warrengrubert
454
Dall’islam al cristianesimo: le conversioni di Ali Mehmet Mulla Zade, Mohammed Abd el-Jalil, Afif Osseiran ed il “mistero” del fascino cristiano, di Maurice Borrmans. www.gliscritti.it/blog/entry/2246Altro
Dall’islam al cristianesimo: le conversioni di Ali Mehmet Mulla Zade, Mohammed Abd el-Jalil, Afif Osseiran ed il “mistero” del fascino cristiano, di Maurice Borrmans.

www.gliscritti.it/blog/entry/2246

3/ Le storie della conversione di Ali Mehmet Mulla Zade e Mohammed Abd el-Jalil
In questi ultimi tempi ho voluto approfondire un po’ nel concreto alcune esperienze personali di persone che sono arrivate al cristianesimo provenendo dall’islam. Nel 1905 a Aix-en-Provence, in Francia, un turco, figlio di un medico di Creta,all’epoca ancora ottomana, fu mandato in Francia per fare studi di filosofia, divenendo discepolo di Maurice Blondel, il filosofo dell’Azione. Si chiamava Ali Mehmet Mulla Zade e, successivamente, chiese il battesimo, scegliendo il nome di San paolo: Paul. Divenuto poi prete nella diocesi di Aix-en-Provence, nel 1924, con la creazione del Pontificio Istituto di Studi orientali dei gesuiti, venne invitato da papa Pio XI a venire a Roma ad insegnare arabo, greco, turco e Islamistica, divenendo poi consigliere personale di Pio XII su questi temi fino alla sua morte.
Nel 1925 Louis Hubert Gonzalve Lyautey, governatore generale in Marocco, mandò a Parigi un gruppo di giovani studenti marocchini per fare studi superiori, perché auspicava un Marocco indipendente e voleva preparare i futuri ministri. Tra questi c’era Mohammed Abd el-Jalil. Mohammed si ritrovò a vivere a Parigi in una famiglia cattolica. All’inizio non volle studiare solo lingua e letteratura arabe, ma anche filosofia. Fu il primo musulmano iscritto alla facoltà di teologia dell’Istituto cattolico di Parigi. Lui volle prepararsi il più possibile per polemizzare con il cattolicesimo e poterlo criticare avendone gli strumenti.
Succederà il contrario: colui che lo seguiva gli consigliò di scrivere a monsignor Ali Mehmet Mulla Zade che viveva a Roma. Vi leggo alcuni passi delle loro prime due lettere. Ho pubblicato tutta la loro corrispondenza in un volume che è stupendo, per fortuna abbiamo potuto ritrovare tutte le lettere che i due si sono scambiati. Per me è un modo di vedere come due preti venuti dall’Islam hanno superato alcuni ostacoli originari per loro e tutti e due non hanno mai espresso la minima critica nei riguardi dell’islam della loro fanciullezza e della loro adolescenza. Per loro diventare cristiani è realizzare in pienezza quanto hanno imparato dall’islam spirituale della loro giovinezza. Vi leggo alcuni paragrafi della prima lettera di Mohammed Abd el-Jalil - non si chiama ancora Jean, come si chiamerà poi - del 1 ottobre 1927:
Prima del 30 gennaio di questo anno, pensavo che nessun musulmano avesse alcun motivo di cambiare religione, ma dopo questa data ho percorso molte tappe, mi sono impegnato nello studio della religione cattolica e nella lettura dei suoi testi sacri e poi mi sono ritrovato a perdere le mie convinzioni musulmane e a dare tutta la mia simpatia alla causa cattolica. Ecco cosa mi ha portato a cambiare atteggiamento, senza parlare dell’intervento sovrannaturale che credo di aver toccato con mano parecchie volte. L’autenticità dei Vangeli è la prima cosa che mi ha preoccupato. Ho fatto molte letture in proposito: Gratry, Mgr. Dogaud, P. de Grandmaison, Duplessy. Per me non si può più sostenere il loro tahrîf (falsificazione). Ma allora cosa pensare delle affermazioni coraniche e di quelle delle autorità più competenti del mondo musulmano? Cosa ne pensano i moderni? Le mie letture mi hanno condotto a una seconda conclusione, eccola: il Cristianesimo è superiore alla religione che praticavo io da due punti di vista che posso, credo, valutare con certezza: la morale e la santità del fondatore. Se quindi le cose stanno così, se viene ammessa l’esistenza di un Dio personale e del tutto perfetto, sembra impossibile che Egli abbia permesso un errore così bello come il cattolicesimo. Sarebbe contrario alla sua Saggezza, alla sua Bontà e alla sua Giustizia. Da parecchi mesi questo modo di pensare e di sentire mi ritorna sempre in mente e mi porta a sentirmi sempre di più vicino al cattolicesimo. Tuttavia non si tratta di una certezza, devo arrivare a dimostrarlo a me stesso e anche agli altri. Tale dimostrazione riuscirà ad attuarsi soltanto se riesco a credere all’Uomo-Dio.
Mohammed Abd el-Jalil scrive ancora:
La prima questione che mi preoccupa è quella dell’Uomo-Dio, o piuttosto di Dio. Come lei è passato dalla concezione musulmana di Dio alla concezione cristiana del Dio unico in tre Persone. Devo confessare subito che la Trinità non comporta alcun ostacolo per me, ma non posso dire che io ci credo.
La seconda questione che mi interessa è quella della missione di Mohammed. Sebbene non abbia più la mia preferenza, Mohammed mi sembra essere sincero, non lo si può accusare di essere un impostore o vittima di allucinazioni. Chi sarebbe Mohammed? Ci sarebbe un intervento divino nella sua missione? Qualcosa di quasi soprannaturale, come suggerisce uno dei miei maestri di Parigi?
(Qui si riferisce a Louis Massignon). Nella sua risposta Mulla-Zadé, il 15 ottobre 1927, scrive:
Come lei, giovane musulmano venuto a cercare in Europa scienza e diplomi, vi ho incontrato Dio; come lei ho scoperto l’altra Francia, quella degli universitari credenti, della gioventù cattolica, delle famiglie cristiane, dei santi; mi sono commosso leggendo gli scritti di Paolo e i Vangeli. Come lei ho provato il bisogno di una riforma morale e di un direttore spirituale. E prima che venissero meno le mie credenze musulmane e che si affermasse la mia decisione di entrare nella Chiesa, sono passato come lei su vette altissime tra due mondi o tra due abissi, per mesi di attesa e anche di angoscia […] Prima di scriverle ho voluto raccogliermi e pregare, leggere di nuovo la descrizione veritiera che lei mi ha fatto del suo stato d’animo e di spirito, capire le sue difficoltà e i suoi bisogni e meditare la mia risposta davanti a Dio […] Ciò che mi stupisce profondamente della sua lettera è che lo studio del Cristianesimo non è per lei una semplice questione di curiosità teorica, ma un problema morale, una questione di spirito in cui tutto il suo essere viene coinvolto. Il contatto con il cattolicesimo ha smosso ciò che di più puro, di più intatto era nel più profondo della sua anima, svegliando in lei il desiderio di una perfezione spirituale autentica […].
La purezza, la sublimità della legge di perfezione proclamata nel Discorso della montagna e il volto affascinante di colui che l’ha emesso e proposto prima di darne con la sua vita e la sua morte il commento incomparabile, sono in effetti i due motivi di credibilità che hanno sempre colpito le anime attente e di retta condotta, questi sono, infatti, due “motivi di credibilità” che hanno sempre colpito le anime attente alla verità e di retta condotta […].
Queste ulteriori meditazioni di Paul-Mehmet Mulla-Zadé per me sono stupende:
Lei deve anche aggiungere alla santità della Legge dell’amore e del suo Autore, la santità comunemente realizzata dai suoi fedeli, individui, famiglie e società. Lei ha certamente notato che il Cristianesimo non soltanto promulga dei precetti e propone dei consigli, ma dà anche i mezzi per compierli; senza dubbio la Chiesa è apparsa a lei in questo mondo come l’organizzazione sistematica e metodica della santificazione collettiva a disposizione di tutti, oppure come il focolare in cui si accende e si mantiene per l’umanità intera il fuoco dell’amore divino […]
Tutto questo mi fa considerare come problema secondario lo studio del carattere di Mohammed, della sua psicologia, del suo grado di sincerità e dell’idea che egli stesso si è fatta della sua missione.
E più avanti:
Oggi ancora non posso dirvi che sono arrivato in questi problemi così controversi tra scienziati, a una conclusione decisamente chiara e sicura.
E poi
Non mi sono mai rifiutato di accettare le ipotesi più favorevoli in tal proposito, non ammetto e non ho mai ammesso le concezioni sommarie che vedono in Mohammed un furbo ed un impostore,oppure un allucinato o un epilettico. Concezioni che testimoniano il marchio di pregiudizi volgari e pseudo-scientifici che ne sono all’origine. Mi è bastato allora e mi basta che la sua vita e la sua dottrina, anche così come sono ammesse dai suoi fedeli, non abbiano i caratteri di santità trascendenti che appaiono chiaramente nella vita e nella dottrina di Cristo per far sì che come dice lei non abbia il nostro consenso e la nostra adesione.
E allora ecco le ipotesi che Paul Méhémet ha meditato a lungo:
Che si parli in un senso che resta da determinare in comprensione e in estensione – di una “missione” che avrebbe ricevuto, che si presti attenzione agli elementi dottrinali, morali, cultuali, i quali dall’origine, e nel corso della storia dell’Islam sono stati per le innumerevoli anime musulmane, nell’invincibile ignoranza della verità religiosa totale, veicoli della grazia e della salvezza e talvolta per alcune anime prescelte da Dio, gli elementi di una vita di alta contemplazione e di carità eroica, e che si proponga per designare questa presenza e azione divina nelle anime che stanno al di fuori dell’appartenenza al corpo della Chiesa, delle espressioni come quelle di stato semi soprannaturale o che se ne cerchino altre più esatte - io non vi vedo a priori alcun inconveniente, anzi, al contrario, né dal punto di vista storico, né dal punto di vista cattolico.

La copertina del libro nel quale abbiamo raccolto la corrispondenza tra Jean-Mohammed Abd el-Jalil e Mulla-Zadé mostra una foto del battesimo di Jean-Mohammed, il sabato santo del 1928, con accanto Mons. Mulla-Zadé (Jean-Mohammed Abd-el-Jalil - Paul-Mehmet Mulla-Zadé, Deux frères en conversion du Coran à Jésus. Correspondance 1927-1957, rassemblée, introduite et annotée par Maurice Borrmans, Cerf, Paris, 2009). Il padrino è Louis Massignon e in un altro libro abbiamo raccolto la corrispondenza tra Jean-Mohammed Abd el-Jalil e Louis Massignonwww.gliscritti.it/blog/entry/2246.
Abbiamo due espressioni del percorso di un convertito venuto dall’Islam. Jean Mohammed non è mai diventato cittadino francese, a differenza di Mulla-Zadé.
4/ La storia della conversione di Afif Osseiran
C’è poi la storia di uno sciita libanese, Afif Osseiran, che apparteneva a una delle famiglie più conosciute - tanti membri della sua famiglia sono stati deputati o addirittura ministri a Beirut.
Ad un certo punto della sua vita Afif perde la fede musulmana, studia all’università americana filosofia, lettere arabe. Poi ha una conversione, cerca il mistero di Dio tramite filosofia, teologia, etc. e ritrova la fede musulmana diventando un musulmano praticante, ma continua a cercare fino a scoprire che il mistero del Dio musulmano non lo soddisfa.
Chiede il battesimo e ciò comporta la rottura con la sua famiglia, si accontenta di lavorare, lui, un intellettuale, come operaio. Consapevole delle sofferenze della sua famiglia va a inginocchiarsi davanti alla porta della casa dei suoi genitori, chiedendo perdono per il disonore inflitto alla sua famiglia, ma allo stesso tempo dice ai suoi che non può tradire la sua coscienza. Busserà alla porta dei Piccoli Fratelli di Gesù dai quali sarà accolto, farà il noviziato nel Sahara algerino, andrà a lavorare a Tabriz, in una casa per lebbrosi, farà studi di filosofia a Teheran e andrà anche in Afghanistan. Farà un dottorato di filosofia a Lovanio e tornerà in Libano e finalmente, su suggerimento dei Piccoli Fratelli, diventerà prete maronita.
Infatti è ordinato a Beirut e crea il Focolare della Provvidenza per la formazione professionale dei ragazzi più poveri musulmani e cristiani. Aveva intorno a sé una piccola comunità tutta di cristiani venuti dall’Islam, con preghiere speciali aggiunte alle preghiere comuni della messa cattolica, di espressione araba.
Un mio amico, Jacques Keryell, che ha lavorato molto con lui, ha raccolto i suoi scritti e raccontato la sua biografiawww.gliscritti.it/blog/entry/2246. Anche qui possiamo vedere cosa si può raccogliere delle confidenze di un prete che viene dall’Islam e che è rimasto nel suo Paese. Per lui il motivo ultimo e decisivo della credibilità del Cristianesimo è l’amore per i nemici. Ha delle pagine stupende su questo argomento.
5/ Uno sguardo sintetico sulle tre conversioni di Ali Mehmet Mulla Zade, Mohammed Abd el-Jalil e Afif Osseiran
Tutti questi autori ci fanno pensare. Vorrei leggere ancora con voi alcuni testi di Mulla-Zadé e Abd-el-Jalil.
Il 15 ottobre 1927 Mulla-Zadé scrive:
Non dimenticherò mai la gioia stupenda che ho provato nell’udire, un giorno del 1901, il mio professore di filosofia, Maurice Blondel, che divenne più tardi il mio padrino di battesimo, spiegare la dottrina cattolica sulla distinzione tra il “corpo” e l’“anima” della Chiesa e il mio sentimento di gratitudine e di affetto quasi filiale per una società che mi contava, anche se ero musulmano, tra i suoi figli, in quanto ritenuto lontano da essa per ignoranza o errore invincibile, non peccavo io contro la luce interiore che illumina ogni uomo che viene in questo mondo. E potevo capire allora che, se c’è un’“anima” della Chiesa, che abbraccia tante persone al di fuori, è perché c’è anche un corpo dove scorre la grazia di Cristo per raggiungere tutti. Si può anche pensare che le altre religioni testimoniano della verità della religione cristiana, grazie alle loro verità frammentarie e le loro efficienze limitate: paragonate ad essa non sono forse come lo schizzo paragonato al quadro del pittore? O il pallido riflesso alla luce piena? O la contraffazione all’originale, o la “figura” o l’ombra alla realtà?
Nel 1928, l’anno successivo, precisamente il 10 gennaio 1928 spiega:
Musulmano credevo nell’unicità di Dio, ma in un’unicità numerica, astratta, fredda, inerte. Cristiano credo ancora nell’unicità di Dio, ma una unicità personale, concreta, vivente, ricchezza di vita nel seno del Dio unico perché unicità cosciente, percepita, amata.
E alcuni giorni dopo aggiunge (18 gennaio 1928):
La religione musulmana mi è apparsa come una parte della verità religiosa capace di bastare per le anime di buona fede alle quali mancano le luci superiori, ma incapace di soddisfare i desideri delle anime dai fabbisogni intellettuali e spirituali superiori.
Mulla-Zadé rimane convinto della salvezza dei credenti di buona volontà, lo pensa anche dei membri della sua famiglia. E lo stesso per Mehemet Abd-el-Jalil, che ama suo padre due volte di più e non riesce a fargli capire quello che succede. Per fortuna suo fratello Omar che ogni anno si reca a Parigi per problemi politici, lo va a visitare perché l’amore fraterno ha superato l’abisso che separava ormai i due.
Mulla-Zadé dice di sua madre:
Con timore alle sue deficienze davanti alla giustizia del tre volte Santo, ed anche, con fiducia, alle sue ignoranze invincibili e alla sua fede retta vissuta con spontaneità e costanza.
Lui è riuscito dopo il battesimo a vivere sei mesi nella sua famiglia nell’isola di Creta, prima di tornare a Aix-en-Provence, nell’ambiguità delle sue scelte personali. Nessuno poneva le domande che avrebbero chiarito le cose. Lui ha una frase stupenda:
Ho voluto far conoscere ai miei la ricchezza del mio Cristianesimo nascosto tramite le virtù della perfezione naturale.
Ci fa molto riflettere.
Il padre Abd-el-Jalil scrive nel suo libro Aspects intérieurs de l’Islamwww.gliscritti.it/blog/entry/2246, che purtroppo non è stato tradotto in italiano, alcune espressioni che subito leggeremo.
Questi convertiti hanno tre caratteristiche comuni:
1. L’assenza di critiche nei confronti dell’Islam.
2. La solidarietà totale con i credenti nella loro religione di origine. Sono solidali al massimo e trovano tutte le ipotesi più favorevoli: l’anima della Chiesa, le verità limitate, ma positivamente interpretate.
3. L’intercessione per i loro familiari. Questi convertiti si fanno mediatori culturali e religiosi per far capire ai nuovi fratelli e le nuove sorelle cristiani, le ricchezze, certo limitate, dell’Islam.
Un vero convertito diventa un ponte di intercomprensione, una passerella di reciproca emulazione e solidarietà a tutti i livelli. Per me è un criterio di autenticità di un battesimo vissuto nello Spirito. Vi leggo allora due cose di padre Jean Mohamed Abd-el-Jalil.
Lui nella prefazione al suo libro Aspects intérieurs de l’Islam, parlando di se stesso dice:
L’autore, che pensa di conoscere abbastanza bene, dal di dentro, le due religioni, spera che un giorno gli saranno dati l’onore e la gioia di spiegare a lungo, in uno sguardo sintetico e vivo, i problemi che pongono le similitudini e differenze tra loro.

Purtroppo il tempo e la salute sono venuti a mancargli. Nonostante questo l’analisi dei suoi scritti permette di pensare che il suo discernimento teologico coerente con quello della Chiesa e quasi simile a quello di mons. Mulla-Zadé l’avvicina un po’ a quello di Louis Massignon, pur non accettandone le espressioni profetiche o poetiche, e soprattutto la sua ipotesi di una via parallela di salvezza, per la stirpe spirituale di Ismaele.
Lui è convinto che il Cristianesimo non è una religione come le altre, donde le sue difficoltà e la sua pura trascendenza, egli insiste sulla responsabilità dei cristiani nei riguardi dei valori religiosi diffusi nel mondo. E questo proprio perché depositari di questa trascendenza superiore.
Per padre Abd-el-Jalil l’Islam è la religione più universale dopo il Cristianesimo, nata dopo di lui e contestandolo nei suoi dogmi essenziali. Religione che gli sembra più vicina dell’ebraismo, dando a Gesù e Maria un posto dei più rilevanti e allo stesso tempo più lontana a causa del suo rifiuto intransigente dei misteri cristiani. Gli riconosce il suo culto per la trascendenza e la sua paura per Dio. È una frase che ho trovato tante volte nelle lettere di Abd-el-Jalil, il musulmano ha paura di Dio. Come George Anawati, Louis Gardet e altri, padre Abd-el-Jalil ha pensato che i tempi non erano maturi per tentare una teologia cattolica dell’Islam come religione. Vi leggo allora una parabola che lui ci ha dato in una lettera del 4 gennaio 1979 e indirizzata a Louis Gardet
Raccontava che suo fratello Omar era venuto a trovarlo e avevano discusso per tre ore tra di loro sul mistero di Dio.
Tre ore di conversazione su Dio e sul suo Regno tra gli uomini. Conclusione di mio fratello Omar: sono felice di constatare che non hai rinunciato alla ragione per credere ai misteri cristiani, malgrado ciò tra di noi c’è un muro. Io allora gli ho ricordato i muri che circondano i giardini della nostra città, Fes, costruiti per far sì che le donne fossero libere da entrambi i lati di togliersi il velo e stare all’aria aperta senza essere viste e ho avuto l’ispirazione di aggiungere che questi muri non impedivano al profumo delle rose da entrambe le parti di incontrarsi più in altoal di sopra dei muri.
Il cardinal Journet voleva che trasformassi questo racconto in un articolo per la rivista
Nova et vetera, ma era impossibile nei confronti di mio fratello. Comunque padre Henry de Lubac lo ha trovato teologicamente esatto.
La conclusione è una frase stupenda:
chiunque faccia la volontà di Dio, così come la conosce, e si applichi per meglio conoscerla è una rosa dal profumo meraviglioso che se ne va oltre tutti i muri ad incontrare un altro profumo che origina anch’esso dalla fedeltà al dono e all’esigenza di Dio così come vengono percepiti.
Io la chiamo la parabola dei profumi delle rose che si incontrano al di là dei muri di separazione e noi uomini ne stiamo costruendo ancora tanti in alcuni Paesi.
Tornando alla Francia, dopo aver permesso ai nostri tre testimoni di parlarci, vorrei insistere su questo fatto. Massignon e tanti altri hanno una conoscenza approfondita di quanto dice il Corano su Gesù e Maria e non mancano libri in proposito. Lo stesso padre Abd-el-Jalil ha scritto un libro dal titolo Maria e l’Islamwww.gliscritti.it/blog/entry/2246. Io ho pubblicato diversi anni fa un libro dal titolo Gesù Cristo e i musulmani del XX secolowww.gliscritti.it/blog/entry/2246. La tradizione musulmana ha attribuito a Gesù non dico degli hadits, perché questi appartengono solo a Maometto, ma dei detti. Gesù è un maestro di spiritualità. Tarif Khalidi, storico,Islamista e arabista palestinese che attualmente ricopre la cattedra di Arabistica e Islamistica nell'Università americana di Beirut, ha scritto un libro dal titolo The Muslim Jesuswww.gliscritti.it/blog/entry/2246, poi tradotto in francese (Un musulman nommé Jésus), che è una raccolta di questi detti attribuiti a Gesù dalla tradizione musulmana, che possono essere per noi l’anticamera di un approfondimento.