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gioiafelice
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Padre Erme Ronchi Mt 14, 13-21 “Voi stessi date loro da mangiare”. Vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Vide, sentì compassione, guarì: tre verbi rivelatori. Egli …Altro
Padre Erme Ronchi Mt 14, 13-21 “Voi stessi date loro da mangiare”.

Vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Vide, sentì compassione, guarì: tre verbi rivelatori. Egli vide una grande folla, il suo sguardo non scivola via sopra le persone, ma si posa sui singoli e la prima cosa che vede, la prima che si alza da tutta quella gente e lo raggiunge è la loro sofferenza: e sentì compassione .

Dio prova dolore per il dolore dell’uomo, un padre patisce insieme ai suoi figli, è questo che cambia tutto, che fa immergere Gesù dentro il nostro male di vivere, e fioriscono miracoli: guarì i loro malati . Il tesoro dell’uomo è il patire di Dio, il patire di un Dio appassionato, donatore di vita. Anche il resto del racconto viene dal grembo della divina compassione “ è tardi; congeda la folla perché vada a comprarsi da mangiare ”. Ma Gesù disse: “Voi stessi date loro da mangiare”. Mi intenerisce questo Gesù che non vuole allontanare da sé nessuno, che li vuole tutti intorno anche a mangiare.

È una immagine materna di Dio che nutre e alimenta ogni vita, che ha fatto della tavola condivisa il simbolo più alto del regno dei cieli e della sua presenza fra noi. Ma anche esigente: Voi stessi date loro… Possiedono ben poco, cinque pani e due pesci, ma il miracolo è Dio che combatte la fame del mondo attraverso le nostre mani che imparano a donare. L’aveva detto: ‘ Voi farete cose più grandi di me ’. Noi abbiamo la terra, tutta la terra, folle sterminate da sfamare, ed è possibile se cresce il coraggio della condivisione. Secondo una misteriosa regola divina quando il mio pane diventa nostro pane , si moltiplica. Che diritto hanno i cinquemila di ricevere pane e pesce? Che cosa possono vantare? L’unico diritto è la fame, il solo titolo è il bisogno.

Davanti a Dio, siamo tutti come quella folla, senza meriti o diritti se non la povertà e la sofferenza, e la loro fame di essere abitate da Dio. E quando nella celebrazione dell’eucaristia si prolungano i miracoli del pane e della compassione di Dio, quando ci incamminiamo verso la comunione, non costringiamola, per nessuno, nell’alternativa meschina tra pane meritato o pane proibito, essa è il pane donato, pane della divina compassione, totalmente immeritato. Come per i cinquemila sull’orlo del deserto, così per noi sull’orlo della notte.

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