Il Governo Meloni, oltrepassato il giro di boa…

18 Giugno 2025 ore 12:02

Il Governo Meloni, sessantottesimo esecutivo della Repubblica Italiana, è in carica, come noto, dal 22 ottobre 2022. Il 22 aprile scorso, quindi, ha oltrepassato il fatidico “giro di boa”, nel senso che ha iniziato la seconda metà della sua potenziale vita politico-istituzionale se, come prevedono diversi osservatori, giungerà al termine della legislatura, previsto per il 22 ottobre 2027. Giorgia Meloni sarà dunque il primo Presidente del Consiglio ad iniziare e a portare a compimento un’intera legislatura? Sarebbe la prima volta in quasi ottant’anni di storia repubblicana e, qualora ci riuscisse, ciò costituirebbe un risultato straordinario dal punto di vista “quantitativo” per la coalizione di centrodestra. Dal punto di visto “qualitativo”, però, ovvero quello del numero e dell’efficacia delle politiche e normative introdotte e dei connessi sviluppi economici e sociali promossi nel Paese rispetto a quelli promessi in campagna elettorale, potremmo dire la stessa cosa dell’esecutivo? Dal punto di vista squisitamente politico, in altre parole, come si sta comportando e come evolverà il Governo Meloni?

Per poter rispondere sarebbe indispensabile porre una ulteriore domanda: in questi oltre due anni e mezzo di lavoro qual è il bilancio politico-legislativo del Governo? Complessivamente possiamo affermare che le luci prevalgono sulle ombre e gli aspetti positivi dell’azione dell’esecutivo sono superiori a quelli negativi. Lo diciamo soprattutto in relazione alle difficoltà economico-finanziarie con le quali l’esecutivo si è dovuto confrontare fin da prima della sua costituzione, con pezzi importanti dell’establishment, nazionale e internazionale, molto attivi nel remare contro Giorgia Meloni, i suoi progetti politici, i suoi Ministri e collaboratori.

Allo stesso tempo, però, va detto che le famiglie e le forze produttive nazionali stanno invocando da tempo più attenzione nei loro confronti, rimanendo in frustrata attesa di risultati tangibili sul versante delle riforme economico-sociali delle quali hanno bisogno. In particolare, ci riferiamo alla richiesta di maggiore determinazione nell’affrontare i temi della diffusa riduzione del potere d’acquisto e dell’impennamento della spesa energetica, del rilancio della natalità, del taglio delle tasse e della battaglia contro la criminalità e l’immigrazione illegale.

Paradossalmente, gli stessi opinionisti che al momento della sua formazione hanno alimentato nel Paese un clima di “salto nel buio” paventando l’isolamento del Governo Meloni, ne stanno attestando da almeno un anno ormai la bontà – dal loro punto di vista – del posizionamento in politica estera, così come dell’azione economico-finanziaria orientata alla salvaguardia dell’equilibrio nei conti pubblici.

Da parte di alcuni ambienti politico-istituzionali più lungimiranti, sia nell’area del centrodestra sia al di fuori, si registra inoltre insoddisfazione per le riforme istituzionali (premierato e autonomia) che stanno andando a rilento per l’insufficiente determinazione ed efficacia degli attori politici interessati e, non di rado, per le divisioni emerse in merito nella coalizione.

Altro aspetto positivo rilevato a livello bipartisan è il primato conservato dal Governo Meloni nella partecipazione alle missioni internazionali di pace. L’Italia rimane infatti il primo contributore occidentale alle missioni Onu, alle operazioni Ue e alle missioni Nato. Anche per questa ragione di proiezione esterna l’esecutivo ha manifestato un interesse apprezzabile per lo sviluppo di ambiti innovativi relativi alla sicurezza, come ad esempio i “nuovi domini” (spazio, cyber e dimensione subacquea) e la regolamentazione dell’Intelligenza Artificiale in termini non statalistici ma che tentino di prevenirne usi/effetti dannosi come la sorveglianza di massa o l’impiego dell’IA in decisioni su armi nucleari etc…

Ora che il Governo ha oltrepassato il “giro di boa”, molti si aspettano da Giorgia Meloni che prenda il toro per le corna e cerchi di smuovere ministri e maggioranza verso una nuova fase politica che consenta all’esecutivo di concludere con lo stesso grado elevato di consenso nazionale la XIX legislatura. In che modo e in quali direzioni politiche dovrebbe farlo?

Prendiamo a questo proposito in esame solo quattro dei 15 punti individuati nell’Accordo quadro di programma della coalizione di centrodestra, depositato prima dell’inizio della legislatura ai sensi dell’articolo 4 del “Rosatellum”, ovvero della legge 3 novembre 2017, n. 165, recante Modifiche al sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Proveremo quindi alla luce di questi punti programmatici ad individuare alcune “piste politiche” sulle quali sarebbe necessario per il Governo iniziare a “correre” per recuperare le frustrazioni ed insofferenze come quelle sopracitate. Abbiamo scelto quindi gli obiettivi “Per un fisco equo” (n. 4), “Sostegno alla famiglia e alla natalità” (n. 5), “Tutela della salute” (n. 6) e, infine, “Sicurezza e contrasto all’immigrazione illegale” (n. 7).

«Il Fisco aiuti, non deve opprimere», questo è il principio affermato da Giorgia Meloni nel suo intervento agli “Stati generali dei commercialisti” tenutosi il 10 giugno scorso al Roma Convention Center “La Nuvola”. «Chi è onesto va messo in condizioni di pagare», ha aggiunto la premier sprigionando a seguito dell’evento una importante corrente di ritorno di fiducia e di consenso nei confronti del Governo che va molto oltre le tradizionali aspettative della categoria. Finora, infatti, le aspettative sul taglio delle tasse e la sburocratizzazione sono rimaste abbastanza frustrate. Si tratta ora di passare, possibilmente un po’ prima della fine della legislatura, dalle parole ai fatti.

Per quanto riguarda il sostegno alla famiglia e alla natalità, oltre alle varie leggi di bilancio che hanno finanziato (o rifinanziato) provvedimenti introdotti dai precedenti esecutivi, gli unici due provvedimenti “tematici” accreditati al punto dal Dipartimento per il programma di Governo (struttura di supporto al Presidente del Consiglio che opera nell’area funzionale della programmazione strategica) sono le leggi che introducono misure urgenti “per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro” (D.L. 48/2023, convertito dalla l. 85/2023) e per il “contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale” (D.L. 123/2023, convertito dalla l. 159/2023). Solo da questo riscontro si capisce bene come le misure finora adottate dal Governo a sostegno della famiglia e della natalità sono riconducibili esclusivamente al sostegno economico ai nuclei familiari meno abbienti e con figli minori e al rafforzamento delle misure a sostegno della genitorialità attraverso il potenziamento degli asili nido e l’incremento delle agevolazioni per le famiglie. Si tratta, pertanto, di importanti politiche sociali ma che hanno poco a che fare con quella politica della famiglia che, si ripete da anni, non potrà dare risultati tangibili anche dal punto di vista natalistico se non restituisce valore sociale pubblico al matrimonio, con quel favor che parte dal garantire alle nuove coppie servizi sostenibili in termini di tempo, flessibilità e costi e arriva all’introduzione (almeno graduale) del quoziente familiare e alla maternità con riconoscimenti anche previdenziali sia alle donne che scelgono di lavorare sia a quelle che liberamente decidono di concentrarsi solo sulla genitorialità e sulla cura e di non lavorare quindi per il mercato.

Riguardo alla tutela della salute, senza poter entrare nei temi della ricostruzione della “medicina di prossimità” e della riduzione dei tempi di attesa per visite e interventi negli ospedali, questioni purtroppo ancora ben lungi da esser avviate a soluzione, è noto che il centrodestra sta per presentare una proposta di legge unitaria sul fine vita. Secondo quanto emerso, la maggioranza intende depositare un testo che rispetti i principi fissati dalla Corte costituzionale, che nella sua ultima pronuncia ha chiarito i limiti entro cui l’aiuto al suicidio può essere considerato non punibile sollecitando il Parlamento a intervenire con una normativa organica.

Sebbene al riguardo della imposizione del “governo dei giudici” e del rispetto della bioetica personalista le dichiarazioni, da ultimo, rilasciate dal vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani siano al proposito rassicuranti («La proposta terrà conto delle indicazioni della Consulta. Non esiste il diritto al suicidio, noi siamo per le cure palliative», ha detto il presidente di Forza Italia), restano preoccupazione soprattutto (ma non solo) nel mondo cattolico alla luce della mancanza di un’intesa condivisa su questo e altri “temi sensibili” nel centrodestra.

Relativamente al contrasto all’immigrazione illegale, gli argomenti sui quali il Governo si gioca la possibilità di mantenere il livello di consenso del 2022, riteniamo siano quelli del controllo reale dei confini e il rispetto dei “paletti” sulla cittadinanza da parte di una nazione in difficoltà in vari ambiti economico-sociali, ai quali si aggiunge l’inverno demografico del quale abbiamo accennato. In questo caso, paradossalmente, lo stesso partito che, in teoria, fornisce rassicurazione sul tema del fine vita, ovvero Forza Italia, è all’origine di una pressione per l’allargamento delle concessioni e l’introduzione dello ius scholae, irragionevole sia in quanto disapprovato dalla maggioranza assoluta dell’elettorato di centrodestra sia in quanto perdurante nonostante l’esito contrario (rispetto all’agenda degli immigrazionisti) del referendum proposto in merito l’8 e 9 giugno 2025 (il meno votato anche dagli elettori del Movimento 5 Stelle e del Pd).

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Potrebbe essere il momento per un bilancio onesto, senza raccontarsela