, colori, proferisce suoni, il cui potere simbolico viene amplificato dal contesto profondamente sacralizzato. In stato di trance, favorita da particolari tecniche meditative, dalla recitazione di mantra e dal suono del tamburo, lo sciamano entra in contatto con i mondi ultraterreni (Halifax, 1990) contrattando con spiriti e demoni una soluzione pacifica del problema, in cambio di offerte e sacrifici. Per mezzo del suo operato, le forze nascoste che, attraverso la malattia insidiano la persona e la comunità vengono evocate e padroneggiate. Lo sciamano è in grado di contattare l’organo o le diverse parti del corpo malate cacciando gli spiriti e i demoni, che ne hanno preso possesso, aiutando il paziente, attraverso la recitazione di mantra, formule magiche, soffiando o strofinando il corpo in corrispondenza della parte malata.

Queste operazioni magico-terapeutiche producono nel paziente ciò che da un punto di vista psicanalitico è possibile definire una dissociazione dal problema o dal male. L’organo malato, attraverso esorcismi, viene simbolicamente trattato e trasferito ad un livello altro di realtà dove subirà le opportune manipolazioni da parte del guaritore. Il male può essere identificato con un demone o con uno spirito, i quali verranno invitati a lasciare la parte del corpo afflitta mediante operazioni complesse di medicina spirituale, per certi versi simili a pratiche terapeutiche della nostra medicina popolare, diffuse ancora oggi nelle nostre campagne, dove per cacciare il male dall’organo si utilizzano preghiere, strofinamenti, musiche, rituali aventi la finalità di manipolare simbolicamente il male e di sconfiggerlo. Un tipico esempio di manipolazione simbolica della malattia si ritrova tra i guaritori popolari in gran parte d’Italia. In molte nostre campagne il fuoco di S. Antonio viene segnato con preghiere e con lo strofinamento della parte del corpo colpita con una spazzola, o con una moneta antica.

Peters rivolge la propria attenzione all’attività che lo sciamano esercita in merito alla cura dei disturbi mentali: attività che vede dunque la trance e la possessione assumere in questo caso meno un significato di autoterapia quanto quello di esplicita forma di terapia diretta a un altro individuo. Il neofita sciamano, nel corso del suo apprendistato, deve imparare ad indurre e padroneggiare gli stati di trance oltre all’apprendimento, sotto la guida e l’insegnamento di un guru, di canti e ritmi che il neofita progressivamente memorizza e impara a cantare. Firth definisce lo sciamano come uno specialista nella cura per mezzo di tecniche di possessione spiritica e attraverso il controllo degli spiriti.
Lewis definisce lo sciamano come una persona di entrambi i sessi che ha imparato a dominare gli spiriti e che può introdurli volontariamente nel proprio corpo. T. Nathan definisce lo sciamano uno specialista che osserva e cura la malattia come il risultato dell’alterato equilibrio fra l’uomo e l’ambiente socio-psico-spirituale.

IL SIMBOLO COME TERAPIA

L’intervento terapeutico del guaritore, è fondato su una pratica di tipo magico-religiosa, che nei soggetti aderenti a quella particolare realtà socio-culturale è in grado di sortire un effetto rassicurante.
Il terapeuta in questo contesto assurge al ruolo di catalizzatore delle preoccupazioni del malato, consentendogli di alleggerire il peso delle proprie ansie. E’ senza dubbio il rapporto di fiducia che si crea tra guaritore e paziente ciò che permette al primo di essere efficace nella sua azione di aiuto.
L’intervento terapeutico solitamente ruota attorno a tre elementi indispensabili quali il guaritore, il paziente e la comunità del villaggio. Questi tre elementi, come ho già detto, condividono lo stesso sistema di credenze ed hanno strutturato, in maniera consapevole ed inconscia, lo stesso sistema simbolico di interpretazione della realtà.
Il rituale di guarigione appare estremamente ricco di rappresentazioni simboliche e metaforiche, nelle quali il malato e il paziente entrano reciprocamente in uno stato di trance ed iniziano a comunicare attraverso il linguaggio dell’inconscio.
Il guaritore, entrato a sua volta in uno stato alterato di coscienza, individua le connotazioni più significative della malattia, delle emozioni vissute dal paziente, dalle relazioni che legano il soggetto alla propria famiglia e all’intero gruppo sociale, interpretandole attraverso una prospettiva sacra e religiosa.
Per dirla con le parole della psicanalisi, il guaritore parlando il linguaggio dell’inconscio, che avviene per lo più attraverso la comunicazione simbolico-metaforica, è in grado di sciogliere ed elaborare, nel paziente, quei conflitti e quei disagi che ne determinano lo stato di mal-essere.
L’aspetto di estremo interesse è l’efficacia simbolica dell’uomo-medicina, in quanto l’azione terapeutica delle sue pratiche magiche, come fa notare Levi Strauss (1966), attuate mediante rappresentazioni simboliche, è caratterizzata da una manipolazione psicologica dell’organo malato. Analogamente all’approccio psicananalitico dove l’analista parla al suo paziente attraverso l’uso di metafore verbali, il cui contenuto simbolico può riordinare un disequilibrio psicosomatico, il guaritore è in grado di modificare delle funzioni organiche mediante delle rappresentazioni corporee, musicali, olfattive, fondate su un uso estremamente raffinato della sensorialità. Il terapeuta fornisce al malato un linguaggio attraverso il quale è possibile esprimere certi stati non formulati e non formulabili. In questo modo l’intervento terapeutico consente al paziente un deflusso di stati emotivi, che rimasti a lungo inespressi, hanno trovato per via simbolica, uno sfogo nella malattia.

LA POSSESSIONE NEL CONTESTO AFRICANO: s’impone una più flessibile connessione tra malattia e possessione, occorre considerare in tutta la sua centralità la nozione di corpo e il ruolo che esso gioca nella possessione.
Fra le popolazione dell’Africa, i nuovi movimenti religiosi nati in risposta alle grandi religioni del mondo, si preoccupano oltre che dell’aspetto politico, anche del controllo di quelle potenze soprannaturali connesse al benessere fisico o psichico.
Ciò che però conta mettere in evidenza è anche il loro impatto sui precedenti culti di possessione i quali in generale incontrano una progressiva disaffezione nella popolazione per il concorso di diversi fattori.
Le conversioni al cristianesimo che fanno prevalere il ricorso alle pratiche esorcistiche cristiane. L’effetto più evidente sulle tecniche rituali risulta essere il crescente uso del lessico esorcistico derivato dalla tradizione biblica nei culti di possessione.
Nei culti dove l’islam ha lasciato la sua impronta l’esorcismo è invece escluso.
Anche la trance è, a seconda che i culti terapeutici siano stati catturati nell’orbita dell’islam o del cristianesimo, differentemente distribuita: mentre nelle cerimonie di possessione che fanno riferimento all’islam questa può presentarsi tanto nei terapeuti quanto nei pazienti, in quelle di derivazione cristiana la trance è uno stato che appartiene solo al paziente.
Nel tradurre l’esperienza della possessione in termini medico-psicologici rischiamo di confondere i livelli di analisi e produrre interpretazioni artificiose e etnocentriche. Parlando di possessione non si può ridurre il concetto ad un semplice sistema di cura, la sua importanza è di molto maggiore.
La possessione può essere definita come un vincolo all’alterità, dove lo straordinario diventa ripetitivo e atteso, dove visibile e invisibile, vivi e morti si incontrano nel corpo del posseduto. È proprio attraverso il corpo che vengono messe in comunicazione tra loro le diverse polarità che ordinano il mondo.
La possessione opera, attraverso le tecniche del corpo, la più meravigliosa delle magie: la sostituzione di un essere, il posseduto, con un altro essere, la divinità. La possessione assume la forma di una strategia di controllo del disordine, di mediazione tra le forze del cosmo. E' un fatto sociale per eccellenza nel quale interagiscono dimensioni mondane e istanze sacre. Rimane primaria la funzione di guarigione dei malati, siamo pertanto penetrati in ambito medico, la possessione rimane fortemente adesa alle immagini della malattia e della cura. Grazie a un faticoso lavoro di riabilitazione gli adepti sono diventati attori di quello che si potrebbe definire il teatro della guarigione. La malattia è spesso collegata ad un disturbo psicopatologico in modo tale quindi da mettere in relazione psicopatologia e possessione. Solo per una piccola percentuale di casi i disturbi presentati dai posseduti possono essere legittimamente definiti di tipo psichiatrico. Ciò che si incontra più facilmente è invece una variegata espressione di problemi, di malesseri e di tensioni.
Se il vocabolario medico è inadeguato per descrivere la possessione, ciò deriva non tanto dalla qualità non terapeutica dei riti di possessione quanto dalla natura non psicopatologica dei malesseri del posseduto.
Nonostante le evidenze non sono mancati, anche recentemente, autori che hanno riproposto la necessità di distinguere nettamente i luoghi di cura da quelli della possessione mettendo così in dubbio l’equazione fra terapia e rituali di possessione.

De Sardan cerca di chiarire possibili malintesi in questo senso:
a) Problemi di traduzione: in virtù della scelta di un termine anziché un altro, il rituale di possessione risulta secondo i casi terapeutico (malattia, guaritore), religioso (iniziazione, sacerdote, culto), teatrale(attore, festa, divertimento). In ognuno dei casi non viene rispettato il senso locale dei termini. Una possibile soluzione riguardo al campo della possessione rituale potrebbe essere la seguente. Utilizzare al posto di malattia il termine sofferenza, al posto di terapia quello di prendersi cura.
b) Problemi di travestimento: dal punto di vista dei nativi, i riti di possessione sono in molti casi pensati come strategie di cura, come intervento rivolto ad estrarre il male. De Sardan è convinto che i rituali di possessione sarebbero ciò che resta di passate religioni sopravvissute all’avvento delle religioni monoteiste grazie ad un opera di travestimento nella forma di rituali terapeutici. La possessione avrebbe così astutamente mascherato i suoi tratti originari per resistere in contesti nei quali era combattuta dalle nuove religioni.

Il grande storico delle religioni Mircea Eliade sottolineò che il ruolo e la funzione dello sciamano sono innanzitutto quelli di essere coinvolto. Lo sciamano va in trance ed attua una comunione e un contatto diretto con gli spiriti coinvolti nella malattia o nel danno dell’individuo oppure della stessa comunità. Egli ha la capacità in questo sistema sociale, religioso e simbolicamente riconosciuto, di comunicare con la morte, con i demoni, con gli spiriti
della natura senza esserne catturato o sopraffatto. Significativo è che lo spirito dello sciamano possa lasciare il proprio corpo e vagare intenzionalmente nei «mondi altri» dove egli cerca l’anima perduta del malato, restituendola. Ma lo sciamano è soprattutto in grado di curare la più terribile forma di malattia primitiva: la perdita dell’anima.
La guarigione sciamanica nella sua forma fondamentale è quel processo in cui può avvenire la restituzione dell’integrità psichica e fisica, sia restituendo l’anima- eliminando cioè il male o uno spirito maligno o comunque estraneo dal corpo del malato- sia rimuovendo oggetti all’interno del corpo o bloccando ed inibendo malefici, oppure ancora risolvendo una colpa per aver infranto un qualche tipo di tabù. Tutte queste procedure sono orientate al bilanciamento e al ripristino dell’armonia dell’anima del soggetto e del suo rapporto funzionale con il mondo.
La cura sciamanica, vista da Lévi-Strauss quale esatto equivalente di quella psicanalitica, mira a riportare alla coscienza conflitti e resistenze rimasti fino ad allora inconsci, facendoli rivivere nel paziente, mediante una precisa manipolazione psicologica (L. Strauss 1958). I gesti e le formule pronunciate dallo sciamano- che Mauss chiama rispettivamente riti manuali e riti orali-(M. Mauss 1950) garantiscono l’efficacia simbolica dell’azione terapeutica. Quest’efficacia è storicamente e culturalmente condizionata, in quanto si basa sulla condivisione da parte del
guaritore, del paziente e del pubblico di una medesima tradizione collettiva e di una comune
rappresentazione del mondo.
La terapia sciamanica si differenzia da quelle analoghe operate da maghi, stregoni e medicinemen, per il fatto che lo sciamano opera in uno stato di trance. Egli può guarire il malato solo compiendo un viaggio estatico poiché le cause degli eventi non sono da individuare sulla terra ma nel mondo degli spiriti. Lo sciamano si distingue perciò dagli altri specialisti del sacro per le sue eccezionali doti estatiche.
L’estasi e la trance sciamanica, che implicano la capacità da parte dello sciamano di distaccare l’anima dal corpo, sono intrinsecamente connesse al motivo dello sdoppiamento. L’anima o le anime dello sciamano, così come gli spiriti adiutori, rappresentano dei doppi, delle proiezioni esterne di sé che costituiscono una sorta di alter-ego dello sciamano stesso.
La trance si configura come uno stato dissociativo che rispecchia la disgregazione del mondo, il caos ove lo sciamano è chiamato ad intervenire al fine di ristabilire l’ordine cosmico e garantire così la sopravvivenza della comunità. L’azione simbolica sciamanica si gioca tutta allora in quell’intervallo entro il quale il rischio della definitiva distruzione e quella della nuova creazione appaiono di poco separabili (U. Galimberti 1994)

ASPETTI PSICOLOGICI
Apriamo ora una parentesi sugli aspetti psicologici del rituale sciamanico, cioè quel percorso
interiore che lo sciamano stesso compie per arrivare allo stato di trance, che è in sé sia lo stato più
concentrato che quello più dissociato che quello più terapeutico. Dato che proprio lo stato di
trance è il punto nevralgico sia della specificità che delle possibilità maieutiche dello sciamano.

• Lo stato d'animo durante la preparazione alla seduta.

«Se lo sciamano desidera praticare e sta aspettando la giusta opportunità, tutto è per lui più
facile; ma se ciò gli viene richiesto ed è forzato a praticare, gli è più difficile, dal momento che si
deve porre in una condizione in cui desideri praticare».
L'esperienza accumulata da molte generazioni di sciamani ha portato a procedimenti che
velocizzano il raggiungimento della trance. Secondo le testimonianze fornite dalla letteratura, i
"servitori degli spiriti" di certe popolazioni facevano uso di sostanze stupefacenti e allucinogene
per facilitare l’ingresso nello stato dissociativo.

• L’autoipnosi.

L'idea che la trance sia un tipo di autoipnosi fu avanzata già agli inizi del secolo (N. N. Kharuzin
nel 1898, L. Shternberg nel 1912, S. M. Shirokogorov nel 1919).
L’autipnosi è “uno stato di coscienza modificato, ottenuto attraverso un lungo, serio, costante,
impegnativo e motivato allenamento a rivolgere la mente dall’esterno all’interno…” (A.
Brugnoli 2000).
Tutto ciò che sappiamo riguardo alla trance sciamanica è coerente con quest'ultima definizione:
una volta che la trance è stata raggiunta, attraverso l’autoipnosi, lo sciamano è in grado di
impiegare quelle capacità dell'organismo umano che non vengono esibite in stati normali.
Un esempio lampante è la dimostrazione di incredibile forza fisica durante lo stato di trance: «In
quei casi lo sciamano è in grado di mostrare un'energia totalmente incoerente con il proprio
profilo fisico; deboli sciamane hanno tanta forza quanta svariati uomini adulti e non possono
essere trattenute; se necessario, donne o uomini anziani divengono agili e giovanili», come
riportato da Shirokogorov.
Lo stato di trance rende possibili alterazioni nel funzionamento degli organi di senso che sono
strabilianti per chi le osservi: l'organismo può non reagire a stimoli molto forti e non sperimentare sensazioni presenti invece nello stato normale. Se lo sciamano infatti è convinto di essere
posseduto da uno spirito che non sente dolore, è in grado di sopportare coltellate, tagli e colpi di
ogni genere senza soffrire.
D'altro canto, sembra anche che durante la trance gli organi sensoriali aumentino
straordinariamente le loro capacità. Conviene essere molto cauti sull'argomento, dal momento
che l'osservatore può essere tratto in inganno e le sue impressioni non possono essere verificate;ma non possiamo semplicemente ignorare i molti resoconti che suggeriscono come le percezioni dei sensi dello sciamano in stato di trance si acuiscano straordinariamente.

• Dinamismo psichico in stato di trance


È la condizione mentale che lo sciamano raggiunge attraverso la concentrazione e la meditazione
e che temporaneamente lo pone in una condizione dissociativa rispetto la realtà, ma che gli dà la
possibilità di entrare in contatto col mondo delle sue visioni; la quantità di tempo richiesta per
raggiungere questo stato dipende dalle sue personali capacità.
La trance è uno dei tratti peculiari dell'attività sciamanica e lo distingue dalle altre categorie di
sacerdoti, come già è stato sottolineato in numerose occasioni. Perciò S. A.Tokarev osservava
che «l'utilizzo di metodi di relazione con il mondo non visibile è la più tipica
caratteristica dello sciamanesimo». Per lo stesso motivo, M. Eliade dette al suo libro Shamanism
il sottotitolo Archaic Techniques of Ecstasy.
Secondo Shirokogorov, quando lo sciamano cade in trance «la sua mente, la sua lingua e il suo
corpo sono rapiti dagli spiriti e lui si abbandona totalmente all'immagine dello spirito; i suoi
desideri e le sue sofferenze si impadroniscono di lui». La forza delle visioni e il senso di realtà
delle allucinazioni possono essere così grandi che lo sciamano correrebbe addirittura il rischio di
morire durante la seduta, se il pericoloso viaggio verso il mondo ultraterreno gli facesse
incontrare un potente nemico che, secondo la credenza popolare, ne potrebbe catturare l'anima e
ucciderlo; ma più spesso, a quanto sembra, gli sciamani non si estraniano del tutto e sono consci
del fatto che le persone sedute con loro nella tenda stanno seguendo da vicino ogni loro
movimento.
A lato dell’importanza della condizione nello sciamanesimo, rimane sempre il discorso sulla
possibilità del suo controllo; N. Chadwick, riguardo a questo aspetto scrive: «Questa condizione
strana, esaltata e squisitamente mentale, non solo viene raggiunta consciamente, ma può anche
essere controllata del tutto, consciamente e con successo, in conformità alle prescrizioni della
tradizione». Ciò implica che la trance sia sostanzialmente una situazione programmata in anticipo
(più o meno consciamente), che il “servitore degli spiriti” raggiunge attraverso l'autosuggestione.
La comunità che assiste lo sciamano, conferendogli consensus collettivo, svolge la principale
funzione di contenere la potenza del sovrannaturale, limitando il rischio del suo pericoloso
viaggio nelle lontane regioni dell’incodificabile alla ricerca del codificabile.
Il male assume i caratteri di un evento sociale, dove la malattia non viene individualizzata ed
autonomizzata, come accade nella nostra civiltà occidentale, ma si ripercuote sull’intera
comunità, mettendone in grave pericolo la vita. Il delirio e le sofferenze del malato non vengono
vissuti nella più completa solitudine e nel doloroso isolamento di quest’ultimo dalla società, ma trovano sfogo ed espressione proprio entro la comunità stessa, ove vengono inseriti e contestualizzati. Lo sciamano ed il gruppo, mediante la profonda condivisione di rappresentazioni mitiche e linguaggi simbolici, ricontestualizzano il delirio del malato, ricodificandolo e riportandolo entro nuovi orizzonti di senso.

Lo sciamano può essere inteso come un “malato” che è riuscito a guarirsi, che ha imparato cioè a
controllare i propri stati di dissociazione, senza però eliminarli. Le crisi iniziatiche del futuro
sciamano si manifestano nelle più svariate forme: fuga, visioni, allucinazioni, amnesie, catalessi,
insensibilità, sonnambulismo, deliri, attacchi di panico. Fenomeni che furono, come abbiamo
visto precedentemente, interpretati dal punto di vista patologico come isteria artica (Shirokorov),
personalità multipla, schizofrenia, crisi nervose di tipo psicotico. Ora, in questa prospettiva, tali
eventi non sono vissuti dallo sciamano come disturbo psichico ma, al contrario, come risorsa ed
autentica esperienza del numinoso che afferra la psiche e trasforma il soggetto.

CONCLUSIONI: la furia dello sciamano durante la "malattia sciamanica" e gli attacchi durante
la seduta non vanno considerati come sintomi di qualche male ereditario.
La "bizzarria" del suo comportamento durante il rituale o nella vita di tutti i giorni dipende dalla natura del suo ruolo, che vive con tutto se stesso, e che comunque non tutti gli sciamani sono in grado di svolgere fino
in fondo. Alcuni di essi infatti compiono solo parzialmente i loro compiti, altri si accollano
questo incarico, ma desiderano, con l'avanzare dell'età, di «liberarsi dagli spiriti» e affidare tale
onere a persone più giovani; altri ancora portano il loro fardello fino all'ultimo giorno di vita.
È importante riconoscere che i "servitori degli spiriti" vivono un'esistenza interiore intensissima.
«Il talento dello sciamano non è un dono, ma un fardello».
Non tutti, infatti, sono in grado di sopportare lo stress, perché ciò richiede una notevole forza
psichica. Ecco il motivo per cui alcuni sciamani muoiono durante la seduta, persuasi di essere
stati sconfitti dagli spiriti maligni. Lo sciamano può anche convincersi che questi ultimi, irati per
la sua disobbedienza o per qualche altra mancanza, richiedano la sua morte o una punizione
attraverso la malattia.


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