COSTANTINOPOLI: IL DOLORE E LA VERGOGNA. CI VOGLIONO IDIOTI E IMMEMORI.

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di SILVANA DE MARI

Martedì 29 maggio 1453 cade Costantinopoli, città che oggi si chiama Istanbul. Costantinopoli era la terza città santa della cristianità. In questo incredibile e cosmico piagnisteo, in questa trionfale mistica della penitenza tutti mostrano le proprie inconsolabili cicatrici su quanto la storia li ha presi a calci pretendendo che la storia sia riscritta. Qualcuno ha chiesto giustizia per Costantinopoli? Istanbul quando si chiamava Costantinopoli era una città magnifica, capitale di un impero fiorente di arte, cultura, scienza e filosofia.

Era la terza città santa della cristianità, il luogo dove la cristianità, grazie a Costantino, era uscita dal buio catacomba male dell’illegalità per cominciare il suo trionfo.

Qualcuno si è inginocchiato per Costantinopoli?

Qui qualcuna delle cronache originarie. Se posso dare un consiglio, fate copia e incolla di questo articolo , perché i begli occhi della signora Boldrini potrebbero piangere e invocare il crimine di odio, e quindi vietarlo. Tra qualche anno la Turchia entrerà in Europa e queste righe saranno impensabili.

Vi vogliono idioti e immemori.
Il sole non aveva ancora illuminato la metà della superficie terrestre e già tutta quanta la città era caduta preda dei
pagani…
Per tre giorni dunque la città fu percorsa da predatori e saccheggiatori e poi questi, sazi di ricchezze, la lasciano in
potere del sovrano turco.
Ogni ricchezza e ogni preda viene trasportata alle tende; tutti i cristiani, legati con funi, cadono prigionieri. Le croci,
strappate dalle cupole e dalle pareti delle chiese, furono calpestate sotto i piedi;
vennero violentate le donne, deflorate le
fanciulle, oltraggiati turpemente i giovinetti, contaminate con atti di lussuria le monache e quelle che le servivano.
Dio mio, quanto devi essere adirato contro di noi, con quanta durezza hai distolto il tuo Volto da noi fedeli !
Leonardo di Chio – La caduta della Città
Avresti potuto poi vedere – o sole ! – o terra ! – schiavi e servi turchi d’infimo grado portar fuori e spartirsi fanciulle
giovanissime e nobilissime, laiche e religiose e trascinarle fuori dalla città…..
Appena fu loro possibile buttarono giù e fecero a pezzi, nella chiesa che si chiamava Santa Sofia e che ora è una
moschea turca, tute le statue, tutte le icone e le immagini di Cristo, dei santi e delle sante, compiendovi ogni sorta di
nefandezza. Saliti come invasati sul ripianio dell’ambone, sulle are e sugli altari, si facevano beffe, esultando, della
nostra fede e dei riti cristiani e cantavano inni e lodi a Maometto.
Abbattute le porte del santuario, ghermivano tutte le cose sacre e le sante reliquie e le gettavano via come cose
spregevoli e abiette. Preferisco passare sotto silenzio ciò che han fatto nei calici, nei vasi consacrati, sui drappi.
I paramenti intessuti d’oro con le immagini di Cristo e dei santi, li usavano come giacigli, in parte per i cani, in parte per
i cavalli. Calpestavano coi piedi gli Evangeli ed i libri delle chiese, abbattevano monumenti di marmo lucido e
splendente, tutto facevano a pezzi.

Isidoro di Kiev – Lettera al Vescovo di
Tuscolo, legato papale a Bologna

Principi, principini e grandi principesse,
gentili ed assennate, cresciute tra le piume,
giovani nobilissime, vedove e maritate,
e monache vegliarde, e novizie e abbadesse
– vento non le sfiorava, sole non le vedeva,
cantavano e leggevano nei santi monasteri -,
come condannata, senza pietà furono catturate !
Le portano in Turchia, come schave le vendono,
per poi disperderle in Oriente e in Occidente!
Nude, coi piedi scalzi, percosse ed affamate,
a guardar buoi e pecore, bufali e cavalli…
e la sera restarsene insieme ai musulmani,
e quelli violentarle…

Lamento sulla Caduta di Costantinopoli (di Anonimo)

Ahimè che cosa videro i miei occhi quest’oggi !
Bimbi invece d’agnelli, mamme invece di pecore,
e invece dei montoni sgozzano i giovanetti.
Stanno per sgozzare un bimbo, mamma aveva solo quello.
Vi do dieci cavalli, vi do diciotto muli
vi do mille fiorini, ma non me lo prendete.
Prendono dieci cavalli, prendono diciotto muli,
prendon mille fiorini, e sgozzano anche quello.

Canto popolare greco sulla Caduta di Costantinopoli

Una suora cuoceva pesciolini al tegame,
E una voce sottile dall’alto le sussurra :
“Smetti vecchia di cuocere, la Città sarà Turca.”
“Quando usciranno vivi e voleranno i pesci,
Allora entrerà il Turco, la Città sarà Turca”.
I pesci s’involarono, presero vita i pesci,
E l’emiro in persona irruppe sul cavallo.

Canzone popolare greca sulla Caduta di Costantinopoli

Quando per il favore divino la fortezza fu espugnata, il nemico perdette ogni forza e fu incapace di reagire. Il popolo fedele non incontrò più ostacoli e pose mano al saccheggio in piena sicurezza. Si potrebbe dire che la vista della possibilità di poter fare bottino di ragazzi e belle donne devastasse i loro cuori e i loro animi. Trassero fuori da tutti i palazzi, che uguagliavano il palazzo di Salomone e si avvicinavano alla sfera del cielo, trassero nelle strade strappandole dai letti d’oro, dalle tende tempestate di pietre preziose, le beltà greche, franche, russe, ungheresi, cinesi, khotanesi, cioè in breve le belle dai morbidi capelli, uguali alle chiome degli idoli, appartenenti alle razze più diverse, e i giovinetti che suscitavano turbamento, incontri paradisiaci.

Questa è la descrizione della presa di Costantinopoli da parte di Maometto II. Il brano è tratto da Storia del signore della conquista di Tarsun Beg Kemal, vale a dire che è il racconto ufficiale, quello su cui i bambini turchi studiano la storia. Hanno signorilmente sorvolato sui bambini decapitati nella Chiesa di Santa Sofia insieme alle loro madri, su tutti i crocifissi e gli impalati, e si sono limitati a “abbiamo stuprato le donne e i ragazzini”.,

Sicuramente anche i Crociati hanno commesso atti del genere, però hanno dovuto farlo di nascosto: era vietato, almeno in teoria. E punito. C’era la castrazione e il taglio del naso per un crociato che si facesse pescare con le mani su una donna araba. Erano tempi brutali, i sistemi erano questi. Lo stupro era vietato, sia di donne che di ragazzini: chi lo faceva violava la legge.

La storia della Turchia comincia con: abbiamo stuprato le donne e i ragazzini, e lo abbiamo scritto serenamente perché nella nostra religione questo è permesso. In ambiente cristiano sicuramente lo hanno fatto, ma era vietato, qualcuno è stato punito. Lo hanno fatto, ma poi non lo hanno scritto, perché non ne erano fieri e sicuramente, dove è vietato, viene fatto parecchio di meno. E poi la storia delle Turchia, questa nazione che, come spiega Erdogan, si appresta a riconquistare l’Europa, continua con il genocidio degli armeni, i maschi assassinati subito, le donne trascinate in terribili marche della morte, durante le quali sono morte di fame, sono state stuprate e quelle che si sono ribellate agli stupri sono state bruciate vive col kerosene.
l villaggio era pieno di cadaveri.
In un cortile c’erano un gruppo di donne (armene) ancora vive. I soldati (turchi) si divertivano a frustarle. Poi uno ebbe l’idea di prendere un tamburo e farle danzare.«Danzate, donne, danzate quando sentite il tamburo ». Urlavano i soldati mentre le fruste schioccavano sulle schiene di quelle poverette, lacerandole.«Scoprite il seno e danzate. Danzate finché siete vive».
Urlavano i soldati. Uno di loro è andato a prendere una tanica di cherosene e l’ ha versato addosso alle ragazze.«Danzate urlavano tutti, danzate fino a che siete vive e sentite questo aroma più dolce di ogni profumo.»
Poi hanno appiccato il fuoco. I poveri corpi si sono contorti fino alla morte.
E io, ora, io che sto raccontando questo, come potrò mai, ditemi, levarmi quei poveri corpi dagli occhi?
Racconto di una testimone tedesca, Isola di Hectamar, Turchia, 1915

Quante migliaia di persone sono andate in strada a commemorare gli armeni?

Quanti milioni sono gli schiavi rubati alla costa meridionale dell’Europa dai Saracini alla frontiera meridionale dell’ Ukraina dei tartari? Anche noi siamo stati schiavi e abbiamo smesso di esserlo perché abbiamo preso le armi in pugno e abbiamo combattuto e vinto.

Hanno distrutto la nostra identità, hanno tagliato le nostre radici, un branco di intellettuali e sedicenti filosofi hanno ridicolizzato la nostra religione, a cominciare dall’Illuminismo, che è stato uno squittio di gnomi, a finire alle sue parodie, il marxismo e 68. Per abbattere un albero, tagliare le radici. Occorre ridicolizzare la religione di quel popolo, con uno stillicidio continuo di minuscoli gnomi, sedicenti intellettuali, cantanti, presentatori, attori, registi, fotografi, pubblicitari, artisti postmoderni, giornalisti, scrittori, eccetera con uno stillicidio continuo di odio e sarcasmo.

La storia di quella religione e la storia di quel popolo viene ridotta ai suoi episodi peggiori, ovviamente enfatizzati e i fiumi di gloria vengono cancellati. Questa Europa ogni istante più ridicola nega il cristianesimo e si apre all’islam più radicale, di cui cela la realtà. La generazione Bataclan colora i marciapiedi con i gessetti e canta Imagine.

Ora ignobili idioti si mettono in ginocchio, intendendo con questo gesto di razzismo che tutti noi siamo colpevoli. Rivendico la mia storia. Lo schiavismo non esiste più perché noi lo abbiamo combattuto.

La nostra storia è infangata, ridotta al suo peggio, perché la generazione fiocco di neve, l’ultima, possa credere che è meglio vergognarsi della propria storia.

Noi siamo noi, noi siamo la nostra storia, noi siamo la nostra fede. Noi siamo noi, e questo non vuol dire che siamo migliori degli altri, esattamente come amare la propria famiglia ed esserne fieri non vuol dire voler schiacciare gli altri, ma noi siamo noi. Ogni popolo ha diritto alla sua storia, alla sua religione e alla sua terra. Questo vale anche per noi.

Alla prossima catastrofe non aspetteremo più il suono della campane. Saremo soli.

Le campane non ci sono più, e chiese bruciano una dopo l’altra.

La caduta di Costantinopoli e avvenuta di martedì. Fu una catastrofe talmente immane da essere messa sullo stesso piano, quasi, della crocifissione di Cristo avvenuta di venerdì . Da qui detto di Venere e di Marte non ci si sposa e non si parte, e non si comincia un’arte. Nella superstizione, spesso era chiusa una verità storica, una verità storica terrificante.

Mi inginocchio solo davanti a Dio.

Chiedo perdono solo delle colpe che ho personalmente commesso.

Rivendico i miei martiri, uomini morti per difendere Costantinopoli, gli uomini morti per difendere donne e bambini dei Saraceni e dei Tartari.

Porto nel cuore la memoria di Lepanto e della battaglia di Vienna.

Aspetto il giorno in cui gli ussari alati torneranno, le cattedrali saranno ricostruite e le campane faranno sentire la loro voce.

studer
Sulla caduta di Costantinopoli si legga la bella raccolta del professor Pertusi.
ferralex
Lamento per Costantinopoli (Canto) youtu.be/2PbicjwUdX0
warrengrubert
Grazie.