Spettacolo trasmesso in diretta televisiva da LA7 dal Teatro La cucina – Ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini, Milano.
Tra il '39 e il '41 nella Germania Nazista, prima di altri, vennero uccisi decine di migliaia di tedeschi: erano bambini e persone adulte disabili o malati di mente, vite "indegne di essere vissute". Aktion T4 (dall'indirizzo della sede operativa della struttura a Berlino, Tiergartenstrasse 4), il nome più noto per una vicenda poco conosciuta e letteralmente insabbiata per decenni dopo la guerra, è la realizzazione, drammaticamente efficiente, di un progetto di eliminazione del "diverso" e dell'"inutile". Progetto segreto e ideato da pochi, ma nei fatti realizzato sotto gli occhi di tutti, con una regia attenta a cogliere il consenso della classe medica e della popolazione, indotta a credere che fosse la cosa giusta. Nel '41, anche a seguito delle crescenti proteste della popolazione che si interroga sul numero di decessi negli istituti e della Chiesa Cattolica che denuncia lo sterminio, Aktion T4 cessa ufficialmente, ma le uccisioni proseguono fino a dopo la fine della guerra: furono oltre trecentomila le persone che sparirono in questo modo, non solo in Germania e Austria. Gli esiti di questa operazione vedono coinvolti anche Ospedali Psichiatrici italiani (Trieste, Venezia, Treviso, Pergine Valsugana TN). Raccontare cosa accadde serve a comprendere come lo sterminio delle persone disabili e malate di mente non è semplicemente derubricabile a nefandezza commessa da un regime, bensì il frutto di un processo che ancora oggi imbarazza e coinvolge tutti noi, perché fondato su uno strisciante silenzio. Ciò che lì accadde in modo così estremo iniziò prima, altrove, e continuò poi. Questa storia per molto tempo non ha trovato spazio, è stata taciuta, considerata minore, come tutto ciò che ha ruotato attorno ad essa, come furono minori le pene inflitte ai responsabili dal processo di Norimberga. “T4 non è una tragedia classica, ma una raccolta di storie tragiche che si possono comprendere soltanto fornendo una chiave della logica che l’ha ispirata e l’ha guidata. Le vittime sono quasi tutte anonime, i carnefici sembrano solo aguzzini e sadici, ma dietro quella mostruosità c’è una normalità colpevole, ed è solo rendendola familiare e umana che si può comprendere e riconoscerne i segni anche fuori dalla storia, nel presente.” Marco Paolini
"NORIMBERGA" SCIENZA
NAZISTE
: LA RAZZA, LA TERRA & IL SANGUE
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Karen Bartlett – Gli architetti di Auschwitz
La vera storia della famiglia che progettò l’orrore dei campi di concentramento nazisti Questa è la storia scioccante di come furono creati i forni crematori e perfezionate le camere a gas che permisero l’eliminazione di milioni di persone durante l’olocausto. Alla fine dell’Ottocento, la Topf & Figli era una piccola e rispettata azienda a conduzione familiare con sede a Erfurt, in Germania, che produceva sistemi di riscaldamento e impianti per la lavorazione di birra e malto. Negli anni Trenta del secolo scorso, tuttavia, la ditta divenne leader nella produzione di forni crematori e, con l’avvento della seconda guerra mondiale, si specializzò nella produzione di forni “speciali”, destinati ai campi di concentramento. Durante i terribili anni dell’Olocausto, la Topf & Figli progettò e costruì i forni crematori per i campi di Auschwitz-Birkenau, Buchenwald, Belzec, Dachau, Mauthausen e Gusen. Gli uomini che concepirono queste macchine di morte non furono ferventi nazisti mossi dall’ideologia: a guidare i proprietari e gli ingegneri della Topf & figli furono piuttosto l’ambizione personale e piccole rivalità, che li spinsero a competere per sviluppare la migliore tecnologia possibile. Il frutto del loro lavoro riuscì a superare in disumanità persino le richieste delle SS. Ed è per questa cieca dedizione al lavoro che i fratelli Topf passarono alla storia con infamia. Il loro nome è ancora impresso sulle fornaci di Auschwitz. Dall’autrice del bestseller Sopravvissuta ad Auschwitz Ai primi posti delle classifiche italiane «Karen Bartlett descrive con dovizia di particolari il modo in cui un’ordinaria impresa manufatturiera divenne il perno della produzione di strumenti di morte, incurante del fatto che fosse un business disumano. Una lettura dura ma necessaria.» Jerusalem Post «La storia della famiglia Topf, magistralmente raccontata dall’autrice, è un perfetto esempio di come Hannah Arendt avrebbe descritto la banalità del male.
La fine che fece mio nonno ""colpevole"" di essere tornato dalla guerra con una lieve depressione.
QUESTA Eì LA TERRIBILE REALTA' DI TORTURA E DI MORTE CHE SI PERPETUA ANCHE OGGI SOTTO GLI OCCHI ACCECATI DI (QUASI) TUTTI !!!