signummagnum
1949

Breve ed efficace spiegazione dei 7 vizi capitali: LA SUPERBIA, il vizio che rende gli uomini immagini e somiglianze di satana!...

LA SUPERBIA
“Perchè si insuperbisce
chi è polvere e cenere?
Anche da vivo
le sue viscere
sono ripugnanti”
(Sir 10,9)


La superbia (1) è il cercare la propria eccellenza per innalzarsi indebitamente sopra gli altri e per sottrarsi completamente a Dio.

Il male non sta nel cercare la propria eccellenza, ma nel cercarla fuori di misura e con mezzi illeciti. Non può dirsi superbo lo studente sol perchè mira alla promozione e alla bella votazione; il commerciante sol perchè cerca maggior clientela e miglior guadagno; il professore che trasfonde nell’insegnamento la scienza imparata; il medico che sostiene la propria diagnosi; l’autore che diffonde le sue composizioni; il calunniato che difende il suo onore; il coraggioso che si oppone all’ingiusta autorità per rimanere fedele alla Fede e alla Verità.

C’è una precisa dignità personale da salvaguardare doverosamente per il rispetto dovuto a se stesso prima , che agli altri secondo la raccomandazione della Bibbia: “Abbi cura del tuo buon nome, questo infatti ti varrà più : che mille tesori d’oro” (Sir 41,12), e per non cadere in un altro vizio egualmente condannabile, nella pusillanimità, di cui è esempio quel servo del Vangelo che sotterrò il talento ricevuto e fu punito dal padrone (Mt 25,14). È lecito pertanto stimare il bene che Dio ha messo in noi, sempre però riconoscendo Lui come Datore di tutti i beni; e anche desiderare che gli altri stimino questo nostro bene perché rendano a Dio la dovuta gloria e perché sia accresciuta la possibilità di fare del bene.

È permesso procurarsi la stima del prossimo in quanto è conveniente al proprio rango e utile ai buoni rapporti che si devono tenere con gli altri. È legittimo l’amore per se stesso e lo sforzo di elevarsi per diventare migliore e più utile. Ma si esagera nell’apprezzarsi e cercare di emergere, e quindi si pecca, quando si violano i diritti di Dio e i diritti del prossimo. Ciò può accadere in campo spirituale, intellettuale, materiale, sociale; e attraverso gradi, che vanno da minore a maggiore gravità.
Meno maliziosa può essere considerata la superbia di coloro che si preferiscono agli altri o addirittura li di- I sprezzano ritenendoli inferiori e spregevoli. È la forma di superbia più frequente e più estesa che si pasce di illusione, ignoranza, incoscienza, leggerezza, egoismo e malanimo contro Dio, come se Egli non avesse comandato di stimare, anzi amare tutti e come se avesse lasciato qualcuno senza pregi di natura, di fortuna o di Grazia (2).

Più maliziosa è la superbia di quelli che, non considerando i propri limiti e difetti, si attribuiscono doti che non hanno o ingrandiscono quelle che posseggono, pretendendo che gli altri gliele riconoscano. Costoro peccano di malafede, inganno, falsità, frode contro il prossimo e cattiveria contro Dio che accusano di non essere stato generoso nel dare a loro, anzi di aver fatto una ingiusti:ia non dando ad essi quelle qualità che fingono di avere (3).

Ancora più maliziosa è la superbia di chi ritiene dovuto alla propria capacità e ai propri meriti ciò che invece ha ricevuto da Dio come dono. È come se dicesse: “Dio mi ha dato la natura, ma sono stato io a svilupparla senza di Lui e me la godo tutta da solo. lo faccio onore alla natura e Lui non deve averla a male se io mi sono affermato senza il suo concorso”. Stridono in questa maligni- . tà l’ingratitudine contro Dio, la pretesa di fare da sé, un senso di sfida agli avvenimenti come se il superbo potesse dominarli, un sentimento di cinismo degno del pagano I Diogene (4).

Maliziosissima infine è la superbia di colui che si compiace delle proprie qualità come se ne fosse l’autore e pretende di essere dio e quindi servito e osannato da tutti, non dovendo nulla ad alcuno e avendo tutto da se stesso. È una forma di superbia rara a trovarsi nella storia degli uomini, ma non per questo meno stolta e meno mostruosa. È propria degli atei, dei superuomini, dei pazzi, dei tiranni. Costoro se la prendono direttamente con Dio e si mettono al posto Suo, convinti di non esserci mai stato un Dio prima di loro (5).

Come poi si comporti il superbo in pensieri, sentimenti, desideri, parole, azioni, atteggiamenti, costume, non bastano pochi tratti a dirlo. Egli stima soprattutto, se non soltanto, se stesso; non ha tempo né modo di lodare gli altri per timore di essere avvilito dal loro valore, anzi degli altri parla male; si crede importante; è certo di non ingannarsi nel giudicare e non crede perciò a chi vorrebbe persuaderlo del contrario; cerca l’onore in persone o cose che non meritano neppure stima o almeno non quanta egli pensa; se è costretto a riconoscersi un difetto, si scusa subito addossando la colpa agli altri.

Tratta le cose serie con leggerezza e le cose leggere con serietà; accetta facilmente il falso che lo accarezza; ama essere lodato proprio in ciò che di lui è meno o per nulla apprezzabile; dispensa consigli e sentenze anche a chi non glieli ha chiesti; si esalta sentendosi lodare.

Parla spesso di sé e di ciò che gli ridonda a lode per farsì stimare sempre di più; afferra o inventa tutte le occasioni per mettersi in mostra; è disposto anche a perdere purché si parli di lui; si vanta pure dei mali sofferti.

Si impegna facilmente in uffici superiori alle sue capacità; promette e non mantiene; è convinto di sapere bene quello che· invece conosce appena; crede di potere più di quanto vale; non prega Dio perché non ne vede il bisogno; non chiede consiglio agli altri perché li ritiene inferiori e incapaci; non ha paura degli ostacoli; non prende precauzioni; si giudica indispensabile.

Vuol essere superiore a quanti lo circondano; vuol comandare, non importa se all’aperto o al chiuso, se a moltissimi o a pochissimi; sollecita onori non dovutigli e usa mezzi illeciti per avere quelli che gli fossero dovuti; genuflette anche dinanzi all’ingiustizia purché questa lo porti in alto; accetta come favori anche le umiliazioni a patto che queste gli permettano di prevalere poi; per raggiungere uno scopo si mostra quale un altro lo vuole, anche a costo di degradarsi lì per lì; si abbassa temporaneamente con la speranza di rialzarsi più in su.

Vuol essere l’eccezione in mezzo alla regola generale; si compiace fare diversamente da quello che gli altri fanno; preferisce contrastare anche nei particolari più insignificanti.

Si offende facilmente al minimo sospetto; non accetta per buono neanche uno scherzo a lui contrario; si adombra anche se uno solo non lo rispetta; vede un torto ricevuto in quello che è una semplice contrarietà accadutagli; valuta come mancanze e colpe degli altri quelle che sono appena distrazioni e negligenze; si indispettisce quando non riceve i riconoscimenti che si aspetta; fa l’offeso anche con Dio ritenendo immeritate le croci che riceve; non compatisce e non perdona il torto subito ma lo pensa e ripensa per vendicarsi.

Non va per il sottile quando vuole offendere qualcuno; si compiace di gesti rumorosi e di parole altisonanti; sente ira per la superbia o anche per l’onesta superiorità degli altri; non sopporta di essere umiliato o semplicemente mortificato; detesta la verità che lo punge; rimprovera chi commette errori per dimostrare che egli non li commette; vuol dire lui l’ultima parola su tutto.

Ostenta una virtù che non ha per nascondere un vizio che ha; mentisce mentre si professa sincero; cambia atteggiamento secondo l’interesse senza ritegno di esse· re smascherato; quando è visto, compie l’opera buona per farsela accreditare, ma non la compie quando non è visto; se talvolta serve qualcuno, è per interesse.
Quanti peccati nel superbo! Vi si riconoscono chiaramente la vanagloria, la vanità, la millanteria, la presunzione, l’ambizione, la singolarità, la permalosità, l’ostinazione, la prepotenza, l’ostentazione, la disobbedienza, il disprezzo per gli altri, lo spirito di rissa, l’egoismo, l’ipocrisia (6).

E quanta malizia! La malizia del disprezzo, e disprezzo contro Dio. Tanto più grave la malizia, quanto più grave il disprezzo. Malizia di diavolo, e dell’uomo fattosi simile al diavolo. Malizia di pensiero e di volontà: di pensiero perché si arroga beni che non ha e attribuisce al proprio merito i beni che invece ha ricevuti in dono; di volontà perché mira intenzionalmente a sopravvalutare il proprio essere reale e a diventare “quello che per natura non può diventare. È la malizia più maliziosa. Parrebbe impossibile che l’uomo potesse arrivare a tanta aberrazione. Sarebbe incredibile se non ci fosse l’esperienza più convincente.

Sembra una la superbia, ed è molteplice; pare di un sol colore ed è invece di tutti i colori. Non pochi moralisti vorrebbero metterla al di sopra dei vizi capitali e al di fuori del loro elenco, come madre di tutti i vizi, peccato “capitalissimo”, principio e termine di ogni colpevolezza.

Non è facile capire tutta la malizia della superbia, è più difficile conoscerla che combatterla, è difficilissimo misurare sino in fondo la sua gravità.

La superbia si oppone direttamente a Dio, cioè non a un suo comandamento o a una sua opera, ma a Lui stesso. Gli altri vizi si commettono ordinariamente per debolezza o passione o seduzione del mondo o godimento di qualche bene; la superbia invece si commette per la sola malizia. Gli altri vizi, per così dire, fuggono da Dio; soltanto la superbia lo affronta e lo combatte, anzi ne usurpa i diritti e Gli nega la gloria dovutagli attribuendo a se stessa ciò che invece appartiene a Lui solo. Gli altri vizi danno compimento alloro male separandosi da Dio; la superbia al contrario comincia il suo male separandosi da Dio. Gli altri vizi si nascondono, quasi vergognandosi della cattiveria che operano; all’opposto la superbia si fa sempre vedere, qualunque cattiveria operi.

Gli altri vizi possono dirsi semplicemente umani; la superbiajnvece è diabolica, anzi è l’essenza stessa del peccato, a tal punto che la colpevolezza di ogni peccato si misura dalla quantità di superbia che lo ispira; è la radice degli altri vizi capitali, per es. “brilla nel sorriso dell’invidia, splende nella licenza della lussuria, conta l’oro dell’avarizia, scintilla negli occhi dell’ira” (Chateaubriand). Dalla superbia ci si corregge difficilmente, tanto essa è sottile, variopinta, resistente.

Sant’ Alfonso Rodriguez la sentiva fin sul letto d’agonia, San Francesco di Sales la dice destinata a morire un quarto d’ora dopo di noi. Anche quando la si depreca e maledice, se ne resta contagiati per l’intima, segreta compiacenza di saperla deprecare e maledire. Paul Claudel ritiene: “È più facile rinunziare alla propria gioia che alla propria superbia”.

Non possono essere pertanto che rovinosi i danni provocati da tanta gravità. Gli altri vizi combattono quelle sole virtù alle quali si oppongono: per es. l’ira si oppone alla sola mansuetudine, la gola alla sobrietà, la lussuria alla castità, ma la superbia combatte tutte le virtù, traendo cattivo alimento persino dalle opere buone, anzi – afferma Chesterton – “è un veleno così mor,tale che non solo avvelena le virtù ma anche gli altri vizi”.

La superbia contamina tutti: dotti e ignoranti, cattivi e buoni, ricchi e poveri, padroni e operai, ragazzi e adulti, tanto essa si presenta seducente come una virtù. Ci si vergogna di ubriacarsi o di rubare, ma non di mettere in evidenza la propria superiorità.

La superbia scompiglia la società, essendo un vizio di sua natura antisociale e trovandosi inevitabilmente all’origine della lotta di classe che divide e tormenta gli uomini. Essa genera rivalità, odi, calunnie, vendette, guerre. “La superbia ci divide anche più dell’interesse” (A. Compte) (7).

È logico pertanto che questo vizio attiri i castighi di Dio, anzi essi sono più frequenti di quelli meritati dagli altri vizi, oltre che castighi severi e tante volte immediati. Dio ha detto: “Piomberò sopra i superbi per colpirli” (Is. 2,12), “Nel mio furore disperderò e confonderò i superbi” (Gb. 9,6) “lo detesto l’arroganza e la superbia” (Prov. 8,13), “Tu che abiti nei crepacci delle rocce e risiedi in alti luoghi, dici in cuor tuo: Chi potrà farmi crollare a terra? Anche se tu fossi salito in alto come l’aquila e avessi posto il tuo nido tra le stelle, io di lassù ti farò discendere” (Abd. 3,4).

Alcune punizioni sembrano caratteristiche del primo vizio capitale. Dio, mentre infligge agli altri vizi una pena generale, suole invece infliggere alla superbia la pena particolare, quella che le è più opposta e quindi più sensibile.

Castigo della superbia è l’inquietudine nel corpo e nell’anima. Per assecondare la sua passione il superbo mette in agitazione il sistema nervoso, sottopone il cuore a un lavoro troppo intenso, altera le funzioni dell’organismo, ha il polso accelerato, mantiene il volto abitualmente crucciato, si rende difficile la digestione (8). Ma egli è inquieto soprattutto nell’anima. Difatti non gode neppure quel bene che potrebbe godere perché lo fa patire ciò che gli manca; sente come tolto a sé quello che si dà agli altri; si espone inevitabilmente, e inutilmente, a delusioni, critiche, scherni, antipatie; non riesce a soffocare del tutto il rimorso della coscienza; soffre tutto e tutti perché non è mai soddisfatto; è insaziabile di ambizione sino all’ingenuità; è fondamentalmente malinconico (9).

In verità. tutte le passioni ammettono talvolta un po’ di tregua, ma la superbia tormenta continuamente. Negli altri vizi si prova qualche piacere, benché basso e immagi nato, ma nella pretensiosa superbia si comincia a sentire qualcosa che somiglia alla disperazione dell’inferno.

Castigo della superbia è l’umiliazione. Il superbo era certo di edificare, e invece deve accorgersi che ha distrutto; vede il mezzo stesso con il quale si era indebitamente innalzato, trasformarsi in occasione di caduta e di vergogna; si sente abbattuto dalla stessa forza che prima lo aveva esaltato; credeva di avere giocato tutti e al contrario è rimasto giocato lui; deve fare adesso con disonore quello che una volta non voleva fare per superbia; credeva di abbracciare la vittoria ed ecco che ha stretto tra le braccia la sconfitta; aveva lavorato lungamente per salire ed ora scende di colpo, più vistosamente era salito, più rovinosamente cade (10). Ha ragione Beachêne: “Più parliamo dei nostri meriti, meno gli altri ci credono”.

E con il fallimento, tante volte anche la beffa! lnsomma la superbia finisce con 1′essere non solo sterile e maledetta ma anche derisa. “Dal sublime al ridicolo non c’è che un passo” (proverbio). Ridicolo ben amaro se si pensa che, innegabilmente, la superbia spinge a progetti coraggiosi, a imprese rischiose, a impegni grandi (11). Castigo della superbia è la solitudine. Difatti il superbo non è cercato da nessuno come amico e compagno, al massimo è sopportato da chi gli deve stare vicino. Egli dimostra nel suo contegno qualcosa che ripugna, allontana e respinge; fa capire che non ama nessuno e gli altri non amano lui; anche quando cerca benevolenza, non la trova; anche quando vorrebbe nascondere i suoi sentimenti per non urtare la suscettibilità del prossimo, non ci riesce; è schivato perché pensato non solo inevitabilmente nemico ma anche contagioso del mal di superbia, dal quale ogni benpensante si sforza di stare lontano (12).

Castigo della superbia è la lussuria. Il superbo si esalta credendosi più che uomo, virtuoso, spirituale; ma, per inesorabile contrappeso, la carne lo trascina al basso, sempre più giù, rendendo lo animalesco, con la dimostrazione più convincente. Dio umilia nella carne quelli che si esaltano nello spirito. La superbia è la lussuria dello spirito e la lussuria è la superbia della carne. Come “l’umile è casto quasi senza sforzo” (A. Vermeersch), così il superbo è lussurioso con tutta facilità (13).

Si potrebbero citare altri castighi caratteristici del primo vizio capitale, ma pare sufficiente riassumerli tutti in questo pensiero: il castigo della superbia è la superbia stessa. Difatti quando Dio castiga un superbo, non fa altro che abbandonarlo alla superbia; anzi, precisa s. Agostino, quando Dio permette al superbo di compiere i suoi disegni, gli permette di scavarsi la fossa. San Francesco di Sales arrivò a dire: “Meglio tutti gli altri vizi, ma non la superbia!”

Il rimedio a tanto male esiste ed è l’umiltà. Essa insegna a non parlare di sé né in bene né in male, a non vantare i propri meriti, a non compiacersi delle lodi, a non abbattersi per gli insuccessi, a non disprezzare nessuno, a riconoscere i propri torti, ad accettare le critiche, a ricordarsi sempre d’essere peccatore, ad accogliere le umiliazioni, a obbedire all’autorità, ad attribuire tutto il bene a Dio e a fare tutto per Lui. Essa insegna l’unica vera grandezza possibile all’uomo dinanzi a Dio e dinanzi alla storia, essendo in essa “grande abilità” (S. Tommaso), “qualcosa che esalta stranamente il cuore” (S. Agostino), “l’arma più potente per vincere il demonio perché, non sapendola egli per nulla adoperare, non sa neppure difendersi da essa” (S. Vincenzo de’ Paoli).

L’umiltà è la prima virtù, non per eccellenza ma per fondamento, è nel mezzo di ciascuna delle altre virtù, al punto da far apparire le altre virtù come diverse forme della medesima umiltà, tanto essa le precede, le accompagna e le segue: ad esempio, la Fede è l’umiltà della ragiol’umiltà della gola. Come i gioielli si custodiscono meglio ne, la castità è l’umiltà della carne, la temperanza è l’umiltà della gola. Come i gioielli si custodiscono meglio nella cassaforte, così tutte le virtù si conservano meglio nello scrigno dell’umiltà.

Questa è necessaria a tutti, ai grandi come ai piccoli, secondo la raccomandazione della Sacra Scrittura: “Quanto più sei grande, tanto più sta’ umile” (Sir. 3,18). Non acquista le altre virtù chi non cerca di acquistare l’umiltà, anzi le impedisce e le disperde fin dal loro prima apparire. San Bernardo dà per certo questo: “Un carro carico di peccati tirato dall’umiltà conduce al cielo; un carro carico di buone opere tirato dalla superbia conduce all’inferno”.
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1) Non è inutile precisare il significato di due termini usati spesso come sinonimi di superbia: “Orgoglio” è talvolta più che superbia: la superbia si gonfia di quello che è e tende in alto, l’ orgoglio è tanto pieno di sé che si contenta dell’esser suo e non sa vedere più in là… L’amor proprio non è più che un puntiglioso desiderio, il più delle volte giustificato, dell’approvazione altrui per i propri atti, del riconoscimento dei propri meriti” (G. CESANA, La parola giusta al momento giusto, De Vecchi, Milano 1967, pp. 500-501).
2) Paracelso iniziò la sua scuola a Basilea con queste parole: “Sappiatelo subito medici. Il mio berretto è infinitamente più dotto di tutti voi messi insieme e la mia barba ha più esperienza di tutte le vostre cliniche e accademie. lo sarò il vostro re. Voi mi seguirete e pulirete i miei fornelli”.
3) Una soprano che si piccava di essere scrittrice, mandò la propria fotografia a Giovanni Papini firmandosi scrittrice, e Papini le spedì in ironico contraccambiò la propria foto firmandosi soprano!
4) Il capitano francese Créqui cadde dalle scale di casa sua e le percorse tutte quante rotolandosi senza farsi tuttavia alcun male. All’amico che gli diceva di ringraziare il Signore come di un miracolo rispose: “Mi guardo bene dal ringraziare Dio che mentre ruzzolavo non mi ha risparmiato neppure un gradino”.
5) Alessandro Magno. imbaldanzito da tanti successi. non si considerò più figlio del re Filippo, ma del dio Giove Ammone; non soddisfatto ancora, pretese poi l’incenso e l’adorazione, ritenendosi Il non più figlio di dio, ma dio egli stesso. Si faceva chiamare l’lmmortale e voleva che nessuno portasse il suo nome, a meno che non fosse valoroso in battaglia. Intimò a un vile che si chiamava come lui: “O cambi nome o cambi vita”.
6) Si può vedere un esempio di questi peccati in Napoleone. Quando giocava a carte, a bocce o ad altri giochi, voleva vincere sempre, non perché tenesse al guadagno, ma perché non ammetteva che eglj potesse essere vinto, nemmeno al gioco. E pur di vincere, imbrogliava. – Sebbene fosse quasi abitualmente nervoso e scontroso. si inteneriva di colpo quando si sentiva lodare. per es. quando lo chiamavano “l’aquila” o “il contrappeso di tutte le potenze nemiche” o quando gli dicevano: “Dio fece Napoleone e poi si riposò”. – Disse all’ambasciatore di Russia: “Fra cinque anni sarò padrone del mondo; rimane ancora la Russia, ma la schiaccerò”. Quando entrò in Mosca, fece coniare una medaglia raffigurante da una parte la sua testa e dall’altra la scritta: “Il cielo è tuo, la terra è mia”. Quel “tuo” era rivolto a Dio, come sfida. – Non volle credere per dieci anni a Fulton che aveva messo a sua disposizione la prima nave a vapore da lui inventata; lo trattò da visionario e lo chiamò ciarlatano. – Progettava di consegnare alla storia la dinastia dei Napoleoni. la voleva continuata nei secoli non meno delle altre dinastie e voleva goderne non solo l’inizio della fondazione ma anche lo sviluppo delle prime generazioni. Ripeteva spesso: “Ah, se io fossi mio nipote!” – Mentre i precedenti sovrani di Francia si mostravano ai cortigiani anche in maniche di camicia o a torso nudo, egli non si faceva mai vedere nell’intimità, evitava di far conoscere la sua camera da letto e di farsi vedere mentre mangiava. Voleva che la sua corte vedesse in lui un essere esente dai bisogni fisici. – Disse al cardinale Caprara: “Qualunque cosa vogliate dire e qualsiasi cosa siano per ripetere da Roma: è tutto inutile perché. lo ripeto. la mia decisione è immutabile. lo non cedo”. – Egli stesso si prese la Corona Ferrea e se la pose con maestà sul capo pronunciando ad alta voce le minacciose parole: “Dio me l’ha data, guai a chi la tocca!” – Fece l imprigionare Pio VII e poi, impressionato dall’universale condanna, scrisse: “Sono spiacente che si sia arrestato il Papa: è una, grande pazzia”, Fece pubblicare dai giornali che il Papa aveva lasciato Roma spontaneamente e all’insaputa dell’Imperatore. Dopo avere tenuto Pio VII prigioniero tre anni sotto rigorosa custodia, quando cercò di strappargli un concordato a favore della Francia e a danno della Chiesa, andò da lui, lo abbracciò, lo baciò e lo chiamò padre. – Con questa sequenza di ricordi non si intende negare ciò che di buono c’è nella storica figura di Napoleone, ma semplicemente dimostrare come tutte le componenti della su perbia siano riscontrabili nella stessa unica persona.
7) Efficace l’affresco del Lorenzetti che. nel palazzo del comune di Siena, rappresenta la superbia quale causa determinante del mal governo, insieme con l’avarizia e la vanagloria.
8) Quanto sonno dovette perdere Assalonne che, volendo usurpare il trono di suo padre Davide. si faceva trovare ogni mattina di buon’ora alla porta di Gerusalemme per interessarsi delle faccende dei cittadini e renderli suoi sostenitori, arrivando ad abbracciarli e baciarli! (2 Sam 15, 15).
9) Hans Christian Andersen diceva: «La mia anima si sente felice solo dinanzi all’ammirazione. Se però in mezzo a questa ci fosse la disapprovazione di uno solo, anche del più insignificante, io diventerei subito grandemente infelice».
10) Diceva Pio VII ai cristiani, a proposito del prepotente Napoleone: «Non temete… l’Imperatore… ha il nemico che lo annienterà: la superbia».
11) Giovanni Cappellini era insigne geologo e paleontologo, ma irritava gli alunni con il suo continuo parlare in prima persona singolare. Un giorno i pochissimi alunni rimasti alla sua scuola gli fecero trovare dietro la cattedra un disegno raffigurante una specie di monumento e recante la scritta: «lo, a me stesso, posi».
12) A pranzo, Riccardo Wagner non faceva altro che chiedere ammirazione a tutti, e Bismark lasciò la mensa e la compagnia dicendo: “Mi è impossibile sopportare a lungo la sua presenza”.
13) Enrico VIII era stato proclamato “Defensor fidei” da papa Leone X, poi divenne divorzista, scismatico, concubino, uccisore di mogli, scomunicato, persecutore della Chiesa. “… il più basso… dei tiranni che il mondo abbia mai visto, sia tra i pagani che tra i cristiani” (CORBERT, History of Protestant Reformation).

Autore:
Don Pasquale Casillo
Sam Gamgee
La forma di superbia oggi piu' comune tra gli uomini di successo, l'elite mondiale ,e' il narcisismo ,ed e' piu' comune di quanto si creda . E' veramente molto ben analizzata sul sito della cattolica convertita americana Ann Barnhardt (annbarnhardt.biz). Pubblico' tempo fa una eccezionale analisi da parte di un medico fisiologo delle sofferenze patite da Cristo sulla croce. Penso che l'articolo sia …Altro
La forma di superbia oggi piu' comune tra gli uomini di successo, l'elite mondiale ,e' il narcisismo ,ed e' piu' comune di quanto si creda . E' veramente molto ben analizzata sul sito della cattolica convertita americana Ann Barnhardt (annbarnhardt.biz). Pubblico' tempo fa una eccezionale analisi da parte di un medico fisiologo delle sofferenze patite da Cristo sulla croce. Penso che l'articolo sia ancora recuperabile : memorabile e decisamente sorprendente .