demaita
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Rosario dell'umiltà, con S.Margherita

L’umiltà è tantissimo amata da Dio. Vediamo l’itinerario di spirituale S.Margherita.
1) O Gesù nel nostro mondo terreno c’è chi ambisce a fare carriera, c’è chi ambisce a diventare importante, c’è chi ambisce ad accumulare tanto denaro e proprietà, ecc. Ma tu Gesù ci hai detto nel mondo del Regno dei Cieli i valori saranno totalmente capovolti. Nel regno dei Cieli i primi posti li avranno gli umili ed i piccoli.
O Gesù, Dio Padre e Tu Gesù, ci avete detto ripetutamente che amate tanto, tanto l'umiltà.
Perché l'umiltà è Verità. E' Verità che Dio sia dall'eternità infinitamente Santo, Potente, Amore, Buono. E che ci ha creati per sovrabbondanza d'amore, per comunicarci un raggio della sua Vita, del suo Amore e Beatitudine.
Diventare sempre più consapevoli che tutto nella nostra vita sia fisica che spirituale, è un continuo dono del suo amore per noi, ci aiuta sempre più profondamente a credere che Dio è Amore. Che perciò dobbiamo fidarci del suo amore. Che perciò non c'è nulla di meglio che renderci disponibili a realizzare il suo piano di amore per ciascuno di noi.
Tu Gesù, nella tua vita terrena, l'hai detto e l’hai perfettamente realizzato: 'Ecco io sono il tuo servo, io vengo a Dio per fare la tua volontà'.
Anche Maria SS.ma aveva questa stessa disposizione d'anima; e lo ha cantato nel Magnificat: 'Il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva... ha deposto i potenti dai troni, ed ha esaltato gli umili...’.
Essere ‘servi’ per gli uomini è un segno di disprezzo. Essere ‘servi’ di Dio è il segno della vera Fede.
E così lo è stato pure per S.Giuseppe e per tutti i Santi e Sante.
Ti preghiamo, Accresci anche in noi o Gesù, la consapevolezza che tutto nella nostra vita è dono del tuo amore. La consapevolezza che noi siamo granellini di polvere. Che non possiamo far di meglio che credere all’amore di Dio per noi. Che fidarci del suo Amore. E perciò di desiderare di realizzare come suoi servi e serve umilissimi e fedeli, la sua santa volontà sulle nostre vite.
Grazie Gesù, per un dono così grande. Grazie perché gli umili fanno gioire il Cuore di Dio Padre; che così vede sue creature che credono veramente al suo amore, che si fidano e si abbandonano totalmente al suo piano d'amore, e cercano di realizzarlo fiduciosamente, docilmente e fedelmente.
O Gesù, fa’ che possiamo anche noi giungere a far gioire il Cuore di Dio Padre, essere suoi servi, e realizzare umilmente e fedelmente il suo progetto di santità su ciascuno di noi.

2) O Gesù, già la tua vita, già la vita di Maria SS.ma, ci mostrano chiarissimamente che le condizioni avverse, le prove, non sono un ostacolo, a credere all'amore di Dio per ogni sua creatura, e perciò a dire: ‘Ecco io sono il tuo servo, ecco io sono la tua serva, si faccia di me secondo la tua santa volontà’.
Ma anzi le difficoltà diventano uno stimolo a rispondere con sempre maggior umiltà, cioè con sempre maggior fiducia, con maggior amore.
Lo vediamo applicato nella vita di tutti i Santi e le Sante, ma rifulge in modo particolare nei più piccoli e umili, in coloro che noi umanamente disprezziamo.
Oggi vogliamo vederlo applicato in una piccola santa, Santa Margherita della Metola.
Margherita nacque nel Castello della Metola, una fortezza situata nel cuore dell'Appennino umbro, a est di, Arezzo, nel 1287. I suoi genitori, il Castellano Parisio e Monna Emilia, al momento della nascita furono enormemente delusi:
Quella bambina era cieca e deforme e le loro ambizioni di avere un erede furono frustrate. La piccola oltre ad essere brutta e cieca era piccolissima, gobba e con la gamba destra più corta della sinistra.
L'orgoglio portò nei primi tempi i genitori a nascondere le reali condizioni della figlia; ma il segreto nel Castello piano piano si propagò per cui, fu deciso di rinchiudere la piccola, allora di sei anni, in una cella vicino alla chiesa di S. Maria, un edificio in mezzo alla locale foresta.

3) Da quella celletta la bambina che benché menomata, era intelligentissima, veniva accudita e riceveva pure le prime erudizioni religiose dal cappellano del Castello. Ed era proprio la religione ed i riti che, poteva seguire dalla propria cella che l'aiutarono a sopportare la segregazione.
Nel 1302 (dopo ormai nove anni che Margherita era reclusa), la giovane venne portata in un borgo vicino al Castello della Metola dove il padre aveva un palazzo fortificato e qui fu chiusa nelle cantine, senza neppure i conforti religiosi che, fino allora, avevano attutito i patimenti e le umiliazioni.
Ivi fu conosciuta ed accettata nelle Mantellate del Terz’ordine Domenicano.
Da qui Margherita passò in casa della famiglia Venturino, in una dimora benestante, in cui però lei volle le fosse riservata solo una stanzetta in soffitta. In questa famiglia la Mantellata estrinsecò un prodigio, detto comunemente "scienza infusa": ai figli che studiavano logica, geometria, musica, astronomia e grammatica latina, ella era in grado di dar le lezioni, e a chi le domandava dove avesse appreso quelle nozioni, rispondeva che improvvisamente si era resa conto di saperle. Oltre alle materie ‘scientifiche’ essa conosceva anche quelle teologiche e filosofiche ed era solita intrattenersi su tali questioni con i più dotti Padri Domenicani. Conosceva pure a memoria i centocinquanta Salmi di Davide, e l'ufficio della B. Vergine Maria, pur non avendoli mai ascoltati.

4) Col tempo i prodigi divennero sempre più evidenti. Delle guarigioni operate da Margherita quando era ancora in vita ne ricordiamo due; la prima ad essere beneficiata fu una nipote di Monna Venturino che fu sanata in condizioni disperate;
la seconda guarigione avvenne quando ad una Mantellata sua compagna, di nome Venturella, venne un tumore ad un occhio e, disperata questa si recò a cercar conforto da Margherita. La futura santa in un primo momento cercò di farle capire che la cecità fisica poteva toglierle quella parte di cecità spirituale che ancora aveva nel cuore ma poi, vista l'estrema prostrazione di suor Venturella, decise di sanarla. Fece quindi appoggiare l'occhio malato della compagna sulla sua mano e nell'istante del contatto il tumore scomparve.
Margherita morì il 13 aprile 1320 all'età di 33 anni, assistita dai religiosi Domenicani e compianta da una grande folla che da giorni sostava di fronte a quella casa dove era solita vedere la piccola e deforme Mantellata uscire per infondere a piene mani la sua spiritualità.
Secondo la Regola Domenicana, gli appartenenti a tale Ordine dovevano essere sepolti come i poveri, cioè senza cassa, avvolti nel loro mantello.
Qui però nacque un contrasto violento tra la popolazione che voleva il corpo di Margherita sepolto dentro la chiesa come si usava per i Santi; e le autorità religiose che invece volevano la sepoltura nel chiostro, vicino ai corpi delle altre Mantellate.
A risolvere la questione ci pensò un prodigio eccezionale.
Una coppia con una figlia storpia e muta si avvicinò al corpo che era stato momentaneamente posato per terra, implorando la grazia: all'improvviso la mano sinistra di Margherita si sollevò, si stese e toccò la piccola malata che urlò e iniziò a camminare e parlare completamente guarita.
Tale prodigio fu interpretato come volere del Cielo e Margherita fu considerata "santa di fatto" anche dal Priore, che fu concorde a portare la Mantellata dentro la chiesa.

5) Secondo il pensiero formatosi col tempo, se una "santa" operava guarigioni in vita, a maggior ragione avrebbe potuto "intercedere" dopo la morte, essendo "più vicina" a Dio.
Perciò una moltitudine enorme di persone sostò davanti a quel corpo e numerose furono le guarigioni: Bernardina figlia di Jacopo Gocci fu guarita dopo otto giorni di preghiera da un tumore al viso e riacquistò la vista. Federico Binoli di Villa Santa Cecilia, privo dell'uso di tutti gli arti, fu guarito istantaneamente alla vista del corpo di Margherita. Coccolo, un bambino di cinque anni, figlio di Muzi di Scalocchio, storpio dalla nascita, guarì appena il padre iniziò una preghiera. Giovanni Cambi guarì da una artrite deformante dopo essersi appellato alla Mantellata. Nanni, figlio di Finoccia di Paterno, guarì sulla tomba di Margherita da un'ulcera. Venturoccio Aldobrandini, vicino di casa della cieca della Metola, storpio, fu sanato improvvisamente. E tutte queste guarigioni furono, autenticate da notai e testimoni.
Due secoli dopo, Il 9 giugno 1558, per una ricognizione delle reliquie, all'apertura del suo sarcofago, i presenti (clero, magistrati e popolo), rimasero sbalorditi: benché le vesti fossero polverizzate, il corpo era intatto come se Margherita fosse morta da poche ore, e per di più emanava un piacevole profumo.
Il corpo fu rivestito di abiti nuovi e deposto in una nuova cassa.
A questa ricognizione seguirono numerosi miracoli e guarigioni che spinsero avanti la causa di beatificazione. E nel 1601 furono presentati alla Sacra Congregazione dei Riti i titoli di Margherita per il riconoscimento della sua santità.
Fu fatta un'inchiesta sulla vita ed i miracoli, e in ottobre 1609 la Chiesa riconobbe ufficialmente la santità della Serva di Dio: Margherita della Metola, stabilendo il 13 aprile come giorno della sua festa.
Oggi i resti mortali della Mantellata riposano sotto l'Altare Maggiore della chiesa di S. Domenico a Città di Castello (PG).
Era nata cieca, storpia, deforme, eppure divenne graditissima a Dio e ufficialmente Santa. Dio, nel suo giusto giudizio, per l’eternità innalza gli umili, che credono al suo amore anche nelle condizioni apparentemente più avverse.

(Estratto da: Il Segno del soprannaturale, ottobre 2021, pag 17).