4 Agosto. SAN GIOVANNI MARIA VIANNEY, IL “SANTO CURATO D'ARS". Noto come “il Curato d’Ars”, Giovanni Maria Vianney nacque l'8 Maggio 1786 a Dardilly, Lione, in Francia. Di famiglia contadina e privo …Altro
4 Agosto.
SAN GIOVANNI MARIA VIANNEY,
IL “SANTO CURATO D'ARS".

Noto come “il Curato d’Ars”, Giovanni Maria Vianney nacque l'8 Maggio 1786 a Dardilly, Lione, in Francia.
Di famiglia contadina e privo della prima formazione, riuscì, nell'Agosto 1815, a essere ordinato Sacerdote.
Fin da piccolo fu educato a frequentare la chiesa parrocchiale, per cui le celebrazioni liturgiche lo affascinavano così tanto da imitarle e ripeterle una volta tornato a casa.
Quando conduceva al pascolo il bestiame, spesso lasciava ai compagni la custodia degli animali per correre dietro un cespuglio a recitare il Santo Rosario.
Egli era anche felice di entrare in una chiesa quando sentiva suonare la campana.
Il bambino imparò ben presto anche a venire incontro alle necessità dei bisognosi, prendendo esempio dai suoi genitori, che lavoravano senza risparmiarsi in campagna, riuscendo a condurre una vita tranquilla, mentre con generosità riuscivano a sfamare ogni giorno molti poveri, non prima di averli invitati a recitare una Preghiera.
«I piccoli non conoscono quella debolezza che si chiama rispetto umano», riferisce François Trochu, che compilò scrupolosamente una Biografia in occasione della Canonizzazione del Curato d’Ars, avvenuta il 31 Maggio 1925.
Infatti, in qualunque luogo si trovasse, in casa, in strada, nel giardino, Giovanni Maria «benediceva l’ora» cioè, seguendo l’esempio di sua madre, ogni volta che sentiva suonare le ore, incurante della presenza di altre persone, sospendeva l’attività che stava compiendo, faceva il Segno della Croce, recitava l’Ave Maria e ripeteva, a chiusura, il Segno della Croce.
Questa consuetudine perdurerà lungo tutto l’arco della sua esistenza.
La madre di Giovanni Maria, sua prima catechista, fu la prima ad avvedersi della bellezza della sua anima.
«Vedi, mio Giovanni, se le tue sorelle, o i tuoi fratelli offendessero il Signore, ne avrei grande pena, ma la mia pena sarebbe maggiore ancora se lo offendessi tu!».
Per farlo divenire Sacerdote, ci volle tutta la tenacia dell'Abbé Charles Balley, Parroco di Ecully, presso Lione; egli lo avviò al Seminario e lo riaccolse quando venne sospeso dagli studi.
Il Curato d’Ars si dedicò all'evangelizzazione attraverso l'esempio della sua umile bontà e Carità, ma fu sempre tormentato dal pensiero di non essere degno del suo compito.
Trascorreva le giornate dedicandosi a celebrare la Santa Messa e a confessare, senza mai risparmiarsi.
Morì nel 1859 e Papa Pio XI lo proclamerà Santo nel 1925, indicandolo come "Modello e Patrono dei Parroci".
Nel Gennaio del 1791, nel lionese, entrò in vigore la Costituzione Civile del Clero.
Don Giacomo Rey, Parroco per 39 anni di Dardilly, aveva prestato giuramento scismatico; ma in seguito, dopo aver riconosciuto la sua colpa, prese a celebrare la Santa Messa in una casa privata, a causa della persecuzione giacobina, poi si ritirò a Lione e, infine, si stabilì in Italia.
Il 7 Luglio 1803 giunse al suo posto un nuovo Parroco, Don Giacomo Tournier (1769-1806), anch’egli compromesso con il regime di Parigi.
In perfetta buona fede, la famiglia Vianney continuava ad assistere alla Santa Messa.
Fu la figlia di 12 anni, Caterina, ad accorgersi che qualcosa non funzionava: le prediche di Don Tournier non ricordavano per nulla quelle di Don Rey.
Nelle sue omelie tornavano con insistenza i nomi di «cittadino», di «civismo», di «costituzione», criticando spesso anche i suoi predecessori.
In chiesa si videro volti nuovi, mentre i fedeli più zelanti cominciarono ad allontanarsi dalla Parrocchia.
Caterina Vianney pose la questione ai suoi familiari, per cui si chiesero dove andassero alla Santa Messa i buoni Cattolici?
I genitori approfondirono il problema, scoprendo che i veri Sacerdoti avevano rifiutato il giuramento e, proprio per tale ragione, erano stati cacciati, subendo anche pesanti persecuzioni, tanto da essere costretti a fuggire per non finire sotto la ghigliottina.
Tutti i Sacerdoti che avevano rifiutato il giuramento erano esposti al pericolo di essere arrestati e giustiziati entro ventiquattro ore, senza possibilità di appello.
Coloro che avessero denunciato questi Preti avrebbero avuto un compenso di cento franchi, mentre coloro che li avessero ospitati e protetti avrebbero subito la deportazione, secondo le Leggi del 24 Aprile, 17 Settembre e 20 Ottobre 1793.
La famiglia Vianney, incurante degli evidenti pericoli in cui incorrevano, prese a ospitare in casa propria i Preti refrattari, dove potevano anche celebrare le Sante Messe.
Aveva 26 anni quando Don Balley ritenne che era giunto il momento di provare l’inserimento di Giovanni Maria nel Seminario Minore di Verrières, presso Montbrison, per il Corso di Filosofia della durata di un anno, per poi essere ammesso al Seminario Maggiore di Sant’Ireneo, a Lione.
Ma immediatamente prese a circolare la disistima nei suoi confronti.
Per questo giovane, che amava il nascondimento e non otteneva risultati soddisfacenti, nessuno provava interesse.
Ed ecco la pagella di quel 1812: Lavoro: bene; Scienza: molto debole; Condotta: buona; carattere: buono.
Con queste valutazioni riuscì, comunque, a entrare nel Seminario di Lione (1813-1814); ma i nodi vennero subito al pettine e nel consiglio dei docenti si diceva: «Capisce male il Latino e lo parla ancora peggio», fino ad arrivare alla decisione: «Sarebbe il caso che il giovane se ne tornasse a casa e utilizzasse il suo tempo in modo più sensato.
La vita sacerdotale non fa per lui; restando qui sprecherebbe il suo e il nostro tempo».
Giovanni Maria Vianney, colui che sarebbe stato proclamato da Papa Pio XI, nel 1929, «Celeste Patrono di tutti i Parroci dell'Universo» e da Papa Benedetto XVI, nel 2009, anche «di tutti i Sacerdoti del Mondo», venne espulso dal Seminario.
Affinché riuscisse a indossare la talare, è stata fondamentale tutta la tenacia dell’Abbé Charles Balley: gli ha fatto scuola in Canonica, l’ha avviato al Seminario, lo ha riaccolto quando è stato sospeso dagli studi per incapacità e, dopo un altro periodo di difficile preparazione, è riuscito a farlo ordinare Sacerdote nella Città di Grenoble.
Spinto da Don Balley, Giovanni Maria prosegue, nonostante gli insuccessi e le sconfitte; ma la posta in gioco è troppo alta.
Così dirà il 13 Agosto 1815: «Oh! Che cosa grande è il Sacerdozio!
Il Sacerdozio non lo si capirà bene se non in Cielo; se lo si comprendesse sulla Terra si morrebbe, non di spavento, ma di amore!».
Ha scritto Benedetto XVI, nella Lettera per l’indizione di un Anno Sacerdotale in occasione del 150° Anniversario del “dies natalis” del Santo Curato d’Ars (16 Giugno 2009): «Ci sono, purtroppo, anche situazioni, mai abbastanza deplorate, in cui è la Chiesa stessa a soffrire per l’infedeltà di alcuni suoi Ministri.
È il Mondo a trarne allora motivo di scandalo e di rifiuto.
Ciò che massimamente può giovare in tali casi alla Chiesa non è tanto la puntigliosa rilevazione delle debolezze dei suoi Ministri, quanto una rinnovata e lieta coscienza della grandezza del Dono di Dio, concretizzato in splendide figure di generosi Pastori, di Religiosi ardenti di amore verso Dio e verso le anime, di Direttori Spirituali illuminati e pazienti.
A questo proposito, gli insegnamenti e gli esempi di San Giovanni Maria Vianney possono offrire a tutti un significativo punto di riferimento: il Curato d’Ars era umilissimo, ma consapevole, in quanto Sacerdote, d’essere un dono immenso per la sua gente».
Finalmente il 13 Agosto del 1815, a 29 anni e tre mesi, dopo indicibile fatica, poté salire all’Altare celebrare e compiere il primo Sacrificio Eucaristico.
Da bambino, quando era ancora accanto all’amata madre, egli affermava: «Se fossi Prete, vorrei conquistare molte anime»… e quelle anime lo stavano attendendo.
Tornò a Ecully come Vicario dell’Abbé Balley, ma quest’ultimo, vecchio prima del tempo, morì nel 1817, dopo essersi confessato con il caro allievo, il figlio prediletto.
Ricevette da lui il viatico, l’estrema unzione e gli ordinò di prendere gli strumenti di penitenza, mormorandogli all’orecchio: «Tieni, figliolo, nascondili.
Se scoprissero questi arnesi dopo la mia morte, crederebbero che io ho già scontato i miei peccati e mi lascerebbero in Purgatorio fino alla fine del Mondo».
La disciplina e il cilicio di Don Balley vennero ereditati e, quindi, utilizzati dall’Abbé Vianney, il quale custodì con devozione gli oggetti appartenuti al suo maestro e padre spirituale; tra questi, anche un piccolo specchio, «perché aveva riflesso il suo volto».
Ora, per la Diocesi di Lione, si poneva il problema di dove collocarlo.
Era vacante una minuscola cappellania (neppure parrocchia) di Ars, del dipartimento dell’Ain, a 35 chilometri a nord di Lione.
Gli abitanti erano 230 e non valeva la pena “sprecare” un Sacerdote per una realtà così piccola e situata in un punto che la Diocesi considerava una sorta di Siberia, un luogo dimenticato dal Mondo.
Tuttavia, vi era quell’ “ignorante” Prete di 32 anni da sistemare.
L’onorario previsto era di 500 franchi, concessi annualmente dal Comune.
Il 9 Febbraio 1818, l’ “inutile” Ministro di Dio si mise in cammino e, trovato un ragazzo per la via, gli domandò l’indicazione per il villaggio che doveva raggiungere, promettendogli, come evoca, ricordando le parole pronunciate dal Santo, il «Monument de la Rencontre» di Ars: «Io ti mostrerò il cammino del Cielo».
Quando giunse ad Ars, il 13 Febbraio 1818, trovò un paese immerso nella solitudine, isolato, quasi inaccessibile, anche a causa della quasi impraticabilità delle strade.
Gli abitanti, infatti, non si allontanavano quasi mai da lì, «essendo del resto selvatici per natura».
Ad Ars, Vianney si diede subito da fare, trovando l’appoggio nella contessina Maria Anna Colomba Garnier des Garets (1754-1832), di 64 anni.
La Rivoluzione, nonostante fosse nobile, non l’aveva catturata.
Il prete venuto da Dardilly non pretendeva di cambiare il Mondo, ma quel minuscolo paese, che Dio gli aveva affidato.
Si assicurò perciò la cooperazione delle famiglie migliori, per perfezionare i buoni, richiamare gli indifferenti, convertire i peccatori.
Dinanzi all’opera da intraprendere si sentiva debole e insufficiente, ma abbattendo l’orgoglio spalancò le porte alla forza misteriosa della Grazia, che inondò la sua anima e il paese di Ars, per il quale offrì tutto se stesso, sottoponendosi a durissime penitenze.
Per diverso tempo dormì al piano terra, con pavimento e muri umidi e senza materasso, poiché lo regalò ai poveri.
Contrasse nevralgie facciali molto dolorose, di cui soffrì per 15 anni.
Gli fu allora detto di salire nella sua camera, ma lui scelse il solaio.
Non ebbe mai per il suo «cadavere», come chiamava il proprio corpo, alcuna pietà.
Per cibarsi usava spesso la marmitta, divenuta leggendaria: in essa cuoceva patate per una settimana e le mangiava fredde, a volte ricoperte di muffa.
Di tanto in tanto si faceva cuocere un uovo nella cenere calda, oppure impastava un pugno di farina con acqua e sale, preparando i cosiddetti «matefaims» del Curato d’Ars.
D’altra parte non aveva cessato di cibarsi di erba.
Di tutta fretta mangiava quel poco-niente e beveva un bicchiere d’acqua.
Proverbiali erano poi i suoi digiuni, di cui faceva uso per scacciare il peccato dalle anime.
Affermava: «Questa specie di demoni – dice il Vangelo – non si scaccia che con il digiuno e la preghiera» (Mt 17,20).
Poi rivelerà: «… il demonio fa poco conto della disciplina e degli altri strumenti di penitenza.
Ciò che lo sbaraglia è la privazione del bere, nel mangiare e nel dormire.
Niente il demonio teme di più e quindi nulla è più gradito a Dio!
Quando ero solo, e lo sono stato per otto o nove anni, potendo fare un poco a mio piacimento, mi è capitato di non mangiare per diversi giorni; allora ottenevo da Dio tutto ciò che volevo per me e per gli altri» e, con commozione, aggiuge: «Ora non è la stessa cosa; non posso stare a lungo senza mangiare; non riesco più a parlare; ma come ero fortunato, quando ero solo!
Comperavo dai poveri i pezzi di pane che erano stati loro offerti; passavo una buona parte della notte in Chiesa; non avevo tanta gente da confessare come ora, mentre il buon Dio mi faceva grazie straordinarie».
Utilizzò l’Istruzione Religiosa per debellare l’ignoranza e cristianizzò, evangelizzò, catechizzò, lanciando una vera e propria crociata contro la bestemmia, il lavoro festivo, le osterie e i balli.
Le persone andavano a confessarsi sempre più frequentemente da lui e sovente, come accadrà anche al Confessionale di Padre Pio da Pietrelcina, l’Abbé Vianney non le assolveva se non vedeva il pentimento.
Tutti gli obiettivi che si era posto al suo ingresso nel villaggio furono raggiunti, riuscendo anche a sopprimere le osterie, dispensatrici di vizi e miseria.
Quando, più tardi, forestieri, fedeli, o semplicemente curiosi, arriveranno in massa ad Ars, Giovanni Maria Vianney non si opporrà all’apertura di attività commerciali, come anche gli alberghi.
L’ordine, pur con una presenza massiccia di pellegrini, regnerà sovrano.
Gli antidoti dell’Abbé Vianney al malcostume, al malaffare, allo sciupio della vita erano: Sante Messe quotidiane, Sacramenti, Catechismo, Vespri, preghiere, letture devote, Santo Rosario, processioni e rogazioni; così si realizzò la restaurazione spirituale ad Ars, che andò di pari passo con quella materiale.
Egli aveva per il peccatore tenera compassione, ma ciò non gli impediva di essere senza misericordia verso il peccato, di fronte al quale diventava rigidissimo e tuonava, spiegando che esiste una santa collera che viene dallo zelo «con cui dobbiamo sostenere gli interessi di Dio».
La sua santa collera veniva non dal temperamento mite, bensì dal senso del dovere religioso, avendo assunto l’Abito Sacerdotale.
La cappellania diventò Parrocchia nel 1821 e Vianney iniziò l’opera di restauro della Chiesa.
Inoltre, nel 1824, aprì una scuola e un orfanotrofio per ragazze, chiamato «Providence».
Le giovani erano tante, circa 60, così un giorno il cibo iniziò a scarseggiare.
Vianney pregò e il granaio si riempì: la cosa singolare è che il poco grano vecchio rimasto si distingueva dai chicchi nuovi.
Vi fu carestia a causa della siccità e la farina era rarissima, ma il mediatore di Dio, con la Preghiera, moltiplicò anche quella.
La sua fama di santità percorse tutta la Francia e anche oltre.
Il Santo si schernì sempre dall’essere l’autore di prodigi, guarigioni e miracoli, attribuendo tutto all’intercessione di Santa Filomena (III - IV secolo), Martire dell’antica Roma, di cui la Chiesa di Ars conservava una Reliquia.
Dall’età di 11 anni desiderava vivere in solitudine, ma non gli fu permesso; rimase 41 anni Curato delle anime di Ars, contro la sua volontà, sottomettendosi a quella di Dio.
Un giorno egli disse: «Non è per la fatica che costa; ciò che spaventa è il conto che si deve rendere a Dio della vita di Curato; non sapete che cosa voglia dire passare da una Canonica al tribunale di Dio».
Tre volte tentò la fuga da Ars, ma fece sempre ritorno nel luogo dove Dio l’aveva chiamato a operare.
Fu un martire del Confessionale: arrivò a starvi anche 18 ore al giorno.
Benedetto XVI, sull’esempio di Vianney, ha invitato a rimettere al centro delle preoccupazioni pastorali la Confessione, il Sacramento che rigenera e riporta alla vita l’anima fatta per la libertà della Verità, non per la menzogna e la prigionia del peccato, che getta nelle tenebre la persona, serrandola in una gabbia di male; poi, se l’anima è torturata, tutto l’equilibrio psicofisico è turbato e compromesso.
Scriveva ancora Papa Ratzinger nella sua Lettera: «Egli sconsiglia ai suoi parrocchiani la danza; eppure le danze del suo tempo sono meno immorali e scandalose di certe danze di oggi: le sue parrocchiane ci vanno coperte e con le gonne lunghe.
Chissà che cosa direbbe di certi balli del nostro secolo!
Eppure egli nega l’assoluzione a chi non promette di astenersi da certi balli.
Alcuni gli rispondono che andranno in un’altra chiesa, dove non avranno difficoltà a farsi assolvere.
A costoro egli risponde: “Se altri preti vi vogliono aiutare ad andare all’Inferno, che se ne prendano la responsabilità”».
Papa Benedetto XVI ha indetto dal 19 Giugno 2009 all’11 Giugno 2010 l'Anno Sacerdotale, uno speciale Anno Giubilare in occasione dei 150 anni dalla morte del Santo Curato d’Ars.
Nel 1836 si organizzò un servizio di vetture fra Ars e Trévoux, tre volte alla settimana, per poi divenire quotidiano fra Ars e Lione nel 1840.
Due carrozze omnibus furono poi ulteriormente approntate, per due volte al giorno, con la linea Parigi-Lione.
Il numero dei pellegrini giunse a ottantamila all’anno, contando solo coloro che si servivano di mezzi pubblici.
Con decreto dell’11 Agosto 1855, Napoleone III promosse l’Abbé Vianney nell’Ordine Imperiale della Legion d’Onore, con il grado di cavaliere, titolo che assume un’inevitabile vena umoristica, sulle spalle spigolose e fragili del Curato, il quale, quando era diventato “canonique”, aveva immediatamente venduto, a vantaggio dei poveri, la mozzetta che gli avevano consegnato.
Un giorno si sentì dire: «Signor Curato, tutte le potenze della Terra vi offrono decorazioni; quindi Dio non mancherà di decorarvi in Cielo»; lui così rispose seriamente: «È questo che mi fa paura! Guai se alla morte mi presentassi con queste bagatelle e dovessi sentire Dio che mi dice: “Vattene! Hai già ricevuto la tua ricompensa”».
Allora, quando seppe che la Croce di Cavaliere non aveva alcun valore commerciale, altrimenti l’avrebbe venduta per i suoi poveri, la restituì al mittente.
Morì, sfinito, ma senza agonia, il 4 Agosto 1859 alle 2 della notte.
Il Campanile di Ars emise i rintocchi funebri e venne imitato dai paesi di Savigneux, Misérieux, Toussieux, Jassans-Riottier.
Dopo le esequie, il suo corpo, per consentire l’ultimo saluto dei fedeli, rimase esposto in chiesa dieci giorni e dieci notti.
Papa Pio X lo ha proclamato Beato l'8 Gennaio 1905; mentre il 31 Maggio 1925 è stato canonizzato da Pio XI.
Nel centenario della morte, nel 1959, il Pontefice Giovanni XXIII gli ha dedicato un’Enciclica, "Sacerdotii Nostri Primordia", additandolo a modello dei Sacerdoti.
Nel 1986, Papa Giovanni Paolo II, nel bicentenario della nascita del Santo, andò in pellegrinaggio ad Ars, dedicandogli la tradizionale Lettera che indirizzava ogni Giovedì Santo a tutti i Sacerdoti.
Lascia scritto il Papa: «Sulla strada del rientro dal Belgio a Roma, ebbi la fortuna di sostare ad Ars.
Era la fine di Ottobre del 1947, la Domenica di Cristo Re.
Con grande commozione visitai la vecchia chiesetta dove San Giovanni Maria Vianney confessava, insegnava il Catechismo e teneva le sue Omelie.
Fu per me un'esperienza indimenticabile.
Fin dagli anni del Seminario ero rimasto colpito dalla figura del “Parroco di Ars”, soprattutto con la lettura della Biografia, scritta da Mons. Trochu».
San Giovanni Maria Vianney sorprende soprattutto perché in lui si rileva la Potenza della Grazia Divina, la Quale agisce nella povertà dei mezzi umani.