Dio è amore
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Né cattolici progressisti, né cattolici conservatori

Riportiamo alcuni brani del articolo di Luigi Copertino, pubblicato nel blog di Maurizio blondet sotto il titolo "A PROPOSITO DEL BANNON PENSIERO REPLICA AD ANTONIO SOCCI, che potete leggere nella sua versione integrale qua

[...] Tuttavia per molte altre questioni in Trump fa capolino quanto di peggio abbiamo già conosciuto nell’epoca (neo)cons del bushismo e questo perché alla base della sua visione politica sussiste lo stesso paradigma “anglo-conservatore” che caratterizza la destra americana e che, complici alcune centrali culturali italiane, ha da anni contagiato anche diversi settore tradizionalisti del mondo cattolico italico.

Una delle vittime più in vista del contagio in questione è Antonio Socci, un bravo giornalista che lo scrivente pure apprezza sul piano spirituale quando difende l’identità cattolica. Socci, more solito, troppo entusiasta ha definito “non banale” il Bannon-pensiero che è sostanzialmente fondato sull’equivoco concetto, molto retorico, delle “radici giudaico-cristiane” dell’Occidente. Come si diceva Stephen Bannon è della cerchia del cardinal Burke, quindi è un cattolico di formazione conservatrice e come tale mostra di muovere dalla sottesa, forse inconsapevole, ma certo errata considerazione della Chiesa quale istituzione occidentale più che universale. [...]

[...] Del resto, come lo stesso Socci, forse spaventato dalle conseguenze del clima rissoso che si è creato nella Chiesa ed al quale anche lui con i suoi recenti libri e articoli ha contribuito, ha avuto modo di scrivere che ha intenzione di ritrarsi dall’agone della polemica antibergogliana non volendo confondere le sue critiche con la volgarità degli attacchi più pesanti alla persona dell’attuale Pontefice.

E fa bene Socci a ritrarsi. Anche lo scrivente che, pur non essendo affatto un cattolico “progressista”, non ha mai avuto in eccessiva simpatia i cattolici conservatori, rivendica da cattolico il diritto di essere altrove ossia, salvo il magistero, di usare con rispetto il diritto-dovere di critica, all’occorrenza, ma tanto contro Trump/Bannon/Burke che Bergoglio/Kasper/Melloni [...]

[...] Quel che però né Bannon né Socci ci dicono è dove mai, nella storia, sarebbe comparso un capitalismo che non ha considerato le persone come merci e come cose da usare e poi gettare. Nel 1891, ossia in quel periodo storico che stando a Bannon avrebbe segnato l’apogeo del trionfo del Cristianesimo nel mondo, un vecchio Papa, che da vescovo in Belgio aveva ben conosciuto la durezza del capitalismo – e non si trattava del capitalismo finanziario ed apolide attuale allontanatosi dalle sue presunte radici “giudeo-cristiane” ma proprio di quel capitalismo patriarcale ed antico al quale nostalgicamente occhieggia Bannon –, parliamo di Leone XIII, al secolo Vincenzo Gioacchino Raffaele Luigi Pecci, pubblicava la “Rerum novarum cupiditas”, la più nota enciclica sociale della Chiesa, protestando che “il lavoro non è merce” e chiedendo l’intervento mitigatore e riparatore dello Stato contro gli abusi criminali del capitalismo ai danni degli operai. Il povero ma coraggioso Papa Pecci divenne immediatamente la bestia nera di tutta la classe dirigente liberale del mondo, della stampa da essa controllata e delle logge massoniche, non solo italiane, ancora gaudenti della recente conquista della città eterna per le armi sabaudo-piemontesi. Fustigato dalle élite del suo tempo, Papa Leone XIII ebbe invece la consolazione di vedersi confermato l’amore sincero del popolo cattolico, specie di quello operaio e contadino [...]

[...] Vorremmo aggiungere, alle osservazioni di Cardini, che l’altro grande equivoco sul quale tenta di reggersi il pensiero conservatore anglo-americano sta nella, spesso inavvertita dai cattolici alla Socci, confusione tra la nozione moderna di “individuo” e quella cattolica e tradizionale di “persona”. Mentre quest’ultima trova base addirittura nello stesso dogma cristiano trinitario, sicché l’uomo può dirsi persona proprio perché Persona nelle relazioni intra-trinitarie è Dio, l’individuo è un concetto astratto ed irrelato concepito dal razionalismo moderno in contrapposizione/giustapposizione con lo Stato leviatano. Mentre la persona è sempre definita dal suo essere in relazione con l’altro – relazione familiare, comunale, professionale, nazionale, ecclesiale, etc. – sicché essa è sempre concreta, spirito anima e carne, l’individuo al contrario è solipsista e per questo senza autentica consistenza effettuale.

Questa invalicabile differenza spiega perché mai pur essendo il Cristianesimo fede di salvezza della singola persona, tale salvezza, al tempo stesso, non è conseguibile – salvo gli imperscrutabili disegni di Dio – al di fuori del Corpo Mistico di Cristo ossia al di fuori di quella Comunità gerarchica che è la Chiesa apostolica.

Sin dalla creazione, secondo la Rivelazione, Dio ha voluto l’uomo in relazione con il suo simile, ad iniziare appunto dalla donna, e non in uno “splendido” isolamento individualistico. Un altro motivo, questo, per il quale è insostenibile l’accordo sic et simpliciter tra Cristianesimo e liberalismo. Quanto or ora spiegato rende possibile comprendere perché mai il Cristianesimo, affermandosi, non ha rotto con il comunitarismo sociologico, benché lo abbia rimodulato secondo spirito cristiano, tanto è vero che il pensiero teologico-politico della Patristica, prima, e della Scolastica, dopo, non ha mai negato l’appartenenza, nella relazione inter-personale, del singolo cristiano alle comunità naturali nelle quali veniva al mondo o veniva a trovarsi nelle vicende della vita. La Cristianità, proprio per questo, mentre si adoperava per la salvezza personale dei fedeli, si realizzava sociologicamente parlando come l’apogeo dell’organicismo comunitario. Prima che la modernità, con il mercato e lo Stato livellatore, venisse a sopprimere le concrete libertates medioevali in nome della moderna Libertè astratta.

L’essenza del liberalismo/liberismo non è affatto il “personalismo”, sempre improponibile senza il comunitarismo, ma l’individualismo. L’individualismo non è affatto, né teologicamente né storicamente, la conseguenza della valorizzazione cristiana della “persona umana”, come pensano i liberali. L’individualismo è l’espressione socio-economica di ciò che in filosofia è il “soggettivismo” e che si accompagna immancabilmente al “relativismo” ed al “prometeismo”. L’individualismo è l’estrema frontiera del nichilismo ed è stato partorito, come il suo fratello gemello ossia il collettivismo, dall’immanentismo ateo della modernità.

Stephen Bannon – ci ha fatto notare l’amico Maurizio Blondet – pensa da americano sicché per lui l’Islamismo è il nemico. Anche quando l’islamismo è creato, finanziato, armato dagli stessi tati Uniti d’America, come nell’attuale scenario vicino-orientale ad iniziare dalle primavere arabe. Trump vuole rompere con la precedente linea di politica estera di Obama ma al tempo stesso non sembra, sotto questo profilo, che si possa registrare discontinuità nell’appoggio americano alle dittature religioso-fondamentaliste saudita e qatarita come anche alla protervia di dell’Israele sionista.

Giustamente l’amico Blondet ci ricorda che la politica si fa con le carte che si hanno in mano, sicché si deve comunque dar atto a Bannon e Trump di avere un coraggio tutto “americano” nel demolire l’establishment globalista, senza temere neanche la guerra civile interna. Se, però, è certo che diverse cose della sfrontatezza politica antiglobalista di Trump e del suo consigliere non possono non essere, moderatamente, apprezzate, tuttavia non è possibile far finta che alla radice dell’attuale “New Deal” americano c’è quel tipo di aporetico pensiero che abbiamo sopra esaminato.

Anche Putin ha risollevato le sorti politico-economiche della disastrata Russia post-sovietica facendo leva sulla tradizione religiosa e nazionale della sua patria. Ma, appunto, in Russia tale tradizione nazionale e religiosa esiste ed ha radici millenarie. Negli Stati Uniti no. Putin viene dalla piccola sub-nomenklatura sovietica ed è arrivato al potere maturando, gradualmente, sin dagli anni giovanili, una critica interna al comunismo fino a riscoprire, appunto, le radici spirituali e nazionali della Russia quale unico fondamento di una “giusta” politica ispirata ad una Istanza Superiore senza della Quale la stessa politica non esiste. Gli Stati Uniti, invece, sono uno Stato, federale, privo di radici spirituali, che non siano quelle spurie puritane o, nella versione conservatrice, quelle presbiteriane ossia “anglicane”. Sicché nel caso di Trump stiamo pur sempre parlando di un miliardario che, sì, certo guarda, meritoriamente, più all’economia reale che alla finanza, più all’interesse nazionale che agli interessi delle élite transnazionali, ma che poi sappia o voglia davvero tradurre tutto questo in qualcosa di più concreto per la middle class e soprattutto la working class è ancora tutto da verificare.