25 Marzo. SAN DISMA. Dai Vangeli sappiamo che Gesù non venne condotto al Calvario per essere crocifisso da solo: “Venivano condotti insieme con Lui anche due malfattori per essere giustiziati. Quando …Altro
25 Marzo.
SAN DISMA.

Dai Vangeli sappiamo che Gesù non venne condotto al Calvario per essere crocifisso da solo: “Venivano condotti insieme con Lui anche due malfattori per essere giustiziati.
Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero Lui e i due malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra” (Luca 23,32-33).
Giovanni Evangelista non si sofferma affatto su queste figure, ma nei Vangeli di Matteo e Marco leggiamo che entrambi i ladroni oltraggiavano Gesù; mentre nel Vangelo di Luca notiamo una differenza significativa: il ladrone a destra, noto in testi apocrifi come Gestas, insultava aspramente Gesù, ma l’altro, Disma, Lo avrebbe difeso e si sarebbe raccomandato a Lui; “Uno dei malfattori appesi alla croce Lo insultava: «Non sei Tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!».
Ma l’altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena?
Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, Egli invece non ha fatto nulla di male».
Poi aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel Tuo Regno»” (Luca 23,39-42).
Oggi parliamo proprio di San Disma, o Dismas, il Buon Ladrone, uno dei ladroni crocifissi con Gesù, conosciuto, in alcuni testi apocrifi, anche come Tito.
Cosa rende così speciale questo personaggio, che appare solo in poche righe di un unico Vangelo Canonico?
Ebbene, San Disma fu l’unico Santo a essere reso tale direttamente da Gesù!
Infatti alla sua accorata supplica Cristo Gesù gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con Me nel Paradiso». (Luca 23,43).
Il nome di Disma non compare nei Vangeli, ma è stato preso dagli Atti di Pilato, un “testo apocrifo greco”, scritto tra la metà del II e del III secolo e, successivamente, accorpato al Vangelo di Nicodemo.
Non sappiamo nulla di lui, né come fosse stato catturato, né quale crimine avesse commesso.
Di Disma sappiamo però che, giunto alla fine della sua vita, egli seppe riconoscere la propria colpa, accettando il castigo che gli veniva inflitto per i suoi delitti e i suoi peccati; ma non solo, nel momento del supplizio, mentre ciascun uomo è solo con il proprio dolore e i propri rimorsi, Disma riesce a distrarre l’attenzione da ciò che lui sta patendo, rivolgendosi verso Gesù, che soffre il suo stesso dolore, pur non avendo alcuna colpa.
In Lui, compagno di esecuzione, riconosce la facoltà di concedergli la Salvezza, se non in questa vita, però, nell’altra.
È questo che rende la figura di Disma speciale, questo Atto di profonda Fede, che si consuma nell’ultimo istante della sua vita, questo riconoscimento di Gesù sulla Croce, nel momento in cui Egli stesso è solo un uomo inchiodato al legno, senza seguito, senza più una Parola sulle labbra, preda solo del dolore e dello scherno dei suoi aguzzini.
Ciononostante per Disma è il Re, il Salvatore che può donargli la pace.
Proprio questa capacità di riconoscere la grandezza di Gesù, nel momento più basso e terribile della sua parabola umana, rende Disma degno della Santità, per essere ricordato e venerato ancora oggi.
Disma ci dimostra per primo che non è mai troppo tardi per pentirsi e intraprendere la Via della Salvezza.
Mario Sedevacantista Colucci condivide questo
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