Lo sfogo di mons. Georg: "Ormai vivo tra due mondi". "Ogni giorno aspetto di vedere cosa cambierà".
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Il suo intento era di essere un «ponte», non un «muro» tra i due papi.
Fino all'ultimo si è prodigato nel dire che Francesco e Benedetto XVI avevano «caratteri» e «stili diversi». Ma non erano assolutamente «antitetici», come alcuni volevano farli passare.
O monsignor Georg Gänswein si è sforzato di conciliare l'inconciliabile, fedele alla linea del «cambiamento nella continuità», tracciata dal teologo, prima che pontefice, Joseph Ratzinger. Oppure non ci crede più neanche lui, glamour ed efficiente segretario particolare del papa tedesco, nella novità dei due vescovi di Roma. Creata, con la clamorosa rinuncia di Benedetto XVI, dal suo stesso mentore.
IL LIMBO TRA DUE MONDI. Deve essere esplosa un'altra guerra tra cordate, in San Pietro, se l'arcivescovo e prefetto della Casa pontificia (nonché tuttora segretario personale del papa emerito) si è deciso a parlare senza filtri alla Zeit, prestigioso settimanale tedesco che apre con una grande foto di Jorge Mario Bergoglio in abito bianco. E un titolo che lascia adito a pochi dubbi: «Il mondo lo ama, ma...»
Padre Georg non nasconde il suo «dolore», nel calarsi nel nuovo ruolo: «Ormai vivo tra due mondi», confessa.
L'«AFFRONTO» DI BERGOGLIO. Certo, con Ratzinger al soglio di Pietro, monsignor Gänswein ha fatto carriera, diventando, per il doppio incarico che riveste, il principale canale di raccordo tra i due pontefici. Eppure, per lui le dimissioni di Benedetto XVI sono state «un'amputazione». Che Bergoglio poi si sia rifiutato di abitare nel Palazzo apostolico, d'impatto padre Georg l'ha vissuto come un «affronto».
Piano piano si è abituato. «Ci scherzo pure sopra con Francesco», racconta. Ma il dissidio, per chi di giorno sbriga gli affari di Francesco e la sera le incombenze di Benedetto XVI, è ben più profondo. «Chiamo Ratzinger Santo padre». Poi però ammette, «il papa è uno solo».
Un segretario tra due papi
Già, Ratzinger: il più giovane e brillante teologo del Concilio vaticano II, che dal 1968 si è chiuso in una torre d'avorio arroccandosi sui dogmi. Ma che alla fine, e forse suo malgrado, ha innescato una rivoluzione.
In Germania monsignor Gänswein è conosciuto come più tradizionalista di Benedetto XVI. Non deve essere stato facile, per lui, digerire l'arrivo di un pontefice che vuole realizzare le riforme del “papa buono” Giovanni XXIII.
Due papi, poi, in Vaticano, sono un inedito nella dottrina cattolica. La rinuncia di Celestino V (vicino ai monaci benedettini come Benedetto XVI), nel 1200, sfociò nella sua fuga e nella sua cattura. Al papa eremita, seguì poi un solo papa: il suo spodestatore Bonifacio VIII.
LA MOLE DI LAVORO. Anche durante lo scisma d'Avignone (1378-1417), la Chiesa d'Occidente era spaccata. Ma i due pontefici, in guerra tra loro, non vivevano entrambi a Roma.
Dal marzo 2013, magari per un po' di anni, invece per l'arcivescovo Gänswein ci sarà da un bel daffare in Vaticano. A leggere le sue dichiarazioni con il senno di poi, già nell'intervista esclusiva dell'ottobre scorso con il Messaggero, “don Giorgio” raccontava della «mole di cose da sbrigare», tutti i giorni. Eppure viveva il suo nuovo compito come una «bella sfida».
Certo, «ogni tanto vorrei chiedere consigli al mio predecessore, ma non c'è», si lamentava.
CAMBIO, NON RIVOLUZIONE. Quanto al rischio che in Vaticano si creassero un papa e un antipapa, come ai tempi delle lotte di Avignone, il segretario di Ratzinger smentiva categoricamente: «C'è un papa regnante e un papa emerito». E, alla domanda sulla «rivoluzione in atto», serrava le fila, rimarcando, come già nell'intervista di agosto al Tg5, il suo ruolo di traghettatore, durante un «cambio di pontificato che, come è normale, porta con sé cambiamenti su diversi livelli».
Più che una rivoluzione, sosteneva Gänswein, era in corso un «atto di governo e responsabilità», nella «sostanza» non c'era differenza tra i due papi.
Benedetto XVI, rimarca ancora nelle nuove dichiarazioni il suo segretario, è un uomo umile e sobrio. Non viveva nei palazzi pontifici per esibire il potere personale, ma per far risaltare la maestà della Chiesa e del ministero petrino.
Gänswein: «Per me è un dolore»
A colloquio con il quotidiano romano, Gänswein raccontava anche di come Benedetto XVI restò «molto, molto sorpreso» alla notizia dell'estromissione di Ettore Gotti Tedeschi dalla presidenza dello Ior, quasi la sua cacciata fosse avvenuta a sua insaputa.
Nel complesso, tuttavia, il bel Georg sembrava sereno e soddisfatto di essere al servizio dei due pontefici. Pochi mesi dopo, invece, il monsignore appare più sincero e anche più scoraggiato. «Devo essere onesto con me stesso», è il suo sfogo al magazine progressista, «per me è un dolore ritrovarmi in questo nuovo ruolo».
IL DISSIDIO DI GEORG. Segretario privato del cardinal Ratzinger dal 2003, prima di balzare alle cronache come braccio destro del pontefice, Gänswein è da oltre 10 anni fedele al papa tedesco. Gli ha giurato lealtà in latino, «in vita e morte», ricorda. Per lui ha «versato sangue» e lo ha «speso con grande dedizione e piacere, talvolta».
Il passo indietro di Benedetto XVI, a febbraio, è stato come perdere una parte di sé. E con l'incedere delle riforme di Francesco è come se “don Giorgio” si sentisse nella posizione scomoda di attore del cambiamento e, contemporaneamente, traditore della tradizione. Un limbo che lo inquieta, a giudicare dalle frasi pubblicate dalla Zeit sulle attese future: «Ogni giorno aspetto di vedere cosa sarà il nuovo, che cosa cambierà».
Certo, un po' a Gänswein fa anche piacere apparire sulle prime pagine dei giornali: lo si era visto qualche anno fa, con la sua copertina di Vanity Fair. E a Roma c'è chi lo accusa di avere giri mondani.
LA PROMOZIONE DI XUEREB. Ma l'impressione è che l'arcivescovo si trovi davvero in crisi interiore. D'altra parte, padre Georg non è un uomo di ghiaccio: per l'addio di Ratzinger scoppiò in lacrime, prima di volare con lui a Castel Gandolfo.
Nervi più saldi pare averli monsignor Alfred Xuereb: già secondo segretario personale di Benedetto XVI, da marzo segretario particolare di Francesco. E, dal novembre scorso, anche delegato speciale del papa argentino sulle commissioni di Ior e Finanze.
Grandi sfide e cambiamenti. Ma il maltese non fa una piega.
Giovedì, 05 Dicembre 2013
Barbara Ciolli
fonte:
www.lettera43.it/politica/vaticano-lo-sfo…