*Mercoledì delle Ceneri* *“Il significato del digiuno”* Omelia di p. Giorgio Maria Faré sugli scritti della Serva di Dio Luisa Piccarreta - 12.2.2016 "Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato! …Altro
*Mercoledì delle Ceneri*

*“Il significato del digiuno”*
Omelia di p. Giorgio Maria Faré
sugli scritti della Serva di Dio Luisa Piccarreta - 12.2.2016

"Sia lodato Gesù Cristo!
Sempre sia lodato!
Ovviamente, in questo giorno saremo chiamati all’astinenza dalla carne, come gesto appunto penitenziale, e siamo chiamati anche al digiuno, cioè a ritirarci un po’ in tutti i sensi dal mondo, per stringerci di più vicino al Signore.

Abbiamo ascoltato la prima lettura di questa mattina, dal Libro del Profeta Isaia, al capitolo 58, nella quale il Signore spiega bene qual è il digiuno.

Digiuno, penitenza, ascesi, ricordano una parola sola, che è la parola “sacrificio”; noi facciamo queste cose per fare dei sacrifici graditi a Dio, ma che cos’è un sacrificio? Cosa vuol dire fare un sacrificio a Dio? Quando io faccio un sacrificio?

La parola “sacrificio” in latino è “sacrum facere”, che tradotto vuol dire “un fare sacro”.

Io compio un sacrificio quando compio un fare sacro, e quando io compio un fare sacro? Quando il mio fare è sacro?

Il mio fare è sacro, quando è mosso dalla carità, dall’amore per Dio.

Io posso fare dei sacrifici, dei digiuni, delle penitenze, per tanti motivi.

Abbiamo ascoltato tempo fa, quando abbiamo letto San Giovanni della Croce (non so se vi ricordate), che lui diceva che c’è un modo di fare penitenza che è da bestie, da animali, non da cristiani, ed è quindi importante che il nostro fare penitenza, il nostro fare digiuno, il nostro fare ascesi, siano tutti nella logica del sacrificio, cioè devono essere azioni sacre, devono essere azioni sacralizzate, altrimenti non hanno senso.

Non mangiare per non mangiare, non ha senso; fare un digiuno per un dovere morale, non ha senso; fare digiuno perché è detto che bisogna fare digiuno, non ha senso; fare una penitenza perché devo fare penitenza, come non mangiare la carne, perché è di tradizione non mangiare la carne in Quaresima, non ha senso.

Dio non ha bisogno di queste cose, non le cerca!

Dio cerca azioni sacre, cioè mosse dalla carità, non dal tornaconto, non dal metterci la coscienza in pace, non dal sentirci a posto con Dio, ma azioni che conducano alla carità e azioni che nascano dalla carità.

Allora, ci viene in aiuto la Serva di Dio Luisa Piccarreta, che qualche volta abbiamo già frequentato, la quale, nelle “Ore della Passione” (dove lei a ogni ora, al giovedì e al venerdì, contempla la Passione di Gesù, in questo colloquio intimo con Lui e dove Gesù le parla, dove Gesù le dice, le confida in queste ore della Passione i Suoi pensieri più intimi), riflette su una espressione: “Sitio”, “Ho sete” (oggi è proprio il giorno).

È Gesù, che muore in croce, tra le 2 e le 3 del pomeriggio, e che grida: «Ho sete!», che fu poi l’espressione che mosse tutto il cammino spirituale di Madre Teresa di Calcutta; nasce tutto da qui, da “Sitio”, “Ho sete”, è da qui che avviene tutto il cambio nella vocazione di Madre Teresa di Calcutta.

Di che cosa ha sete Gesù? Di cosa ha sete?

Allora, la Serva di Dio scrive: “Tu, come acqua, vorresti bere noi, per ingoiarci dentro di Te e metterci tutti in salvo”.

Gesù ha sete di anime, Gesù ha sete di te e ha sete di me.

Gesù dice: «Ho sete!», con le Sue ultime parole.

Sapete che Gesù sulla croce dice sette parole, le ultime sette parole di Cristo in croce; questa, “Sitio”, “ho sete”, è la quinta parola che dice il Signore, cioè una delle ultime prima di morire. In questa quinta parola, “ho sete”, Gesù lamenta il fatto che vuole bere la nostra anima, vuole bere noi.

Perché ci vuole bere?

Ci vuole bere, ci vuole ingoiare, dice la Piccarreta, per metterci in salvo.

Dove?

Nel Suo costato. Vuole proteggerci, inserendoci nel Suo costato.

Adesso è Gesù, che le parla, e le dice così: “Io ho sete della tua volontà, ho sete dei tuoi affetti, ho sete dei tuoi desideri, ho sete del tuo amore; acqua più fresca e dolce non puoi darmi, che la tua anima”.

Che cosa cerca Gesù?

Ecco il sacrificio, ecco il fare sacro, ecco il “Sacrum facere”, è questo: dare al Signore ciò che Lui cerca, non quello che vogliamo noi.

Gesù non cerca tanto lo stomaco vuoto…noi abbiamo questa ossessione addosso che dobbiamo non mangiare niente, non bere niente, ma, una volta che ho lo stomaco vuoto, se poi non ho il cuore pieno, a cosa mi serve?

A montare in superbia e a sentirmi migliore degli altri!

Gesù ha sete della mia volontà, questo Gesù cerca!

La mia volontà che sia una volontà che vuole il bene, che vuole Cristo!

Gesù ha sete dei miei affetti!

È inutile fare il digiuno a pane e acqua, se poi il mio cuore è diviso in mille rigagnoli, se poi non sono capace di dire di no alla televisione, di no alla radio, di no alle chiacchiere, di no alle parolacce, di no alle bestemmie, di no all’impurità, di no alla superbia, di no alla volgarità…a cosa serve?

Sete dei tuoi desideri…

Questa mattina, quando ti sei svegliato, qual è stato il tuo primo pensiero?

Il primo…pensateci!

Qual è stato il vostro primo pensiero?

Il Beato Giovanni Duns Scoto, il Dottore Sottile, così chiamato, disse: «Quando ti svegli al mattino, qual è il tuo primo pensiero? Quello sarà il tuo tesoro e lì è il tuo cuore».

Se il nostro primo pensiero non è stato Gesù, Gesù non è il nostro tesoro, e il nostro cuore è altrove.

Quanti desideri, quanti affetti sbagliati abbiamo nel cuore, che stanno al posto di Cristo!

Amiamo e desideriamo cose, persone, realtà, che non sono Gesù, quando Gesù invece cerca, ha bisogno, ha sete di quello!

«Io ho sete del tuo amore!», ma se il nostro amore è diviso…

Il cuore è uno e può essere dato solo a una persona, Gesù è una persona…noi, il nostro cuore, a chi lo abbiamo dato?

Qual è stato il tuo primo pensiero, appena svegliato questa mattina?
Prosegue, allora Gesù dice: “Non farmi bruciare, ho sete ardente e non solo mi sento bruciare le fauci, la lingua, tanto che non posso articolare parola, il cuore e le viscere me le sento disseccate. Pietà della mia sete, pietà!”

Dipende…dipende…

Perché, fin tanto che si tratta di fare un po’ di digiuno a pane e acqua siamo tutti capaci; fin tanto che si tratta di salire i monti in ginocchio e sbucciarsi le gambe e sanguinare, essere lì tutti belli sanguinolenti e tutti belli sazi dentro a vedere e pensare: «Ah…che bellezza! Guarda quanto sangue che verso per penitenza…», siamo tutti bei felici, no?

Fare chilometri e chilometri inutili per andare chissà dove, a vedere chissà cosa…

Ma quando si tratta di rinunciare agli affetti sbagliati, alla superbia, all’egoismo, alle idee sbagliate che ci portiamo nella testa, alle nostre presunzioni, alle nostre arroganze, alle nostre ribellioni, ai nostri amori disordinati, a quello a cui più interiormente teniamo, ah, su quello: «Gesù, mi dispiace…»

Allora, la Serva di Dio dice: “Vidi portarti alla bocca fiele e aceto”, che Lui non ha rifiutato, cioè, non subito, “Assaggiatolo, lo rifiutò”, ma lo prese in bocca.

E Lei dice: “Il fiele di tante colpe e l’aceto delle nostre passioni disordinate”.

Quanto aceto e quanto fiele mettiamo nella bocca di Cristo, al posto dell’acqua dolce e fresca, che Lui cerca!

Che in questo "tempo di Quaresima", lo Spirito Santo ci illumini a saper dare a Gesù Cristo ciò che Lui vuole e non ciò che il nostro cuore meschino, gretto, duro, piccolo pensa di fare, tra l’altro convinto di fare la Volontà di Dio, quando la Volontà di Dio punta invece sul sacrum facere.

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia Lodato!