«L’Amoris Laetitia di papa Francesco è un atto della Divina Volontà?» PUBBLICATO IL 13 DICEMBRE 2018 LUISAPICCARRETA.NET Oggi è Santa Lucia (283 – 304 d.C.), grande martire cristiana. Una vergine …Altro
«L’Amoris Laetitia di papa Francesco è un atto della Divina Volontà?»

PUBBLICATO IL 13 DICEMBRE 2018 LUISAPICCARRETA.NET

Oggi è Santa Lucia (283 – 304 d.C.), grande martire cristiana. Una vergine uccisa durante le persecuzioni di Diocleziano a Siracusa.

In suo onore, con quegli stessi occhi sacrificati a Cristo, ossia alla verità desidero proporre a coloro che la cercano sul serio, uno sguardo sincero sul nostro panorama di allarmante attualità. Desidero riportare l’attenzione sui gravi tempi spirituali della Chiesa nella sua dolorosa passione. Questa coraggiosa e straordinaria dissertazione che segue, merita ancora tutta l’attenzione teologica dei buoni pensatori. Di un buon pensatore onesto come il filosofo cattolico J. Seifert, amico e collaboratore di Benedetto XVI e Giovanni Paolo II.

Egli interroga i “cattolici” e si interroga in tutta umiltà:

“Come possono Gesù e la sua Madre santissima leggere e paragonare queste parole del Papa con quelle di Gesù e della sua Chiesa senza piangere?”.

Luciano Mirigliano

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(di Josef Seifert) In tutto il mondo molte voci di gioia e lode hanno risposto all’ultimo documento di Papa Francesco, Amoris laetitia. Questo testo contiene indubbiamente numerosi passaggi molto belli e profonde verità che danno gloria a Dio e rallegrano il lettore. Il testo irradia l’amore misericordioso di Dio e del Papa verso tutti e contiene grandi perle di saggezza.

Nonostante la letizia della Gioia dell’amore e tutte le lodi che ne hanno tessuto vescovi e cardinali, trovo che alcuni passaggi dell’esortazione apostolica e, in particolare, quelli che avranno maggiori conseguenze, siano motivo di tristezza.

Tali passaggi, che talvolta sono nascosti in poche righe e note a piè di pagina nell’ottavo capitolo, soppiantano alcune delle più belle parole misericordiose e delle più severe ammonizioni di Gesù e, di primo acchito, sembrano respingere alcune dottrine perenni e parti della disciplina sacramentale della Chiesa. A mio avviso, pertanto, rischiano una valanga di conseguenze molto dannose per la Chiesa e per le anime.

Sì, perché Gesù non condanna la donna adultera che, secondo la legge di Mosè, meritava la morte, ma le dice: “Va ed’ora in poi non peccare più”.

Il suo successore Francesco, citando il Sinodo, dice alla donna adultera che, anche se continuerà a peccare in modo grave, non dovrebbe sentirsi scomunicata:

Essi non solo non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa, sentendola come una madre che li accoglie sempre, si prende cura di loro con affetto e li incoraggia nel cammino della vita e del Vangelo” (AL, 299).

Ciò che dice il Papa qui è vero (dal cambiamento del diritto canonico nel 1983): i divorziati che hanno contratto (senza la nullità del primo matrimonio) una seconda unione non sono automaticamente scomunicati come in passato. Non lo sono infatti. La scomunica è il castigo ecclesiastico più severo con il quale vengono puniti dalla Chiesa solo alcuni peccati molto gravi. La scomunica può essere data automaticamente (per esempio per eseguire un aborto o collaborare a questo scopo) o esplicitamente mediante un atto del vescovo. L’adulterio, che io sappia, non è stato mai punito con la scomunica. Nel codice di diritto canonico del 1917, tuttavia, l’adulterio e il risposarsi (matrimonio civile) fu considerato punibile con la scomunica. Il canone 2356 considerò questo atto un caso di bigamia (e oggettivamente lo è, se il vincolo del primo matrimonio continua a esistere). Nel Codex iuris canonici si dice che i bigami sono quelli che si sposano civilmente, mentre il vincolo matrimoniale con un’altra persona continua a esistere. Il CIC chiede di avvertirli che il loro atto porterà alla scomunica. E se dopo essere stati informati continueranno a convivere devono essere scomunicati.

Papa Francesco “dice che è sbagliato se un compagno di una coppia divorziata inganna la sua compagna (adultera) perché questa non gli permette di avere rapporti sessuali”. Non nego che alcuni valori umani esistono rimanendo fedeli nell’ambito di una relazione adultera e bigama. Né pretendo che “la fedeltà nella coppia adultera non abbia senso”. Direi però che un atto sessuale commesso al di fuori dei rapporti tra la coppia bigama non è necessariamente, e di fatto non è mai, solo moralmente peggiore degli atti dei “fedeli adulteri civilmente sposati”. Questo “inganno”, infatti, se avviene in un “matrimonio” adultero assume, almeno da un punto di vista religioso, un “valore negativo” minore di un atto sessuale tra la coppia adultera “risposata” per l’aspetto “bigamo” e perché attraverso la pretesa di “contrarre un nuovo matrimonio” i suoi atti sono in un certo senso peggiori del “semplice adulterio”.

Tutto questo è indubbiamente l’insegnamento della chiesa che mai punisce un adulterio con la scomunica, ma in passato punì con la scomunica quanti contraevano un nuovo matrimonio civile in una relazione adultera.

In particolare, rompere un vincolo sacramentale del matrimonio è evidentemente un peccato non paragonabilmente peggiore dell’inganno in un matrimonio adultero civile non valido dal punto di vista ecclesiastico. In un simile “adulterio” contro la coppia adultera non si viola un vincolo sacramentale del matrimonio che non esiste tra la coppia divorziata e risposata.

In questo modo si viola solo un vincolo umano (che sul piano religioso e morale è un vincolo intrinsecamente nullo e sbagliato).

In generale, quindi, trovare “valori positivi” in relazioni omosessuali e adultere, dire che la chiesa dà il “benvenuto” a quanti la praticano, ecc. è un linguaggio che, benché abbia un granello di verità, corre il rischio di un oscuramento dei valori massimi e reali e dei demeriti dei quali si tratta.

Se la relazione, secondo nostro Signore, è un adulterio, è un male se la coppia non vive “come fratello e sorella”, nel cui caso può essere un amore di grande valore. Quanto all’osservazione di Papa Francesco che se le coppie risposate si comportano soggettivamente a partire da una coscienza pura e pertanto possono essere in uno stato di grazia che consentirebbe loro di ricevere la Santa Comunione fruttuosa per le loro anime, non nego tale possibilità.

Insisto tuttavia che non possiamo ritenere che questo sia il caso normale di una coppia divorziata e risposata. Perché allora il Sinodo e il Papa trattano questo caso degli “adulteri innocenti” quasi come un caso normale e concedono alle “coppie irregolari”, come l’amico del Papa e probabile coautore dell’AL dichiara, l’“accesso completamente libero all’Eucaristia”, “eliminando tutti gli ostacoli”?

Perché non appare mai una sola parola sul pericolo reale del sacrilegio, se coppie adultere o bigame ricevono la Sacra Comunione? Perché su 250 pagine non vi è neanche una parola sulla dichiarazione delle Sacre Scritture che “nessun adultero entrerà nel Regno di Dio”? Neanche una parola che affermi ciò che san Paolo dice, ossia che chi mangia e beve indegnamente il corpo e il sangue di Cristo mangia e beve il proprio giudizio? Non sarebbe misericordioso ricordare queste parole alle “coppie irregolari” invece di considerarli “membra vive della Chiesa”?

Questo era senza dubbio il punto di vista di Suor Faustina, l’apostola della misericordia, che scrisse nel suo diario che oggi [fine ottobre 1936] sotto la guida di un angelo, sono stata negli abissi dell’inferno. E un luogo di grandi tormenti per tutta la sua estensione spaventosamente grande. Queste le varie pene che ho viste: la prima pena, quella che costituisce l’inferno, è la perdita di Dio; la seconda, i continui rimorsi di coscienza; la terza, la consapevolezza che quella sorte non cambierà mai; la quarta pena è il fuoco che penetra l’anima, ma non l’annienta; (…) la quinta pena è l’oscurità continua, un orribile soffocante fetore (…); la sesta pena è la compagnia continua di satana; la settima pena è la tremenda disperazione, l’odio di Dio, le imprecazioni, le maledizioni, le bestemmie. (…) Quello che ho scritto è una debole ombra delle cose che ho visto. Una cosa ho notato e cioè che la maggior parte delle anime che ci sono, sono anime che non credevano che ci fosse l’inferno”.

Se un cambiamento della disciplina della Chiesa ammette coppie che oggettivamente vivono in un peccato talmente grave da essere fino a poco tempo fa scomunicate automaticamente, un silenzio totale sul pericolo reale di “mangiare e bere il proprio giudizio per ricevere indegnamente l’Eucaristia” è incomprensibile, perché questo pericolo così grave è certamente presente se le coppie che vivono in adulterio ricevono la Santa Comunione. E se le parole delle Sacre Scritture dicono questo, non dirlo neanche con una sola sillaba o negarlo esplicitamente affermando che “nessuno sarà condannato per sempre” non è, credo, un atto di misericordia, ma di grande crudeltà.

Ritengo, pertanto, che per preservare la santità del matrimonio e dell’Eucaristia e per evitare uno scandalo pubblico enorme, sia necessario dire alle coppie che talvolta, grazie alla purezza della loro coscienza, sono in stato di grazia, che devono ricevere la “comunione spirituale” che non suscita né scandalo pubblico né comporta il rischio di un sacrilegio.

Se vivono oggettivamente e soggettivamente in uno stato di peccato, inoltre, non si deve dire loro che sono “membra vive della Chiesa”, se non si convertono dal peccato di adulterio.

Naturalmente è vero e può essere un gran conforto per queste coppie sapere che la misericordia di Dio è sempre presente; tuttavia è del tutto assente il “Va e non peccare più”, manca l’invito alla conversione dal peccato e un divorziato civilmente sposato non è “un membro vivo della Chiesa” e non “va nel cammino della vita e del Vangelo” se non si converte, anche se può sempre intraprendere questa strada aperta a tutti grazie alla confessione e al pentimento.

Con tutta la sua misericordia, Gesù ci avverte 15 volte in modo esplicito che esiste il pericolo della condanna eterna se persistiamo in un peccato grave; mentre il suo …