«Il Regno di Dio è dentro di te e tutto intorno a te, non in templi di legno e pietra»

Essendo il cristiano, come insegna san Paolo, Tempio dello Spirito Santo, in stato di grazia, possiamo fare in noi stessi adorazione allo Spirito Santo? La risposta è senza dubbio "si"; infatti la Sacra Scrittura dice: “Non vi sgomentate di loro (quelli che vogliono farvi del male), né vi turbate, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori” (1 Pt 3,14-15).
Gesù nel Vangelo di Giovanni, parlando con la samaritana, dice: “Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità” (Gv 4,24).
Poco prima aveva detto: “Ma viene l'ora - ed è questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano” (Gv 4,23).
Adorare Dio o adorare lo Spirito Santo (che è la stessa cosa) nella nostra anima in grazia e adorarlo nelle anime del nostro prossimo è l’esperienza più bella e più alta che si possa fare in questo mondo.
È l’esperienza tipica dei contemplativi e dei santi.
San Tommaso afferma che questa esperienza porta “a fruire della stessa Persona divina” (Somma teologica, I, 43, 1, ad 1).
È quanto dire che l’anima in grazia possiede la Persona stessa dello Spirito Santo, anzi della Trinità adorabile, e gode della sua presenza e dei suoi servizi.
E dice anche che questa è l’imperfetta incoazione (imperfetto inizio) della futura beatitudine che sperimentano i santi già in questa vita” (Somma teologica, II-II, 59, 2).
L’incoazione o l’inizio perfetto si ha solo in Paradiso.

Tuttavia questa adorazione - che è pur doverosa e molto bella - è solo spirituale.
Infatti “come dice il Damasceno, "essendo noi composti di due nature, intellettiva e sensitiva, dobbiamo offrire a Dio una duplice adorazione":
quella spirituale, che consiste nell'interna devozione dell'anima;
e quella corporale, che consiste nell'esterna umiliazione del corpo.
E poiché in tutti gli atti di religione ciò che è esterno si riallaccia al sentimento interno come all'elemento principale, così anche l'adorazione esterna viene fatta in funzione di quella interiore: in modo che i segni esterni di umiltà siano fatti per stimolare il nostro affetto a sottomettersi a Dio, essendo connaturale a noi raggiungere le cose intelligibili attraverso quelle sensibili” (Somma teologica, II-II, 84, 2).
L’adorazione esterna - che è quella che noi comunemente chiamiamo adorazione - richiede un posto ben determinato. Anzi richiede anche il segno sensibile.
Dice ancora san Tommaso: “La scelta di un luogo determinato per adorare non viene fatta per Dio, come se egli fosse racchiuso là dentro, ma per quelli che lo adorano.
E questo per tre motivi.
Primo, per la consacrazione del luogo, che fa concepire agli oranti la devozione spirituale, per cui più facilmente vengono esauditi: come è evidente nell’adorazione di Salomone (1 Re 8).
Secondo, per i misteri sacri e per gli altri segni di santità che là sono contenuti.
Terzo, per il concorso di molti adoratori, che rende la preghiera più degna di essere esaudita. Poiché nel Vangelo si legge: "Dove sono due o tre riuniti nel mio nome io sono là in mezzo a loro" (Mt 18,20)” (Somma teologica, II-II, 84, 3, ad 2).
Però “la determinazione di luogo non è richiesta all'adorazione come elemento principale e necessario: ma come un elemento di convenienza, cioè al pari degli altri segni corporei” (Somma teologica, II-II, 84, 3).
Sicché se può essere impedita l’adorazione corporea, a nessuno - neanche se viene messo in prigione- può esser impedita quella spirituale.
Infatti “l'adorazione esterna può essere fatta in spirito, in quanto deriva dalla devozione spirituale, e ad essa è ordinata” (Somma teologica, II-II, 84, 2, ad 1).

ISTRUZIONE CATTOLICA