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Una Lezione per le famiglie tratta dalla Visione di Maria Valtorta sull'esilio della Sacra Famiglia in Egitto. Testo con audio. Dice Gesù: «La lezione, a te e agli altri, te la dànno le cose che vedi …More
Una Lezione per le famiglie tratta dalla Visione di Maria Valtorta sull'esilio della Sacra Famiglia in Egitto. Testo con audio.

Dice Gesù:
«La lezione, a te e agli altri, te la dànno le cose che vedi. È lezione di umiltà, di rassegnazione e di buona armonia. Preposta ad esempio a tutte le famiglie cristiane, e specie alle famiglie cristiane di questo speciale e doloroso momento.

Tu hai visto una povera casa. E, quel che è doloroso, casa povera in paese straniero.
Molti, solo perché sono dei “passabili” fedeli che pregano e ricevono Me-Eucaristico, che pregano e si comunicano per i “loro” bisogni, non per le necessità delle anime e per gloria di Dio — perché è ben raro chi nel pregare non sia egoista — molti pretenderebbero di avere una vita materiale facile, ben riparata da ogni più piccola pena, prospera, felice.
Giuseppe e Maria avevano Me, Dio vero, per loro Figlio, eppure non ebbero neppure il povero bene d’esser poveri ma nella loro patria, nel paese dove erano conosciuti, dove almeno c’era una casetta “loro” e il pensiero dell’alloggio non c’era a mettere un assillo fra i tanti, nel paese dove, per essere conosciuti, era più facile trovare lavoro e provvedere alla vita. Sono due profughi proprio per avere Me. Clima diverso, paese diverso, così triste rispetto alle dolci campagne della Galilea, lingua diversa, costumi diversi, in mezzo ad una popolazione che non li conosce e che ha la abituale diffidenza delle popolazioni per i profughi e per gli sconosciuti.
Privi di quei mobili comodi e cari della “loro” casetta, di tante cose umili e necessarie che là vi erano e che non parevano tanto necessarie, mentre qui, nel nulla che li circonda, sembrano addirittura belle come il superfluo che fa deliziose le case dei ricchi. Con la nostalgia del paese e della casa, col pensiero di quella povera roba lasciata là, dell’orticello dove più nessuno provvede, forse, alla vite e al fico e alle altre utili piante. E con la necessità di provvedere al vitto quotidiano, alle vesti, al fuoco giorno per giorno, a Me, bambino, al quale non può essere dato il cibo che è lecito dare a se stessi. E con tanta pena in cuore. Per la nostalgia, per l’incognita del domani, per la diffidenza della gente che è restia, specie nei primi tempi, ad accogliere le offerte di lavoro di due sconosciuti.
Eppure, l’hai visto. In quella dimora aleggia serenità, sorriso, concordia, e di comune accordo si cerca di farla più bella, anche nel misero orto, perché sia più simile a quella lasciata e più confortevole. Non vi è che un pensiero: quello che a Me, Santo, sia resa meno ostile la terra, meno misera a Me che vengo da Dio. Amore di credenti e di parenti che si estrinseca in mille cure, che vanno dalla capretta, acquistata con tante ore di lavoro in più, ai piccoli giocattoli intagliati negli avanzi del legno, ai frutti presi per Me solo, negando a sé un boccone di cibo.
Diletto padre mio della Terra, come sei stato amato da Dio, da Dio Padre nell’alto dei Cieli, da Dio Figlio, divenuto Salvatore, sulla Terra!
In quella casa non vi sono nervosismi, bronci, visi scuri, e non vi è rimprovero reciproco e tanto meno verso Dio, che non li colma di benessere materiale. Giuseppe non rimprovera a Maria d’esser causa del suo disagio, e Maria non rimprovera a Giuseppe di non saperle dare un maggiore benessere. Si amano santamente, ecco tutto, e perciò la loro preoccupazione non è il proprio benestare ma quello del coniuge. Il vero amore non conosce egoismo. E il vero amore è sempre casto, anche se non è perfetto nella castità come quello dei due vergini sposi. La castità unita alla carità porta seco tutto un corredo d’altre virtù e perciò fa, di due che si amano castamente, due perfezioni di coniugi.
L’amore di mia Madre e di Giuseppe era perfetto. Perciò era fomite ad ogni altra virtù e specie a quella della carità verso Dio, benedetto ad ogni ora, nonostante che la sua santa volontà fosse penosa alla carne e al cuore, benedetto poiché sopra la carne ed il cuore era più vivo e signore nei due santi lo spirito, e questo magnificava con riconoscenza il Signore per averli eletti a custodi del suo eterno Figlio.

In quella casa si pregava. Troppo poco si prega nelle case, ora. Si alza il giorno e cala la notte, si iniziano i lavori e vi sedete alla tavola senza un pensiero per il Signore, che vi ha permesso di vedere un nuovo giorno, di poter giungere ad una nuova notte, che ha benedetto le vostre fatiche e concesso che vi divenissero mezzo a conquistarvi quel cibo, quel fuoco, quelle vesti, quel tetto che pure sono necessari alla vostra umanità. Sempre “buono” quello che viene da Dio buono. Anche se povero e scarso, l’amore gli dà sapore e sostanza, l’amore che vi fa vedere nell’eterno Creatore il Padre che vi ama.
In quella casa vi è frugalità. Vi sarebbe anche se il denaro non mancasse. Ci si nutre per vivere, non ci si nutre per far godere la gola con insaziabilità di ingordi e con capricci di golosi, che si empiono fino ad appesantirsi e sprecano sostanze in cibi costosi senza un pensiero per chi di cibo è scarso o è privo, senza riflettere che, se essi avessero moderazione, molti potrebbero essere sollevati dal morso della fame.
In quella casa si ama il lavoro. Lo si amerebbe anche se il denaro fosse abbondante, poiché nel lavoro l’uomo ubbidisce al comando di Dio e si libera dal vizio che come edera tenace stringe e soffoca gli oziosi, simili a massi immobili. Buono il cibo, sereno il riposo, contento il cuore quando uno ha ben lavorato e si gode il suo tempo di sosta fra un lavoro e l’altro. Non alligna, nella casa e nella mente di chi ama il lavoro, il vizio dalle molteplici facce. E, non allignando questo, prospera l’affetto, la stima, il rispetto reciproco, e crescono in una atmosfera pura i teneri virgulti, che divengono così origine di future famiglie sante.
In quella casa regna umiltà. Quanta lezione di umiltà per voi superbi! Maria avrebbe avuto, umanamente, mille e mille ragioni di insuperbirsi e di farsi adorare dal coniuge. Tante fra le donne lo fanno soltanto per essere un poco più colte, o di natale più nobile, o di borsa più ricca del marito. Maria è Sposa e Madre di Dio, eppure serve — non si fa servire — il coniuge, ed è tutta amore per lui. Giuseppe è il capo di casa, giudicato da Dio tanto degno d’esser un capo famiglia, da ricevere da Dio in custodia il Verbo incarnato e la Sposa dell’eterno Spirito. Eppure è sollecito ad alleviare a Maria fatiche e lavori, e le più umili occupazioni di una casa le fa lui perché Maria non si affatichi, non solo, ma come può, per quanto può, la ricrea e si industria a farle comoda la casa e lieto di fiori l’orticello.
In quella casa è rispettato l’ordine. Soprannaturale, morale, materiale. Dio è il Capo supremo e a Lui viene dato culto e amore: ordine soprannaturale. Giuseppe è il capo della famiglia e a lui viene dato affetto, rispetto e ubbidienza: ordine morale. La casa è un dono di Dio come le vesti e le suppellettili. In tutte le cose è la Provvidenza di Dio che si mostra, di quel Dio che provvede il vello alle pecore, la piuma agli uccelli, l’erba ai prati, il fieno agli animali, i granelli e le fronde ai volatili, e tesse la veste al giglio della convalle. La casa, le vesti, le suppellettili vanno accolte con gratitudine, benedicendo la mano divina che le fornisce e trattandole con rispetto come dono del Signore, senza guardarle con malumore perché povere, senza strapazzarle abusando della Provvidenza: ordine materiale.

Non hai compreso le parole scambiate nel dialetto di Nazaret, né le parole della preghiera. Ma le cose viste hanno dato una grande lezione. Meditatela, o voi tutti che ora tanto soffrite per aver mancato in tante cose verso Dio, e fra queste anche in quelle in cui non mancarono mai i santi Sposi che mi furono Madre e padre.
E tu bèati nel ricordo del piccolo Gesù, sorridi pensando ai suoi passetti di infante. Fra poco lo vedrai camminare sotto una croce. E sarà visione di pianto».

Valtorta - Evangelo 36.7 e \\
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