Chi sa accusarsi è giusto, chi è giusto è sobrio e sano Da «Le due apologie di Davide» di sant’Ambrogio, vescovo Giustamente aggiunge David: «Il mio peccato è sempre contro di me» (Sal 50, 5). Lo …Altro
Chi sa accusarsi è giusto, chi è giusto è sobrio e sano

Da «Le due apologie di Davide» di sant’Ambrogio, vescovo

Giustamente aggiunge David: «Il mio peccato è sempre contro di me» (Sal 50, 5).

Lo sciocco, infatti, si allieta dei propri peccati e, coprendo con nuovi errori quelli vecchi, crede di essere di giovamento a se stesso con i peccati e perciò esulta nel suo misfatto.

Il saggio, invece, pensa che il suo peccato sia contro se stesso e ritiene che, come schiere di nemici, le proprie colpe gli si oppongono come tanti avversari.

Qualunque suono senta, qualunque rumore avverta, la propria colpa gli si presenta sempre dinanzi; qualunque cosa si dica o si legga, la ritiene rivolta a sé; qualunque gesto si faccia, si ritiene additato col cenno o con gli occhi. Sia che banchetti, sia che mediti, sia che parli, faccia discorsi o preghi e supplichi, il proprio errore gli è sempre dinanzi agli occhi e in ogni istante la colpa bussa alla sua coscienza: non gli permette di aver pace o di dimenticare, e come un severo censore si perseguita con una incessante paura. Ogni cosa è contro chi è scontento di sé, essendo accusatore e testimone contrario a proprio carico; né trova dove rifugiarsi chi si insegue e si pungola da sé.

Ma è proprio di un animo retto sentire la ferita del peccato.

Coloro che non avvertono il dolore, non sentono l’acerbità della ferita; e ciò è sintomo di un male senza rimedio.

Coloro che, invece, sono tormentati da qualche dolore, come non sono privi della sofferenza derivante dal sentire dolore, così non sono privi del miglioramento che porta alla guarigione.

Dove infatti c’è coscienza del dolore, c’è anche coscienza della vita, perché il sentire dipende dal vigore e dalle funzioni vitali.

Ne deriva che colui che non riconosce il proprio errore, si comporta come un demente, come un pazzo furioso, come un insensato;

colui che, invece, lo riconosce, e così si ravvede, non rifiuta i rimedi capaci di ridonargli la salute, ma si frena da solo, si pente della colpa, non fa che pensarci, e in questo pensiero si condanna da sé.

«Il giusto, infatti, appena apre la bocca, diviene accusatore di se stesso» (Prv 18, 17).

Chi sa accusarsi è giusto, chi è giusto è sobrio e sano. Il giusto non sa favorire se stesso, non sa mitigare il rigore del giudizio nemmeno nei suoi riguardi, prova un profondo orrore al ricordo della propria caduta e arrossisce del peccato commesso;

ne paventa il solo ricordo, lo teme, ne prova terrore; si sente di peso; non vuole essere giudice e non osa affidarsi a se stesso:
nessuno ritiene più molesto di colui al quale non può nascondersi, che non può ingannare, che non riesce a sfuggire e ad evitare,
se non rinnegando se stesso e portando la croce (cfr. Mt 16, 24) del Signore.
silvioabcd
Molto espressivo questo Gesù crocifisso, dove si può vedere?
Oremus pro
silvioabcd
Grazie, la preghiera è davvero anch'essa bellissima.
Mario Sedevacantista Colucci condivide questo
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