“Alzati o donna e custodisci questa preghiera che ti dono con la quale sarai libera dalle molestie del demonio”. Non sono pochi i biografi del grande santo lusitano – diventato poi “di Padova” – …Altro
“Alzati o donna e custodisci questa preghiera che ti dono con la quale sarai libera dalle molestie del demonio”.

Non sono pochi i biografi del grande santo lusitano – diventato poi “di Padova” – che tramandano l’episodio avente al centro queste parole.

Il racconto riferisce di come Sant’Antonio iberò una donna di Santarem, in Portogallo.

Si trattava di una sua devota – anche se peccatrice – tormentata da un demonio che la tentava. Per via di queste molestie demoniache, la malcapitata compiva spesso stranezze inspiegabili che la rendevano bizzarra perfino a se stessa. Un giorno il marito, in un momento d’ira, le gridò che era indemoniata. E la povera donna, già in difficoltà e con addosso il peso di una difficile vita, decise di suicidarsi gettandosi nel fiume Tago.

Determinata a mettere in atto il suo triste proposito, la donna uscì di casa, ma mentre si incamminava verso il fiume si imbatté in una chiesa francescana nella quale si stavano celebrando i solenni festeggiamenti in onore di Sant’Antonio da Padova: era infatti il 13 giugno, giorno della festa del Santo.

La donna, allora, decise di entrare in chiesa per elevare un’ultima preghiera. Mentre pregava, però, affranta per la lotta che combatteva dentro di sé e stremata dalle fatiche, s’addormentò e in sogno le apparve il Santo che le disse:

“Alzati o donna e custodisci questa preghiera che ti dono con la quale sarai libera dalle molestie del demonio”.

Svegliatasi bruscamente, la donna si guardò attorno e scorse proprio lì vicino un piccolo foglietto di pergamena sul quale erano scritte le seguenti parole accanto a un segno di Croce:

“Ecce Crucem Dómini, fúgite, partes advérsæ. Vicit Leo de tribu Iuda, Radix David. Allelúia! Allelúia!”

(“Ecco la Croce del Signore, fuggite, potenze nemiche. Ha vinto il Leone della tribù di Giuda, stirpe di Davide. Alleluia! Alleluia!”)
.

A quella vista la donna si strinse al cuore il biglietto prodigioso e completamente liberata da ogni disturbo malefico fece ritorno a casa piena di speranza. Il marito, venuto a conoscenza del segreto, ne parlò in ogni dove: la notizia del fatto prodigioso si diffuse tanto. Venuto a sapere della cosa Re Dionigi – marito di Santa Elisabetta del Portogallo, sul trono dal 1279 al 1325 – incuriosito dall’accaduto, chiese di poter vedere la piccola pergamena miracolosa e non appena l’ebbe tra le mani se ne impossessò rifiutandosi di restituirla alla legittima proprietaria.

Ed ecco il demonio impossessarsi subito della donna, che afflitta nuovamente, implorò il Re di restituirgliela, ma il Re non ne volle sapere. La donna, allora, si rivolse ai Francescani i quali riuscirono a ottenere dal Re di poter eseguirne di quella pergamena una copia conforme. E quale gioia quando si scoprì che la copia conforme possedeva le stesse virtù di quella originale!

Anche se la composizione non ha proprio nulla di originale, trattandosi di un’antifona della liturgia cantata nell’ufficio divino delle Lodi per la festa della Santa Croce (ma, evidentemente si era ben impresso nella memoria di Sant’Antonio), essa ha avuto per secoli e sino ad oggi una fortuna straordinaria.

Con l’appoggio dell’ordine francescano, la preghiera si diffuse rapidamente, spesso vergata su foglietti che imitavano le fattezze dell’originale.

Al successo della preghiera contribuì anche Papa Sisto V (1585-1590), francescano, che nell’estate del 1586 la fece scolpire sulla base dell’obelisco, da lui fatto erigere in Piazza San Pietro a Roma,
dove ancora oggi è visibile.
Mario Sedevacantista Colucci condivide questo
Oremus pro
in Piazza S Pietro