L'omelia di Padre Pablo e la sua lettera.

+ Ave Maria!
Cari fratelli, qui vi mando, a scoppio ritardato, l'omelia di domenica scorsa, che per alcune difficoltà non vi ho mandato prima e, nel frattempo, è stata sorpassata da quella di Tutti i Santi.
Dopo il mio precedente messaggio, che obbediva al desiderio di sapere che ricevete quanto vi invio e che siete vivi (ma io so che lo siete), ho ricevuto tanti vostri messaggi e anche chiamate per telefono che - parafrasando San Paolo (2 Corinzi, 7,5-11)- mi hanno confermato "il vostro desiderio, il vostro dolore, il vostro affetto per me; cosicché la mia gioia si è ancora accresciuta. Se anche vi ho rattristati con il mio messaggio, non me ne dispiace. E se me ne è dispiaciuto –vedo infatti che quel messaggio, anche se per breve tempo soltanto, vi ha rattristati– ora mi rallegro; non per la vostra tristezza, ma perché questa preoccupazione vi ha portato a ravvivare la vostra decisione. Ecco, infatti, quanta sollecitudine ha prodotto in voi proprio questo preoccuparvi secondo Dio..."
State dunque tranquilli, siete circa 200 indirizzi e.mail registrati nel Cuore di Gesù, siete la mia "parrocchia extraterritoriale", la mia eredità, il mio vanto, e fino a quando vorrà il Signore non mancherò di farvi arrivare la mia riflessione di ogni domenica, niente di speciale, come la do ai miei parrocchiani. "Non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo!" (1 Cor 9,16)
Con la benedizione di Gesù e Maria, nella Volontà Divina,
P. Pablo