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Considerazioni sul funerale cosiddetto “civile”

Dalla rivista romana intransigente “Annali degli avvocati di San Pietro. Periodico religioso, scientifico, legale” (a. IIII, n. 7, 4 aprle 1881) una considerazione molto attuale.

Per il funerale civile diremo con Pascal: “L’immortalità dell’anima è cosa che tanto ci interessa e ci tocca si davvicino e sì profondamente che bisogna aver perduto il senno per essere nella indifferenza di saper che ne sia“.

Chi però non crede a Dio non può credere all’anima; ed il Crocifisso Signore negato in vita viene negato in morte.

Il funerale civile è un retrocedere al paganesimo, anzi è peggio perché il paganesimo aveva pure i suoi riti per i defunti; aveva i Dei Mani, ammetteva il Tartaro e gli Elisi; credeva al giudizio di Minosse.

Ma il funerale civile nulla ammette, nulla crede, e e tante volte viene imposto al defunto, al quale negli ultimi estremi della vita si vietò il ricorso al Dio delle misericordie e del perdono.

Oh! davvero, il bel progresso, la bella vittoria, il magnifico passo che sono il matrimonio civile che distrugge la famiglia, il funerale civile che non si sa a qual classe di civiltà appartenga, e che con indifferenza simile a quella dei bruti getta in una fossa gli avanzi di un uomo che pure ebbe un anima ragionevole ed immortale.

Bisogna aver perduto il senno per essere in questa indifferenza“.

Ripeteremo le parole del Pascal!