Paul
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ECOGRAFIA DI UN ABORTO. L'aborto uccide veramente un piccolo essere vivente o elimina un semplice grumo di cellule? Video di Bernard Nathanson che mostra, attraverso una ecografia, quello che accade …Altro
ECOGRAFIA DI UN ABORTO.
L'aborto uccide veramente un piccolo essere vivente o elimina un semplice grumo di cellule? Video di Bernard Nathanson che mostra, attraverso una ecografia, quello che accade all'embrione durante l'operazione di aborto.Ripreso dal Movimento per la Vita di Civitavecchia
Marcellino
Ho visto quel bambino sbriciolarsi e sono diventata pro-life
Abby Johnson , direttrice di una clinica di Planned Parenthood si dimette dopo avere assistito all’ecografia di un aborto
L’ex direttrice di una clinica di Planned Parenthood nel sudest del Texas dice di avere avuto un “cambiamento di cuore” dopo avere visto un aborto il mese scorso, ha lasciato il suo lavoro e si è unita ad un gruppo …Altro
Ho visto quel bambino sbriciolarsi e sono diventata pro-life

Abby Johnson , direttrice di una clinica di Planned Parenthood si dimette dopo avere assistito all’ecografia di un aborto

L’ex direttrice di una clinica di Planned Parenthood nel sudest del Texas dice di avere avuto un “cambiamento di cuore” dopo avere visto un aborto il mese scorso, ha lasciato il suo lavoro e si è unita ad un gruppo pro-life per pregare fuori dall’edificio.
Abby Johnson ha accompagnato diverse donne dalle loro auto alla clinica negli otto anni in cui ha fatto volontariato e lavorato per Planned Parenthood a Bryan (Texas). Ma dice di aver capito che era ora di andarsene dopo avere visto un feto “sbriciolarsi” mentre veniva risucchiato fuori dall’utero di una paziente a settembre.
“Mentre lavoravo da Planned Parenthood ero estremamente pro-choice”, ha detto la Johnson a FoxNews.com. Ma dopo avere visto il funzionamento interno della procedura per la prima volta su un monitor ad ultrasuoni “direi che c’è stata una conversione definitiva nel mio cuore… una conversione spirituale.”
La Johnson ha detto di essersi disingannata del suo lavoro dopo che i suoi capi l’avevano spinta per mesi ad aumentare i profitti effettuando sempre più aborti, che costano alle pazienti dai 505 ai 695 dollari.
«Ad ogni incontro che avevamo ci dicevano: ‘non abbiamo abbastanza denaro, non abbiamo abbastanza denaro, dobbiamo continuare a fare aborti’» ha detto la Johnson a FoxNews.com. «È un affare che dà molti soldi ed è per questo che vogliono aumentare i numeri».
«Planned Parenthood è focalizzata sulla prevenzione» ha scritto Diane Quest, National Media Director del gruppo; «in tutta la nazione, più del 90% del servizio sanitario fornito dalle cliniche di Planned Parenthood è di natura preventiva», spiegando che «il cuore della missione dell’organizzazione è aiutare le donne a pianificare gravidanze sane e prevenire gravidanze indesiderate.»
Ma la Johnson ha detto che i suoi capi le dissero di cambiare le sue “priorità” e di concentrarsi sugli aborti, che rendevano più denaro in un momento in cui la recessione li stava danneggiando.
«Per loro non ci sono molti soldi per l’istruzione» ha detto. «Non ci sono tanti soldi per la pianificazione familiare perché c'è l’aborto.»
Senza un medico fisso, ha detto, la sua clinica effettuava aborti solo due giorni al mese, ma il medico poteva effettuare da 30 a 40 procedure ogni giorno in cui era presente. La Johnson ha stimato che ogni aborto poteva fruttare alla filiale circa 350 dollari, arrivando fino a più di 10'000 dollari al mese.
«La maggior parte del denaro andava alla clinica», ha detto.
La Johnson ha detto di non avere mai ricevuto ordini di aumentare i profitti per email o lettera, e di non avere modo di provare le sue accuse sulle pratiche effettuate alla filiale di Bryan. Ha dichiarato a FoxNews.com che le pressioni le venivano attraverso le interazioni personali con il suo direttore regionale dal più grande ufficio di Houston.
Ha detto di essersi trovata coinvolta con la clinica “per aiutare le donne e... [fare] la cosa giusta”, e l’idea di rastrellare denaro le sembrava contraria a quella che pensava fosse le missione della organizzazione fondata 93 anni fa.
«Idealmente il mio obiettivo come direttrice della clinica è che il numero di aborti non aumenti» perché «fornisci così tanta pianificazione familiare e informazioni in modo che non ci sia una richiesta di aborti»
«Ma questo non era il loro obiettivo» ha detto.

Di seguito l’intervista rilasciata il 7 novembre da Abby Johnson a Mike Huckabee di FoxNews channel

MIKE HUCKABEE: Bene, lei ha aiutato molte donne ad abortire, ma ora è una forte sostenitrice della causa pro-life e partecipa alle manifestazioni di protesta proprio davanti alla clinica per cui lavorava. Diamo il benvenuto alla ex direttrice di Planned Parenthood, Abby Johnson, da Bryan College Station, Texas. Abby, è davvero bello averla qui.
ABBY JOHNSON: Grazie.
M.H. Abbiamo chiesto a Planned Parenthood di fare una dichiarazione. Abbiamo chiesto loro di essere presenti e raccontare la loro versione della storia. Abbiamo questa dichiarazione che voglio rendere pubblica. Hanno detto: «Planned Parenthood rispetta le credenze di ognuno sulla più personale tra le questioni mediche, e Planned Parenthood rimane completamente impegnata ad assicurare che ogni donna che affronta una gravidanza indesiderata conosca tutte le sue possibilità. Planned Parenthood è impegnata soprattutto sulla prevenzione. In tutta la nazione, più del 90% del servizio sanitario fornito dalle cliniche di Planned Parenthood è di natura preventiva».
Abby, il mio giudizio sulla loro dichiarazione è che loro prevengono qualche cosa. Prevengono la nascita, non le malattie. Non c’è nessuna malattia in una gravidanza. Malattia vuol dire stare male. Non stai male quando hai un bambino.
A.J. No.
M.H. Quando lavorava da Planned Parenthood, le sembrava che la cosa centrale fosse la cura della salute e la prevenzione della malattia?
A.J. No, è prevenzione, cioè, la maggior parte è prevenzione della gravidanza. Ed è così che sono rimasta coinvolta.
M.H. La prima volta.
A.J. La prima volta.
M.H. Per aiutare la gente a non avere una gravidanza indesiderata.
A.J. Esatto. Questo è proprio il motivo per cui sono rimasta coinvolta. Ma ho scoperto presto che uno dei loro obiettivi era fare denaro. E la maniera per fare denaro è aumentare il numero degli aborti che fanno.
M.H. Lei stava lavorando in realtà, prestando aiuto ed assistenza ad un aborto, e ha visto sul monitor dell’ecografo il processo dell’aborto. Mi dica, che cosa ha visto mentre l’ecografo stava funzionando ed era in corso l’aborto?
A.J. Beh, sono stata chiamata nella stanza per prestare assistenza durante una procedura. Ed era in realtà una procedura abortiva guidata dagli ultrasuoni, che non è comune nei centri di Planned Parenthood perché è una procedura abortiva più lunga, e i centri di Planned Parenthood cercano di fare più procedure possibili, così non ci mettono molto tempo per ogni procedura. Ma per una qualche ragione questo medico aveva deciso di effettuare una procedura guidata dagli ultrasuoni su questa donna in particolare. E così fui chiamata ad aiutare. Il mio compito era tenere la sonda a ultrasuoni sulla pancia di questa donna cosicché il medico potesse vedere l’utero sullo schermo. E quando ho guardato lo schermo ho visto un bambino sullo schermo. La donna era incinta di circa 13 settimane in quel momento. E ho visto un profilo laterale completo. Ho visto dal volto ai piedi sull’ecografo. E ho visto la sonda entrare nell’utero della donna. E in quel momento ho visto il bambino che si muoveva e cercava di andare via dalla sonda.
M.H. Cercava di allontanarsene. O mio Dio.
A.J. Sì, è ho pensato: «Sta lottando per la sua vita», ed ho pensato: «È vita, voglio dire, è vivo».
M.H. Fino a quel momento, Abby, non le era sembrato così a lei che era capace di usare parole come “feto” e “tessuto”, è molto diverso rispetto a quando ha visto la forma riconoscibile di un bambino.
A.J. Era vivo.
M.H. Che cosa ha fatto? Ha detto qualcosa in quel momento al medico?
A.J. No, cioè, la mia mente stava correndo, il mio cuore batteva all’impazzata. E pensavo solo: «Oddio, fa’ che finisca». E poi, improvvisamente, era tutto finito, in un batter d’occhio. E ho visto il bambino letteralmente sbriciolarsi, ed era finito. E allora ho lasciato cadere la sonda a ultrasuoni. E poi ho compreso, «O mio Dio, non sto tenendo la sonda a ultrasuoni», e allora ho messo la sonda a posto. E tante cose mi passavano per la mente, pensavo alla mia figlia che ha tre anni, pensavo alla bella ecografia che ho fatto di lei, pensavo a come era perfetta quell’ecografia quando aveva 12 settimane nell’utero. E pensavo: Che sto facendo, che sto facendo qui? E avevo una mano sulla pancia di questa donna e pensavo: C’era vita qui dentro, ed ora non c’è. E...
M.H. Lei stava letteralmente tenendo la mano al di sopra, al di sopra dalla sua pancia in quel momento.
A.J. Sì.
M.H. Ed ha capito che ciò che c’era sotto la sua mano un momento prima era vita ed era andata via?
A.J. Sì.
M.H. Mio Dio. Per altro, la donna ha visto qualcosa di questo? poteva vedere lo schermo?
A.J. No, era sedata.
M.H. La gente non vede mai che cosa capita a loro.
A.J. No.
M.H. Non posso fare a meno di pensare che se lo vedessero potrebbero correre fuori da queste cliniche.
A.J. Sì, assolutamente. Se quelli che lavorano nella clinica vedessero che cosa stava capitando su quello schermo, correrebbero fuori. Ecco perché l’industria dell’aborto non vuole che vedano. Non vuole che vedano cosa capita davvero durante un aborto. È per questo che Planned Parenthood e tante industrie di aborti non fanno procedure abortive con l’ecografo. Non vogliono che la gente veda che cosa capita davvero nell’utero della donna.
M.H. Penso a cosa lei ha passato. Deve essere uscita quel giorno pensando: Non voglio passare il resto della mia vita a fare carriera qui dentro. Qual è stato il passo successivo? Lei era il direttore esecutivo di quella clinica di Planned Parenthood, e tuttavia non sapeva che cosa succedeva in quelle stanze da quel punto di vista.
A.J. Sì, sono andata a casa quel giorno, e ho preso la decisione quel giorno stesso, e sono andata a casa e ne ho parlato con mio marito. Mio marito è un insegnante, abbiamo una figlia, quindi dipendiamo da due redditi e così abbiamo deciso che sarei tornata a lavorare e che avrei cercato un altro lavoro. Sapevo che avevo due settimane prima che in clinica si facessero altri aborti chirurgici. Così ho avuto due settimane per trovare un altro lavoro. Così andai, la prima settimana fu piuttosto tranquilla. E venne il fine settimana, venne lunedì, ed ero seduta nel mio ufficio e piangevo. Avevo la porta chiusa. E pensavo solamente: Che cosa farò? Che cosa farò? Non voglio stare qui.
M.H. Che cosa ha detto la gente alla clinica quando alla fine ha detto: Me ne vado?
A.J. Beh, nessuno sapeva davvero cosa stava capitando. Non ho potuto parlare a nessuno della clinica perché non sapevano cosa stava succedendo nel mo cuore. Non capivano cosa stava succedendo. Ed ora che lo sanno, Planned Parenthood ha messo un ordine restrittivo su di me ora che sanno che lavoro con il movimento pro-life.
M.H. Spero che quelli di Planned Parenthood mettano un ordine restrittivo su se stessi e smettano di effettuare le terribili procedure che fanno tutti i giorni. Abby Johnson, grazie. Ha avuto molto coraggio a condividere la sua storia. E la ringrazio tanto, e spero che sia un grande avvertimento sul fatto che non possiamo ascoltare solo le parole. Dobbiamo capire le azioni che ci stanno dietro.
A.J. È vero.
M.H. Grazie. Dio la benedica. Che storia meravigliosa.
A.J. Grazie, grazie.M.H. Abby Johnson.
CCSNI
NO AL ABORTO CINEMA CATOLICO
NO AL ABORTO CINEMA CATOLICO
Paul
È l’aborto choc che nessuno racconta -APRILE 2010 -
di Melania Rizzoli
Il cappellano del nosocomio di Rossano, in provincia di Cosenza, sabato scorso aveva saputo che la mattina presto era stato eseguito un aborto terapeutico nel suo ospedale, e verso le 12, dopo aver celebrato la messa e aver fatto il giro dei malati nelle corsie, si è avviato nella sala operatoria dove era avvenuta l’interruzione …Altro
È l’aborto choc che nessuno racconta -APRILE 2010 -
di Melania Rizzoli

Il cappellano del nosocomio di Rossano, in provincia di Cosenza, sabato scorso aveva saputo che la mattina presto era stato eseguito un aborto terapeutico nel suo ospedale, e verso le 12, dopo aver celebrato la messa e aver fatto il giro dei malati nelle corsie, si è avviato nella sala operatoria dove era avvenuta l’interruzione di gravidanza, per pregare per un’altra anima mai venuta al mondo.

Il prete si è avvicinato al tavolo di metallo dove, in un fagottino di tela bianca, era stato deposto il feto di 22 settimane abortito da oltre quatto ore… e con orrore ha notato un movimento. Quando ha scostato il telo ha potuto constatare che il feto non solo non era morto, ma era ancora vivo, respirava e si muoveva, nonostante il cordone ombelicale non legato, il tempo trascorso dall’uscita dall’utero materno, e il freddo dell’aria condizionata, sempre accesa in sala operatoria. Fatta la drammatica scoperta il cappellano ha chiesto aiuto, ha protestato per la mancanza di cure e di assistenza e quindi il piccolo bambino abortito è stato infilato in un’incubatrice di Neonatologia nell’ospedale civile dell’Annunziata di Cosenza dove ha smesso di respirare ben due giorni dopo, lunedì mattina.
La Procura ha aperto un’inchiesta e l’opinione pubblica griderà allo scandalo e all’orrore per questo caso. Ma è necessario sapere che casi del genere succedono di frequente. Proprio così.
Una gravidanza regolare dura quaranta settimane, per cui se un feto viene abortito oltre la metà delle settimane di gestazione, ma spesso anche prima, è molto probabile che nasca vivo. Anzi molto spesso nasce vivo. In sala operatoria il medico abortista consegna il feto abortito, a cui non viene legato il cordone ombelicale per accelerarne la morte, né viene riservata alcun tipo di assistenza, ad un’infermiera che lo avvolge in un fagotto di garze, appunto, e lo pone su un tavolino lì vicino, mentre le attenzioni di tutti i presenti si concentrano nuovamente sulla donna adulta e viva, che ha appena partorito, spesso in anestesia, mentre il feto appena nato viene abbandonato in solitudine al suo destino, che è appunto quello di essere stato abortito. Nessuno dell’équipe medica e infermieristica operativa e in nessun modo ha l’autorizzazione, il compito, e la facoltà di sopprimere il feto nato vivo, né di accelerare la sua fine, per cui si attende, lasciandolo senza assistenza medica né assistenza terapeutica, che la vita, o la morte, faccia il suo «naturale» decorso.
Molte volte, come nel caso di Cosenza, un feto, anche se malformato, può resistere in vita anche diverse ore, con grande disagio ed imbarazzo del personale infermieristico che non può interrompere il servizio, né rendere agibile la sala operatoria per un altro intervento, prima che tutto il precedente sia compiuto e che la procedura sanitaria successiva sia terminata e certificata.
Non c’è nemmeno una norma o legge che impegni il personale sanitario a monitorare il feto che nasce vivo, o a praticare su di lui alcunché, anche perché il medico che interrompe la gravidanza è abilitato appunto all’esecuzione dell’aborto, e quindi alla eliminazione definitiva del feto stesso.

Coloro che parleranno di questo caso come «caso raro», mentono o non conoscono, o non hanno mai frequentato le sale ginecologiche né le sale operatorie, in genere allestite per la salvaguardia e la tutela della vita umana, ma talvolta adibite a scopi opposti.

Fortunatamente le molte madri mancate non conoscono queste storie dolorose, non conoscono nemmeno il sesso del proprio bambino, non vengono a conoscenza e non sanno quasi mai se il loro figlio abortito abbia respirato, vagito, o mosso gli arti in attesa della fredda morte, vissuta in completa solitudine e abbandono terapeutico, anzi nessuna di loro si pone proprio il problema, mai reso pubblico e tanto crudele da sembrare inverosimile tanto da invocare la strage degli innocenti.
In proposito mi vengono solo in mente i versi del poeta francese Guillaume Apollinaire il quale, scrivendo delle madri rinunciatarie, recitava: «Mettono bruscamente al mondo dei bambini, che hanno appena il tempo di morire».
Ecco, alcuni di loro, i più sfortunati certamente, hanno «abbastanza» tempo di morire
Paul
• Thirty years ago, Gianna Jessen's mother had an abortion when seven-and-a-half months pregnant.
The abortion failed and, 18 hours later, Gianna (pictured) was born alive.
She suffered cerebral palsy as a result of the botched abortion, yet has defied doctors' predictions that she would never walk.
In fact she has run a marathon, is an accomplished singer and writer and travels the world to campaign …Altro
• Thirty years ago, Gianna Jessen's mother had an abortion when seven-and-a-half months pregnant.

The abortion failed and, 18 hours later, Gianna (pictured) was born alive.
She suffered cerebral palsy as a result of the botched abortion, yet has defied doctors' predictions that she would never walk.
In fact she has run a marathon, is an accomplished singer and writer and travels the world to campaign against abortion.
Her mother was 17 when she decided to have the abortion. Weighing 2lbs when she was born, she spent several months in hospital fighting for her life, before being placed in a foster home.
Her cerebral palsy, which was caused by her brain being starved of oxygen during the abortion, was diagnosed at 17 months old. Doctors said she would never be able to crawl or even sit-up unaided, much less stand or walk.
Now, after several operations and years of physiotherapy she has proved them wrong. Gianna does not know why her natural mother chose to abort her.
She said: "If abortion is about women's rights, then what were my rights?
"No decision is solely yours to make. All decisions affect another human being - whether it is for good or for ill.
"If people are going to talk about abortion, then it's important for them to know that these babies can be born alive and survive."
Un altro commento da Paul
Paul
人工流产可以说是一个“公民权利”?虽然我们每个人是在子宫内形成的,也是我们的第一部法律:生命权。除非这项权利没有得到采取暴力,是由人工流产死亡。然后流产可以说是一个“公民权利”?
在意大利,帮助有需要的母亲怀孕,有“项目杰玛,谁救出000名从堕胎的孩子。电话02-48702890。如果我怀孕,你麻烦热线'SOS救援中心生活很”电话8008-13000