Francesco I
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La Chiesa ortodossa cipriota vuole una banca per dribblare il bail-in

l'arcivescovo Chrysostomos II

Solo nel 2013 Cipro era stato il quarto paese dell’Eurozona a dover chiedere aiuto alla troika (Ue, Bce e Fmi) per evitare la bancarotta, dopo Grecia, Irlanda e Portogallo. Una esperienza che portò al controllo dei capitali e alla prima introduzione del cosiddetto bail in (cioè il salvataggio interno a carico dei azionisti, obbligazioni e correntisti sopra i 100mila euro), a differenza del bail out, cioè salvataggio esterno da parte dello stato con i soldi dei contribuenti.
Proprio quella terribile esperienza che portò l’isola in pesante recessione ha convinto la Chiesa ortodossa di Cipro a pensare di dotarsi di una banca propria.

Il capo della potente e rispettata Chiesa cipriota, l'arcivescovo Chrysostomos II, ha affermato all'emittente statale Rik che la nuova banca potrebbe essere formata sotto forma di cooperativa, ma ha sottolineato, secondo quanto riporta il quotidiano Kathimerini, che questo progetto è da considerarsi nella fase iniziale e che non sono state ancora prese decisioni definitive.
L’arcivescovo Chrysostomos ha affermato che la Chiesa cipriota, che è il maggiore proprietario fondiario a Cipro, ha perso svariati milioni di euro durante la pesante crisi bancaria del 2013 che costrinse l'isola del Mediterraneo a chiedere un pacchetto di salvataggio di più miliardi di euro dai creditori internazionali.


Cattedrale di San Giovanni a Nicosia (Cipro)

L'accordo di salvataggio provocò la chiusura della seconda banca di Cipro, la Laiki Bank, e la perdita di risparmi non assicurati nella banca più grande del paese, tutte decisioni che hanno salvato il settore bancario ma hanno lasciato pesanti conseguenze economiche e sociali.
Nel 2013 Cipro era stata travolta da una serie di dissesti bancari di istituti di credito che avevano investito circa 4 miliardi di euro nei bond greci, un investimento poi rivelatosi fatale. La successiva decisione di ristrutturare i bond greci che aveva tagliato del 50% il valore delle obbligazioni e il crollo dei prezzi immobiliari aveva travolto le banche cipriote a cui per la prima volta venne applicato dal capo dell’eurogruppo, Jeroem Dijssembloem, il primo “bail-in” della storia europea.
Un modello che poi è diventato tristemente famoso anche in altre parti d’Europa, Italia compresa. Il bail-in colpì gli stessi investitori, obbligazionisti e correntisti titolari di depositi superiori ai 100mila euro. La misura, particolarmente impopolare, fu resa possibile dal fatto che gran parte degli investitori e dei grossi clienti delle banche cipriote fossero degli oligarchi russi. Ma anche la Chiesa ortodossa cipriota subì molte perdite che vennero affrontate per sostenere il paese in quella difficile situazione.

Ora il vento è cambiato e la Bers, la banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo dei paesi dell’ex Cortina di ferro, nel suo recente vertice annuale tenutosi proprio a Nicosia, ha stimato una crescita del 2% per quest’anno nell’isola di Venere, come viene comunemente chiamata Cipro.
In questo nuovo quadro la Chiesa ortodossa ha pensato bene che per evitare altri salassi futuri sarebbe meglio creare una sorta di “Ior cipriota”, un braccio bancario dove versare in sicurezza i lasciti e i risparmi della chiesa e dei suoi fedeli. In fondo Cipro non è forse il luogo ideale dove fondare una banca?

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