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Re Davide: il peccato, il pentimento ed il castigo divino - S. Agostino VS neo-chiesa misericordista...

Il titolo dell'articolo è un pò originale ma il senso è questo: mentre nell'attuale contesto ecclesiale la verità dogmatica e la realtà del peccato è del tutto oscurata, taciuta, deformata, i Santi parlano un linguaggio ben diverso. La Sacra Bibbia, in uno dei suoi racconti storici più noti e anche più drammatici, narra il duplice peccato del re Davide e delle nefaste conseguenze che ebbe sulla sua persona, sui suoi cari, sul Regno. Uno dei passi biblici - forse e senza forse - più belli e preziosi da meditare oggiogiorno per rinsaldare la fede nell'esistenza e nelle conseguenze del peccato attuale. Certo è che il Santo re Davide mai negò il suo peccato, tutt'altro: lo riconobbe, lo pianse amaramente, accolse tutte le penalità da esso scaturite e lodò sempre la giustizia di Dio che egli, sapiente e saggio, seppe nela sua vita sempre vedere armonizzata con la divina mistericordia e mai da essa disgiunta. Su questo evento e sul suo significato il grande Dottore della Chiesa Sant'Agostino ha lasciato una pagina bellissima che vale la pena leggere e meditare e che fa luce su una verità inconfutabile: il peccato è male, fa male, produce male, dispiace a Dio. Come il re Davide bisogna imparare a riconoscerlo, pentirsene e cambiare vita.

Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo

(Disc. 19, 2-3; CCL 41, 252-254)

Uno spirito contrito è sacrificio a Dio


Davide ha confessato: «Riconosco la mia colpa» (Sal 50, 5). Se io riconosco, tu dunque perdona. Non presumiamo affatto di essere perfetti e che la nostra vita sia senza peccato. Sia data alla condotta quella lode che non dimentichi la necessità del perdono. Gli uomini privi di speranza, quanto meno badano ai propri peccati, tanto più si occupano di quelli altrui. Infatti cercano non che cosa correggere, ma che cosa biasimare. E siccome non possono scusare se stessi, sono pronti ad accusare gli altri. Non è questa la maniera di pregare e di implorare perdono da Dio, insegnataci dal salmista, quando ha esclamato: «Riconosco la mia colpa, il mio peccato mi sta sempre dinanzi» (Sal 50, 5). Egli non stava a badare ai peccati altrui. Citava se stesso, non dimostrava tenerezza con se stesso, ma scavava e penetrava sempre più profondamente in se stesso. Non indulgeva verso se stesso, e quindi pregava sì che gli si perdonasse, ma senza presunzione.

Vuoi riconciliarti con Dio? Comprendi ciò che fai con te stesso, perché Dio si riconcili con te. Poni attenzione a quello che si legge nello stesso salmo: «Non gradisci il sacrificio e, se offro olocausti, non li accetti» (Sal 50, 18). Dunque resterai senza sacrificio? Non avrai nulla da offrire? Con nessuna offerta potrai placare Dio? Che cosa hai detto? «Non gradisci il sacrificio e, se offro olocausti, non li accetti» (Sal 50, 18). Prosegui, ascolta e prega: «Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi» (Sal 50, 19). Dopo aver rigettato ciò che offrivi, hai trovato che cosa offrire. Infatti presso gli antichi offrivi vittime del gregge e venivano denominate sacrifici. «Non gradisci il sacrificio»: non accetti più quei sacrifici passati, però cerchi un sacrificio.

Dice il salmista: «Se offro olocausti, non li accetti». Perciò dal momento che non gradisci gli olocausti, rimarrai senza sacrificio? Non sia mai. «Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi» (Sal 50, 19). Hai la materia per sacrificare. Non andare in cerca del gregge, non preparare imbarcazioni per recarti nelle più lontane regioni da dove portare profumi. Cerca nel tuo cuore ciò che è gradito a Dio. Bisogna spezzare minutamente il cuore. Temi che perisca perché frantumato? Sulla bocca del salmista tu trovi questa espressione: «Crea in me, o Dio, un cuore puro» (Sal 50, 12). Quindi deve essere distrutto il cuore impuro, perché sia creato quello puro.

Quando pecchiamo dobbiamo provare dispiacere di noi stessi, perché i peccati dispiacciono a Dio. E poiché constatiamo che non siamo senza peccato, almeno in questo cerchiamo di essere simili a Dio: nel dispiacerci di ciò che dispiace a Dio. In certo qual modo sei unito alla volontà di Dio, poiché dispiace a te ciò che il tuo Creatore odia.