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Totò e Padre Pio, storia di una conversione non avvenuta

“Senti Carletto, io non posso venire da Padre Pio. Non sono ancora preparato. Ho certi appetiti che non posso scacciare da me. Quando cesseranno, allora ci verrò”.

Carletto era Carlo Campanini, uno degli attori comici più famosi degli Anni Cinquanta e Sessanta. L’amico che recalcitrava davanti all’invito di salire a San Giovanni rotondo dal frate delle stigmate era Antonio de Curtis, in arte Totò. Il principe della risata non riuscì a fare il passo che Carletto aveva compiuto nel 1949 quando, ricco, famoso e disperato, diceva di invidiare chi trova il coraggio di farla finita.

Ma nel confessionale di San Giovanni rotondo, aveva trovato un padre e, da allora, non mancava di condurvi i suoi colleghi, così esposti al male di vivere che aveva aggredito lui (...). Con superficialità, si potrebbe dire che Totò e Walter Chiari sono due pesci sfuggiti dalla rete del santo.

Eppure, quanto più struggenti sono le dichiarazioni di inadeguatezza di quei due uomini intimoriti davanti alla santità a fronte delle conversioni a prezzo di realizzo tanto di moda oggi. Quanto, quelle dolorose ritrosie, fanno pensare alla responsabilità con cui va considerato il soffio della Grazia che pass accanto a ogni uomo. Riconoscendo l’incapacità di mettere riparo alla propria condizione di disordine e di peccato, i due attori dicevano a loro modo che la conversione è una cosa seria.

Forse non è un caso se, come ricorda la figlia Liliana, le ultime parole di Totò furono: “Ricordatevi che sono cattolico, apostolico, romano”. Certo, affrontare la pedagogia ruvida del frate sannita richiedeva una decisione libera da tentennamenti. Una volta in ginocchio nel suo confessionale, svaniva l’immagine di un Dio bonaccione con cui si è sempre possibile fare a mezzo. Per il confessore padre Pio, il peccato porta le anime alla dannazione. “La bestemmia”, diceva per esempio, “è la via più sicura per andare all’inferno”.

Avrebbe potuto dire che chi bestemmia “rompe il suo rapporto di amicizia con Dio” o che i bestemmiatori “si allontanano dalla fedeltà alla Parola”. Invece insegnava una cosa molto concreta: per quella direzione, si finisce all’inferno, che esiste e non è vuoto. Amen. Ma proprio questa severità permetteva al fedele di gustare la vera misericordia, mai scollata dalla verità. “Il mio passato, o Signore, alla Tua Misercordia. Il mio presente al Tuo Amore. Il mio avvenire alla Tua Provvidenza”: il padre amava far recitare questa invocazione ai fedeli e bastava questa breve formula per evocare la possibilità concreta di guardare la vita da una prospettiva inedita.

Si spiegano così le conversioni di veri e propri nemici di Dio. Ad esempio l’avvocato Cesare Festa, che era un massone di rango. Nel 1921 volle vedere da vicino quel fenomeno da baraccone di San Giovanni Rotondo e lui, il fenomeno da baraccone, passandogli davanti gli chiese se fosse un massone, gli prese le mani, lo portò in confessionale, gli raccontò la parabola del figlio prodigo, lo confessò e sottrasse al mondo un avversario di Dio per restituirgli un terziario francescano. Ecco chi era e cosa faceva padre Pio.

Alessandro Gnocchi

Questo articolo: “Totò: “Non portarmi da padre Pio. Sono prigioniero dei miei appetiti...” è liberamente tratto dal quotidiano “La Verità”, del 24 Settembre 2016, e riadattato dallo staff del sito allaquerciadimamre.it

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APPROFONDIMENTO TEMATICO (per chi vuole)

E' LA SOMMA CHE FA IL TOTALE (COME DICEVA TOTÒ)


Totò amava dire: «È sempre la somma che fa il totale». Una frase che non sembra affermare nulla, fastidiosamente lapalissiana, che dice una banalità, qualcosa di scontato... eppure esprime un dato a cui non sempre si pensa. C'è spesso una distanza tra ciò che è consolidato nel buon senso e ciò che invece guida la vita e la mentalità degli uomini. Se gli uomini vivessero sempre secondo ciò che è razionalmente evidente, tanti problemi non ci sarebbero; la questione è invece che l'uomo tende a dimenticare l'evidenza delle cose per convincersi di ciò che gli fa più comodo e quindi strutturare la sua esistenza proprio su ciò che immagina e non su ciò che riconosce. Ma Totò giustamente dice: «È sempre la somma che fa il totale». Per dire: è inutile che ci si illude, si può pensare quello che si vuole, si può immaginare tutto e il contrario di tutto... ma alla fine è sempre la realtà delle cose che viene fuori e da questa nessuno può prescindere.

Il "totale" si fa dopo; prima si mettono in colonna le varie cifre e poi si sommano, si tira la linea e zac... si calcola il totale; totale che raccoglie tutte le cifre precedenti, nessuna esclusa. La vita è così, non altro... anzi, visto che stiamo parlando di calcoli: la vita è così, né più né meno. Possiamo lavorare di fantasia, intraprendere voli pindarici, immaginare il possibile e l'impossibile, ma è così: né più né meno... perché è sempre la somma che fa il totale.

Il tempo che scorre

La vita è il tempo che trascorre, ma per andare dove? E qui sta il punto. O il tempo è indirizzato verso l'eternità oppure verso il nulla; da qui non si scappa, oltre queste due possibilità non ve ne è una terza.

L'uomo di oggi tende a costruire la sua vita sulla seconda possibilità, credendo cioè che tutto sommato il tempo è uno scorrere senza senso e che alla fine si chiuderanno gli occhi definitivamente per naufragare nel nulla assoluto. Certo, sul piano teorico, l'uomo di oggi riconosce ancora un senso, forse si crede ancora convinto che ci sarà una vita dopo la morte; ma praticamente agisce come se così non fosse; è quell'ateismo pratico di cui si sente tanto parlare: vivere come se Dio non esistesse.

Ma - diciamocelo francamente - il tempo o è apertura all'eternità o è una sorta di maledizione. Se si va verso il nulla, se il tempo è uno scorrere di attimi che avvicinano all'abisso, noi, ad ogni anno che passa, dovremmo scambiarci le condoglianze e non gli auguri. È passato un altro anno, che bello! Ma perché? Che senso ha? Dobbiamo essere allegri perché ci avviciniamo al dissolvimento? Ma siamo seri.

Altra cosa è se ci convinciamo di ciò che è invece evidente sul piano razionale e cioè che il tempo non è indirizzato verso il nulla bensì verso l'eternità; che la nostra vita non finirà, che ci potrà attendere una pienezza di cui abbiamo avuto sentore nella vita terrena ma che poi si potrà incontrare pienamente solo nella vita ultraterrena, che dovremo rendere conto di tutto perché... è sempre la somma che fa il totale.

Bisogna guardare all'altro mondo se si vuole migliorare questo

Buon senso imporrebbe che a maggior ragione i cattolici siano testimoni di questa convinzione, siano chiari segni di questa speranza... e invece non sembra proprio così. Certo non siamo proprio ai livelli del reverendo protestante Klaas Hendrikse che amministra il servizio domenicale nella chiesa olandese di Gorinchem e che sostiene non solo che Gesù non sia veramente risuscitato ma che non ci sarebbe vita dopo la morte; dicevo: non siamo proprio a questi livelli che sembrano sfiorare il piano della dissociazione psichiatrica, ma ci andiamo molto vicini. La preoccupazione dominante oggi in molti cattolici è solo la soluzione dei problemi di questo mondo e pochi parlano che prima di tutto bisogna guardare all'altro mondo se si vuole migliorare questo.

I santi insegnano che bisogna guardare il Cielo per capire la terra; oggi non è che si sente predicare il contrario (bisogna guardare la terra per capire il Cielo), né si afferma che la terra si capisce con la terra, si arriva addirittura ad affermare che meno si pensa al Cielo più si capisce la terra. Il teologo, sedicente "cattolico", Vito Mancuso scrive nel suo L'anima e il suo destino: «Il principale obiettivo di questo libro consiste nell'argomentare a favore della bellezza, della giustizia e della sensatezza della vita, fino a ipotizzare che da essa stessa, senza bisogno di interventi dall'alto sorga un futuro di vita personale dopo la morte». Dunque, se le parole hanno un senso, l'uomo salva se stesso; il che vuol dire che la terra si capisce con la terra e che "guardare il Cielo" sarebbe una sorta di optional, c'è o non c'è fa lo stesso... anzi meglio che non c'è. [...]

Corrado Gnerre

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, 11 agosto 2013

DA NON PERDERE...

Nel seguente video una scenetta tratta da un film di Totò alla quale si accenna nell'articolo:


www.youtube.com/watch