Francesco I
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PERCHÈ SALVINI SULL’EMIGRAZIONE HA CONVINTO GLI ITALIANI E I CATTOLICI CHE PREFERISCONO LUI A BERGOGLIO - Lo Straniero

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È accaduto qualcosa di eccezionale sotto i nostri occhi e non ce ne siamo resi conto. Per anni, fino a poco tempo fa, sono sbarcati sulle nostre coste a centinaia migliaia.

Un assalto massiccio e incontrollato che – prima di tutto – decretava la fine dello Stato italiano per la sua incapacità di proteggere i propri confini. Erano immigrati irregolari.

E tutti – ministri, giornalisti, intellettuali, papa e organismi internazionali – ci ripetevano: non ci si può far niente, bisogna subire, accoglierli e ospitarli a spese degli italiani (circa 5 miliardi all’anno) perché è un fenomeno epocale, inevitabile, sarebbe come pretendere di fermare il vento con le mani.

Sono bastate poche settimane di “cura Salvini” e tutto si è fermato: da 164 mila del 2016 (e 119 mila del 2017) siamo ai 22 mila del 2018 (sullo stesso periodo). Il famoso “fenomeno epocale”, che nessuno al mondo poteva bloccare, è finito.
C’è voluto semplicemente un ministro dell’Interno che dicesse: “ora basta”. Con la fine degli sbarchi non si sente più parlare neanche delle stragi in mare. Forse perché fermando le partenze anche i naufragi sono scongiurati? E perché allora nessuno degli umanitari e delle magliette rosse lo riconosce?
I fatti parlano chiaro per la gente comune che oggi si rende conto quanto per anni ci hanno raccontato un sacco di panzane, facendo entrare in sei anni circa 600 mila persone senza far nulla per proteggere i confini, per proteggere noi e i migranti stessi.
Ecco come si spiega il clamoroso sondaggio Demos uscito ieri su “Repubblica”.
È stato chiesto agli italiani cosa è meglio fare con le navi di migranti che puntano sulle coste italiane.

Nel gennaio 2017 il 49 per cento rispondeva “accoglienza” e oggi è sceso al 40 per cento. Invece l’anno scorso il 44 per cento degli italiani chiedeva respingimenti e ora è il 52 per cento a chiederlo.
Gli italiani sono diventati xenofobi? Nient’affatto. Sono semplicemente persone di buon senso che hanno capito come si mette fine al caos, facendo il bene degli italiani, dei migranti e dei loro paesi d’origine.

Oltretutto “Repubblica” lamenta che “la richiesta di tenere lontani gli stranieri dai nostri porti e dal nostro Paese risuona particolarmente forte fra gli operai (il 62%), ma soprattutto fra i disoccupati (oltre il 70%)”, come pure “fra i lavoratori autonomi” che sono anch’essi “fra i più esposti alla crisi”.
Mentre gli illuminati, benestanti e progressisti che leggono “Repubblica”, sono di sinistra e abitano nei quartieri bene, vorrebbero spalancare le frontiere a migliaia di migranti (da rifilare poi alle periferie dove lorsignori non mettono piede).
La politica salviniana di questi mesi ha cambiato le opinioni degli italiani. Perché ora è chiaro che si poteva fare prima e per almeno cinque anni non lo si è fatto, lasciando il paese alla mercé di un’emigrazione incontrollata con tutte le gravi conseguenze che ha comportato (non solo per i costi, ma anche per l’ordine pubblico).
Salvini, forte di questo successo, si può permettere perfino di dar lezioni alla sinistra sulle questioni umanitarie.

L’altro ieri infatti, con un tweet, esultava per i “44 rifugiati arrivati sani e salvi in Italia grazie a un corridoio umanitario. Chi scappa dalla guerra è il benvenuto, il problema sono quelli che la guerra ce l’hanno portata. Secondo voi a sinistra, dopo tanti anni di insulti a me e alla Lega, lo capiranno? Sono pessimista!”.
Anche sul tema della cittadinanza gli italiani mostrano di essere in gran parte d’accordo con la Lega. Ricordiamo che – sebbene l’Italia sia il Paese europeo che negli ultimi anni ha concesso il maggior numero di “sì” alle richieste di cittadinanza – la Sinistra e la chiesa bergogliana insistono con l’idea dello Ius soli per allargare le maglie a dismisura.
Un altro importante sondaggio di questi giorni ci mostra invece l’idea degli italiani rispetto alla “cittadinanza facile” e “regalata”.
Lo ha realizzato il centro di ricerca americano Pew Research con uno studio complesso: “Be Christian in Western Europe”. Quanti sono gli italiani (ripartiti per convinzioni religiose) secondo cui “è molto importante avere background italiano per essere davvero italiano”?

Affermano che è molto importante l’81 per cento dei cristiani praticanti, il 71 per cento dei cristiani non praticanti e il 71 per cento di coloro che si dichiarano non religiosi.

In questo caso si evidenzia anzitutto la diffidenza degli italiani sulla possibilità di assimilazione e integrazione dei migranti musulmani.
Da questo sondaggio emerge che sono soprattutto i cristiani praticanti ad essere meno disposti all’accoglienza verso i migranti musulmani (il 63 per cento dei praticanti italiani ritiene l’Islam in antitesi ai valori occidentali, mentre è il 51 fra i non praticanti e il 29 per cento fra i non religiosi).
La convinzione che sia “molto importante avere background italiano per essere davvero italiano”, largamente maggioritaria, come abbiamo visto, colloca gli italiani al secondo posto europeo, subito dopo i portoghesi, in questa sensibilità identitaria (poi viene l’Irlanda).
Ma in tutti i paesi d’Europa sono i cristiani praticanti coloro che hanno maggiormente questa convinzione “patriottica”.

È un dato che mostra anche lo scollamento radicale fra i credenti e le posizioni di papa Bergoglio. Il popolo cattolico è in sintonia con l’insegnamento di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI sulle radici cristiane dei nostri Paesi e della nostra civiltà.

Sconfitta, in queste rilevazioni, è proprio l’ideologia incarnata da Bergoglio e dalla sinistra. Bergoglio in questi anni ha tuonato di continuo contro coloro che costruiscono muri. Secondo lui dovremmo abbattere le frontiere e offrirci allo sbarco massiccio di migranti per avere un futuro radioso.

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Ma un grande studioso, David Frye, docente di Storia medievale alla Eastern Connecticut State University, nel libro “Walls” (Simon and Schuster) ha dimostrato l’esatto opposto, ovvero l’importanza dei “muri”. Non il Muro di Berlino che era una prigione per il proprio popolo. Ma i muri di difesa dall’esterno.

“Nessuna invenzione della storia” scrive Frye “ha avuto un ruolo più importante nel creare e plasmare la civiltà” dei muri. Infatti “senza muri, non ci sarebbe mai stato un Ovidio e lo stesso può essere detto per gli studiosi cinesi, i matematici babilonesi o i filosofi greci”.

Del resto – aggiunge Frye – “l’impatto dei muri non era limitato alle prime fasi della civiltà. La costruzione del muro si è protratta per gran parte della storia, culminando spettacolarmente durante un periodo di mille anni in cui tre grandi imperi eressero barriere che fecero le divisioni geopolitiche del Vecchio mondo. Il crollo di quelle mura avrebbe influenzato il mondo profondamente quasi quanto la loro creazione (…). Civiltà e muri sembrano essere andati di pari passo”.
Lo dimostra oggi il caso di Israele: protette dai muri sicurezza e civiltà prosperano. Abbattere i muri è la loro fine.
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Antonio Socci
Da “Libero”, 11 novembre 2018