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Ottobre: MESE DEL SANTISSIMO ROSARIO

- Beato Alano della Rupe: ESEMPI DI DONNE DEVOTE

- Lo specchio della peccatrice Benedetta, di Firenze. (prima parte)


- "Nella Città di Firenze, in Toscana, vi era
una donna di nome Benedetta (di cui anche
si parla nella vita di San Domenico), di nobile
famiglia e di straordinaria bellezza.
Sciupò gli anni della giovinezza,
bruciandoli in conversazioni pericolose, fino
a diventare una pubblica meretrice, con
grandissimo rischio per le anime.
Quando la vide, San Domenico, illustre
Sposo della Beatissima Vergine Maria,
rimase affascinato della sua grande bellezza,
e, allo stesso tempo, si dispiacque
grandemente della sua immoralità, che
(stava portando) alla perdizione (non solo)
lei, (ma anche) tante anime, redente dal
Sangue di Cristo.

Per volere di Dio, tuttavia, quella
peccatrice, dopo il Sermone di Domenico,
toccata dalle sue parole, andò a confessarsi
da lui.
Terminata la confessione, (San)
Domenico, tra le altre cose, le disse: “Vuoi,
che io, preghi per te Nostro Signore Gesù
Cristo e la dolcissima Maria Madre Sua, e Mia
Sposa, perché ti riportino a quello stato (di
vita), che ti è più conveniente per la tua
salvezza?”.
Ella (rispose): “Sì, Padre dolcissimo, ti
chiedo umilmente, e ti prego di farlo!”.
Quando (San) Domenico uscì dal
confessionale, subito pregò per lei.
E subito, una moltitudine di demoni
entrò nel corpo della donna, e per un anno
intero, rimase posseduta e indemoniata, con
grande stupore e orrore di tutto il popolo, in
particolare dei suoi amanti e di molti altri
uomini carnali.

Che (avvenne) poi?
Dopo un anno, (San) Domenico ritornò e
visitò la sua prigioniera.
Allora ella, piangendo e sospirando, lo
scongiurava grandemente di aver pietà di lei,
e di darle una mano per liberarla dai nemici
del genere umano.
Egli acconsentì volentieri, e, avendole
fatto un segno di Croce, per intercessione
potente della Vergine Maria del Rosario
(mediante la quale, compiva sempre grandi
opere), scacciò da lei tutti i demoni, che
erano 450 di numero, e le diede come
penitenza, di recitare, ogni giorno, tre Rosari
della Vergine Maria, ovvero 450 Ave Maria,
corrispondenti al numero dei demoni di
prima.

Una cosa triste!
Ascolta ciò che avvenne dopo.
Dopo che l’assai infelice peccatrice fu
liberata da essi, e abbandonata a se stessa,
iniziarono di nuovo a divampare (in lei) i
fuochi della carne, a spuntare pensieri
carnali, e a ribollire nuovamente (in lei), i
desideri dei piaceri della carne.
I precedenti amanti ritornarono da lei,
vedendo che era ritornata al precedente
splendore e bellezza corporea, e la
istigavano a peccare, finché la misera,
dimenticando la Misericordia di Dio e la (Sua)
Grazia, ritornò alle precedenti azioni
scellerate, e cedette più smodatamente di
prima.
Ad ella correvano innumerevoli
(uomini), e di nuovo era ritornata ad essere,
ancor più di prima, un penoso scenario degli
spettacoli del diavolo.

San Domenico, avendo saputo della
caduta di Benedetta e la rovina di tantissimi
uomini, andò da lei, mosso dallo Spirito di
Dio.
Giunto finalmente dove abitava, la trovò
in casa, attorniata dalle consolazioni dei
miseri (amanti), e, allontanando tutti con la
luce divina (del suo sguardo), rivolto ad essa,
con volto minaccioso, disse: “E’ vero o no, o
figlia, che avevi promesso a Cristo e alla
Vergine Maria, di condurre una vita onesta?
Tu sapevi che saresti stata punita da
Dio con maggior rigore, se fossi ricaduta, e
questa punizione è arrivata”.
Ella sentendo ciò, era scossa e taceva,
e, sbigottita, non ardiva parlare.
Allora l’uomo di Dio (le) disse:
“Seguimi!”.
E la condusse immediatamente, così
com’era, con indosso la veste di meretrice,
nella Chiesa maggiore, e la seguiva
un’immensa folla di popolo, e qui, sedutosi in
confessionale, ascoltò la confessione di
quella poveretta, mentre tutti (la)
guardavano con immenso sconcerto.
(Ed egli invocò), nuovamente, il
Soccorso di Dio.
Terminata la Confessione, (San)
Domenico le disse: “Vuoi, o figlia, che io ti
affidi alla dolcissima Madre di Misericordia,
per la salvezza tua e degli altri?”.
La poverina, tremante e confusa, disse:
“Sì, o Signore, sia fatto come tu desideri!”.

Allora (San) Domenico (le cui preghiere
erano sempre esaudite secondo i suoi
desideri), pregò un po’ davanti a lei, ed ecco,
davanti a tutti i presenti, 450 demoni
entrarono in lei, come in precedenza, e la
tormentavano orribilmente.
Imprigionata, incatenata, legata,
strillava e gridava terribilmente, e, tra lo
sconcerto di coloro che assistevano, venne
portata a casa.
Domenico, poi, all’improvviso disparve,
e si ritrovò in un attimo a Parigi.
Così dunque, quella misera, per un anno
e più, rimase ossessa, e ogni giorno era
terribilmente tormentata.
Tuttavia, aveva qualche momento al
giorno di tregua, e (approfittava) della calma
per recitare con perseveranza i tre Rosari
della Vergine Maria.

E, durante quei momenti (i demoni) non
riuscivano a infastidirla, o ad impedirle (la
recita del Rosario), sebbene cercassero di
ostacolare la poverina a servire la Madre di
Dio, con lo scricchiolio delle assi, o con il
brusio di voci, o strattonandole le vesti o i
capelli.
Mentre, dunque, la povera prigioniera
della Beata Vergine Maria e di (San)
Domenico, era colpita da tante sofferenze,
accadde in una Vigilia della Vergine Maria,
che ella, in un’estasi, fosse rapita in spirito
(San Domenico, per volere di Dio,
all’improvviso si trovò di nuovo accanto a lei,
e pregava supplichevolmente Dio per lei), e si
vide davanti al Tribunale di Dio, ed era
orribilmente trascinata (in giudizio), tra le
infinite schiere dei Santi, con un’aureola
splendente di luce.
Venne portato un enorme Libro, grande
quanto una stanza altissima, che aveva i
sigilli della maledizione e dell’Inferno.
In esso era precisamente raffigurata
l’intera vita di Benedetta, e, allo stesso
tempo era raccontata.

Fu ordinato alla poverina di guardare
attentamente la raffigurazione del primo
foglio e di leggere ciò che vi era scritto.
Quanto era descritto la terrorizzava e
angosciava a tal punto, che avrebbe preferito
attraversare una fornace ardente di 150
stadi, che guardare solo il primo foglio.
Allora, agitata e smarrita, cominciò ad
urlare a voce alta, dicendo: “Ahimè! Ahimè!
Me maledetta, e non benedetta, perché,
misera, sono venuta al mondo?
Perché sono così sfortunata, in
confronto agli altri figli e figlie di Eva, e sono
colma di così tanti mali?
Guai a me, misera figlia della
maledizione!
E, ahimè, guai ai genitori che mi hanno
generato e non mi hanno insegnato.
Ahimè!
Guai molto più a coloro che per primi mi
trassero in inganno.
Ahimè, ahimè!
Dove mi volgerò?
Dove andrò?
Dove mi nasconderò?
Dove fuggirò?
Che dirò e cosa farò?
Ahimè! Ahimè! Me misera!
Vedo l’inferno aperto per afferrarmi,
vedo il Giudice inflessibile, che mi
(condannerà) all’Inferno.
Ahimè!
Perché non sono morta giovane?
Perché non sono morta nella culla?
Invece, ahimè!
Dopo questa lunga vita malvagia, sono
giunta alla massima infelicità.
Oh, se mi fossi resa conto di così grandi
pericoli, e li avessi evitati, vivendo
santamente!
Oh, se il mondo e le donne del mondo
venissero a conoscere ciò che io vedo, cosa
mai penserebbero?
Che direbbero?
Che farebbero?
Guai a me, figlia della perdizione e della
dissolutezza, dell’infamia e d’ogni sozzura,
abisso di orrenda vergogna e di ogni
scelleratezza.
Furono così fugaci i miei piaceri, ed
ecco ahimè! Ahimè!
A causa di essi, vedo preparati, davanti
a me, gli eterni tormenti”.

E così, urlando e gettandosi a terra,
davanti al sommo Giudice, era sconvolta da
un immenso dolore.
Il Giudice, adirato, con voce autorevole,
le disse: “Alzati, mettiti in piedi, fa’ ciò che
ho detto, e leggi nel tuo Libro, davanti a tutti,
le cose che hai fatto!”.
Ed ella lesse la prima parola del primo
foglio, e si accorgeva che le lettere e gli apici
prendevano ai (suoi) occhi, la sembianza
delle varie pene (dell’Inferno), e le sarebbe
stato assai più semplice, più dolce e più mite,
sostenere la morte del corpo, che sopportare
il dolore della più minuscola lettera di quel
Libro.
Una cosa terribile!
Volente o nolente, la misera lesse la
prima pagina del Libro della morte, tra strilli,
sospiri, lamenti e tormenti, tanto che,
venendole a mancare le forze, stramazzò
davanti al Giudice, da sembrare morta.
Ma, l’inflessibile e temibile Giudice, le
disse a gran voce di leggere l’intero suo Libro
fino alla fine.

Quando la poverina girò (pagina) per
leggere il secondo foglio, urlò così
fortemente, per l’angoscia, la paura, il
batticuore, ed il terrore dalle pene che vi
erano in quella pagina, che anche le pietre e
le altre cose inanimate, se l’avessero
ascoltata e capita, avrebbero pianto insieme
a lei.
Allora coloro che stavano lì, si
inginocchiarono compassionevoli davanti al
Giudice, chiedendo perdono per questa
infelice poverina.
Il Giudice non volle esaudirli, essendo
stato offeso per lungo tempo, assai
gravemente da essa, e dal momento che
moltissime anime si erano perdute a causa
sua.
Per questa ragione, doveva leggere per
intero il Libro che ella aveva scritto, e dopo
(ella) avrebbe ricevuto la giusta sentenza,
che meritava per le sue azioni.

Allora uno dei presenti, che a lei
sembrava essere San Domenico (che ella
vedeva assai distintamente, più di se stessa),
rivoltosi alla misera, disse: “Presto, grida a
Maria, la Madre di Dio, che tu hai servito nel
Rosario, perché Ella abbia Misericordia di
te”.
Allora, piangendo e struggendosi
fortemente, rivolgendosi a Maria, Madre di
Dio, ella disse umilmente: “O Signora, Madre
dolcissima di Misericordia e Regina, abbi
pietà di me maledettissima peccatrice, (e
guarda) la (mia) prostrazione, a causa dei
miei peccati.
Abbi pietà di me, che mi trovo qua”.
Allora la Nostra Sovrana, intercedette
presso il Giudice per lei, e lo supplicò, e lo
convinse ad aver pazienza e a riconciliarsi.
Rivolgendosi, allora, a lei, con
maggiore benevolenza di prima, il Giudice le
disse: “Ecco, figlia, ora ti concedo un tempo
di penitenza.
Bada bene, allora, di combattere senza
tregua, mediante la penitenza, tutti i peccati
che scrivesti nel tuo libro della morte.
Se invece farai il contrario, ti
condannerò alla dannazione eterna, nel
giorno che non ti aspetti”.
Così disse, e la visione disparve, ed
ella, ritornata in sé, vide Domenico che stava
accanto a lei nella Chiesa.
Immediatamente si confessò con lui
con grande accuratezza, e gli domandò che
cosa dovesse fare per cancellare
quell’orrendo Libro.
Ed egli (rispose): “O figlia,
raccomandati alla Vergine Maria!
Ella, infatti, oggi è venuta in tuo
soccorso, e, se la servirai, ti soccorrerà in
avvenire.
Ora devo andare altrove, ma quando
sarò di ritorno, ti manifesterò ciò che il
Signore vuole da te”.

Così per circa tre mesi, ogni giorno, con
tutte le forze, salutava l’amorevole Maria nel
Suo Rosario.
Quando (San) Domenico ritornò,
durante la celebrazione della (Santa) Messa,
ella fu rapita in spirito per circa tre ore, e
vide la dolcissima Vergine, che le disse: “O
figlia, o figlia, molto spesso mi hai chiesto
come si potesse cancellare il tuo Libro
infernale, ed ecco, Io Madre di Misericordia,
sono venuta ad insegnarti il segreto per
poter cancellare interamente (il Libro) della
morte.
E subito, l’amorevole Maria, porgendole
un bellissimo Giglio, scritto a lettere auree,
lo diede a Benedetta, e le disse: “Leggi, o
figlia, e (facendo) questo cancellerai i tuoi
peccati”.
Così vi era scritto sul Giglio: “Ricordati
della gravità del peccato e della Misericordia
di Dio per te”.
Ella ammutolì per la vergogna, e Nostra
Signora, rivolgendosi a lei, disse:
“1. Ti dico, o figlia, che è così grande la
gravità del più piccolo peccato mortale,
tanto riprovevole a Dio e a tutti i Santi, e
tanto biasimevole alla Corte Celeste del
Paradiso, che, se Io e tutti i Santi che sono in
Cielo, potessimo commettere un solo
peccato mortale, subito precipiteremmo
all'Inferno e saremmo dannati in eterno.
2. (Sai), o figlia, che Lucifero e tante
migliaia di demoni, a causa di un solo
peccato mortale, furono all’istante espulsi
dal Cielo, e si dannarono per l’eternità?
Tu dunque, o figlia, hai superato tutti
costoro per numero di peccati, e sei più
immeritevole, più miserevole, più abietta di
loro, e così dissimile a noi.
Hai forse ricevuto un’esigua
misericordia e una grazia di poco conto?
Questa immensa Misericordia, allora, ti
deve spingere a ricorrere alla Misericordia di
Dio che ti ha dato il perdono e la grazia”.
Udendo ciò, Benedetta, gemeva e
piangeva a dirotto, per la potenza di questo
Giglio.

Allora, la Vergine Maria, la Benedetta
fra le donne, porse a Benedetta, un secondo
Giglio, perché lo leggesse.
Su di esso vi era scritto: “Ricordati
della morte innocente di Cristo, e imita le
penitenze dei Santi”.
Nostra Signora le disse: “Se Dio Padre
ha tanta avversione per il peccato, da non
risparmiare il Suo proprio Figlio, ma all’età di
trentatré anni, lo espose alle ingiurie del
mondo, e, nonostante fosse senza peccato,
alla fine lo fece condannare ad una morte
infame, a causa del solo peccato di
disubbidienza di Adamo.
Non dovrai, allora, ringraziare
enormemente Dio, che non ti ha castigata e
ti ha concesso altro tempo per pentirti,
mentre, invece, il Figlio di Dio, dal primo
istante del suo concepimento, fino al
momento della morte, per te, sempre, in ogni
istante, visse nell’angoscia della morte,
tante volte, quante tu hai offeso Dio con i
peccati.
E poi, non sai che coloro che sono più
graditi a Dio, i Profeti, gli Apostoli, i Martiri, i
Confessori, le Vergini e tutti i Santi, furono
assai tribolati nel mondo?
E tu, o misera, hai commesso tanti
peccati, eppure, per lungo tempo, per
misericordia sei stata risparmiata, e non hai
ricevuto alcun castigo”.
Queste parole erano penetrate nel
cuore di Benedetta come aguzze saette, e le
scorrevano (sulle guance) abbondanti rivoli
di lacrime.

Maria con infinita sapienza porse a
Benedetta il terzo Giglio, affinché lo
leggesse, e su di esso vi era scritto:
“Ricordati delle sofferenze (causate) dal
peccato del primo uomo, e dai peccati di tutti
gli eletti”.
Maria, spiegando ciò, disse: “O figlia
Benedetta, non dovrai forse dispiacerti molto
della tua vita, risparmiata per Divina
Misericordia, al vedere il Primo Uomo Adamo,
cacciato dal Paradiso con sua moglie Eva, e
la condanna della morte, trasmessa a tutta
la sua discendenza, insieme
all’assoggettamento alla fame, alla sete, al
freddo, al caldo e alle infinite calamità della
terra, fino alla fine del mondo, cosa che è
visibile (a tutti)!
Ecco davanti a te vedi la spada del
divino castigo, per punire, in ogni luogo e ad
ogni ora, il peccato d’Adamo: eppure, tu hai
commesso in tanti anni un gran numero di
peccati, ancor più ripugnanti e terrificanti, e
non sei stata castigata per essi, ma sempre
amorevolmente sopportata.
O figlia, questo forse non ti sembrerà
strabiliante e di immenso valore?
E ancora, (ricordi) quando tutto il
mondo perì nel diluvio per il peccato di
lussuria, e non solo uomini, ma anche tutti gli
animali e le piante, e soprattutto
innumerevoli fanciulli innocenti?
E tu, ricolma di infiniti peccati, non vuoi
convertirti a Dio, nonostante non sia stata
castigata con alcuna pena?”.

(Beato Alano della Rupe
IL SANTISSIMO ROSARIO: IL SALTERIO DI GESU’ E DI MARIA
Volume V: Opere complete del Beato Alano della Rupe o.p.:
Libro V: GLI ESEMPI )


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