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UNA MAGGIORANZA DI SBRONZI Ecco l'apertura del numero di Febbraio, dedicata alla risalita in tutta fretta di Mattarella al Colle che certifica la resa della politica. Qui sotto l'editoriale del nostro …Altro
UNA MAGGIORANZA DI SBRONZI

Ecco l'apertura del numero di Febbraio, dedicata alla risalita in tutta fretta di Mattarella al Colle che certifica la resa della politica.
Qui sotto l'editoriale del nostro direttore Alessio Di Mauro, autore come sempre anche della vignetta di copertina.

UNA MAGGIORANZA DI SBRONZI
di Alessio Di Mauro

E' notte fonda nel tinello della Repubblica italiana e la padrona di casa, la bellissima donna con il capo cinto dalla corona turrita e vestita d’“Habito sontuoso” – per dirla con l’ Iconologia seicentesca di Cesare Ripa – passeggia su e giù, sempre più nervosamente. Da quasi una settimana tutti i suoi uomini, i sedicenti leader di quelle compagnie di giro che i media italici hanno ancora il coraggio di chiamare partiti, non fanno più rientro a casa. “Abbiamo da eleggere il nuovo presidente. Vedrai, faremo presto”, avevano assicurato costoro alla nostra povera Italia prima di avviarsi in quel di Montecitorio. Lei, abituata alla totale inaffidabilità di quei signori, non ci aveva creduto granché. Epperò stavolta le premesse sembravano esserci davvero: da mesi e mesi, infatti, praticamente tutti, nel Paese, davano per scontato il passaggio di SuperDraghi da Palazzo Chigi al Colle. Del resto, avendo sempre potuto contare su una maggioranza praticamente plebiscitaria – che non ha mai osato alzare un sopracciglio davanti a tutti i desiderata dell’ex presidente della Bce – sembrava logico che Draghi non avrebbe trovato ostacoli sulla strada per il Quirinale. Intendiamoci: non che la nostra Repubblica turrita facesse i salti di gioia all’idea di vedere un supertecnico fare collezione delle massime cariche istituzionali, senza avere mai avuto alcun madato dagli elettori. Ma, conoscendo i suoi polli, sapeva che probabilmente quello sarebbe stato l’esito meno imbarazzante. Tanto ormai alla democrazia stuprata i cittadini ci hanno fatto il callo.
Ebbene, aveva ragione lei, perché i disonorevoli del Transatlantico alla fine sono riusciti a fare molto peggio: invece di limitarsi a ratificare il trasferimento di SuperMario da Palazzo Chigi al Colle, nel più breve tempo possibile – con la speranza di dare meno nell’occhio – hanno avuto l’imprudenza di provare a “mostrare i muscoli”. Di “misurarsi”, come si dice in gergo giornalistico. Con l’unico risultato di certificare a reti unificate la propria microscopica statura e la più totale impotenza. In una settimana di romanzo Quirinale – che in realtà fin da subito ha iniziato ad assumere i toni della farsa – abbiamo visto emergere prepotentemente tutte le contraddizioni tragicomiche di una politica ridotta alla caricatura di se stessa. Di una maggioranza commissariata ormai da anni, che sta insieme con lo sputo ed è animata dall’unico obiettivo di arrivare a fine legislatura per dare modo a centinaia di scappati di casa di maturare il vitalizio.
Abbiamo visto il solito segretario del Pd che pretende di imporre la linea anche quando non ha i numeri. E, pur di riuscire nell’ignobile impresa, prestarsi a fare di nuovo da “scendiLetta” a Renzi. Abbiamo visto i soliti grillini in ordine sparso, strizzare l’occhio a tutti pur di restare ancorati alla poltrona. Abbiamo visto il Centrodestra – che per la prima volta nella storia repubblicana aveva la possibilità di imporre un candidato amico – dividersi clamorosamente per poi calarsi le braghe piegandosi ai ricatti degli avversari. Abbiamo assistito, insomma, al suicidio in diretta di un’intera classe politica che alla fine è stata costretta a tirare per la giacchetta il presidente uscente (e riluttante), in modo “da non cambiare nulla, per non cambiare niente”. Povera Italia, insomma. Messa persino peggio della massaia che nell’immaginario pop bastonava il marito sbronzo. Quello almeno aveva la scusa dell’alcool. I protagonisti della nostra storia, invece, sono il disastro che sono naturaliter. Gente destinata a fare da serva al supertecnico di turno e a soccombere sotto i colpi di un Mattarella.

LA RIVISTA - Candido