Comunione per tutti, profanazione senza vergogna

I gesuiti vogliono dare la Comunione a tutti perché sono convinti che Gesù e la sua Chiesa appartengano a loro.
L’inquietante articolo di Sandro Magister (vedi qui) ci offre l’occasione per riflettere su questa grave situazione, di cui parlammo in questi editoriali:
L’oggetto del poter di Kasper e Bergoglio, l’Eucaristia;
Credete la chiesa doppia protestante e luterana?
Lutero una “medicina” per la Chiesa?

Questa volta ad imbrigliare ancora di più la matassa, non è direttamente il Papa, ma i suoi collaboratori – tutto in famiglia! –, cioè i gesuiti de La Civiltà Cattolica.
Per chi fosse digiuno di storia, ricordiamo che La Civiltà Cattolica è la più antica delle riviste cattoliche esistente, fondata a Napoli nel 1850 e diretta interamente dai gesuiti. Divenuta da subito organo ufficiale della “voce del Papa” prima che nascesse L’Osservatore Romano, è sempre stata la rivista che spiegava i documenti papali e la politica del Vaticano. Tutti i Pontefici si sono serviti di questa rivista per le proprie pubblicazioni, supervisionando tutto ciò che veniva proposto alla pubblicazione e, dopo attente letture e valutazioni, stabilivano cosa e come andasse stampato.
Padre Pedro Arrupe (destra) con il giovane padre Jorge Mario Bergoglio (sinistra).
Oggi, inutile negarlo, la Chiesa è sottoposta ad una revisione-dittatoriale gesuitica. Non soltanto gli organi ufficiali di radio, stampa, comunicazioni, sono in mano ai gesuiti, ma lo è anche il Papa il quale non fa eccezione alla regola di Pedro Arrupe: nessun gesuita può fare a meno del confratello. Una mano lava l’altra, e tutte e due lavano il viso.
In passato abbiamo avuto Pontefici francescani, domenicani, carmelitani, benedettini, ma nessuno di loro, come in questo oggi, ha mai piegato la Chiesa al proprio Ordine.
Non stiamo assistendo ad una sagra cinematografica: ci troviamo davanti ad un problema serio nel quale, è bene chiarirlo subito, l’Eucaristia non è affatto un diritto.
Per dimostrare che l’Eucaristia sarebbe un “diritto-uguaglianza”, Papa Francesco disse: “Quando, tanti anni fa – cento anni fa, o di più – il Papa Pio X disse che si doveva dare la comunione ai bambini, tanti si sono scandalizzati. «Ma quel bambino non capisce, è diverso, non capisce bene…». «Date la comunione ai bambini», ha detto il Papa, e ha fatto di una diversità una uguaglianza, perché lui sapeva che il bambino capisce in un altro modo. Quando ci sono diversità fra noi, si capisce in un altro modo” (vedi qui).
Questo è ciò si vuole passare, storpiando grossolanamente i fatti, perché le cose non stanno così. San Pio X non intendeva fare “di una diversità un’uguaglianza”. Con il Decreto Quam singulari Christus amore si spiegava perché, la SS. Eucaristia, che fin dai primi secoli veniva data ai bambini, poi fu vietata al IV Concilio Lateranense ed oggi, con Pio X ridata ai bambini. Così spiega il Decreto:

“Tal costume in appresso venne a cessare nella Chiesa latina, e si cominciò a non ammettere i fanciulli alla sacra mensa se non quando avessero qualche uso incipiente di ragione e una proporzionata cognizione dell’augusto Sacramento. La qual nuova disciplina, già ammessa da alcuni Sinodi particolari, fu confermato solennemente dal Concilio Lateranense IV, l’anno 1215, col celebre canone XXI, che prescrive ai fedeli, non appena giunti all’età della ragione, la Confessione sacramentale e la Santa Comunione, con queste parole: «Ogni fedele dell’uno e dell’altro sesso, giunto all’età della discrezione, confessi da solo e fedelmente tutti i suoi peccati, almeno una volta l’anno, al suo sacerdote, e procuri di adempiere secondo le forze la penitenza ingiuntagli, ricevendo riverentemente, almeno alla Pasqua, il sacramento dell’Eucaristia, salvo che per consiglio del suo sacerdote o per qualche ragionevole motivo credesse doversene temporaneamente astenere».

Il Concilio di Trento (Sess. XXI, De Communione, cap.4), senza punto riprovare l’antica disciplina di amministrare l’Eucaristia ai bambini prima che abbian raggiunto l’uso della ragione, confermò il decreto Lateranense e pronunciò anatema contro chiunque la pensasse altrimenti: «Chi negasse che tutti e singoli i cristiani fedeli dell’uno e dell’altro sesso, giunti all’età della discrezione, siano obbligati ogni anno, almeno nella Pasqua a comunicarsi, secondo il precetto della Santa Madre Chiesa, sia “anatema”» (Sess. XIII, De Eucharistia, cap.8, can.9)”.
Questo excursus ci è utile per comprendere che è un falso parlare di diritto e di uguaglianze; la preoccupazione dei Padri della Chiesa era quello di aiutare – uomini e donne, eccola la vera uguaglianza dei diritti, dell’uno e dell’altro sesso – a comprendere che per ricevere l’Eucaristia bisogna essere in stato di grazia, ossia confessati e liberati, in quel momento, da ogni grave peccato. Punto!

Immaginetta di San Pio X

Non ci sono divieti o imposizioni; il divieto accompagnato dall’anatema anche al concilio di Trento riguarda non l’età in sé ma la comprensione dello stato di peccato. San Pio X superò questo ostacolo ricorrendo semplicemente al fatto che i bambini non hanno ancora maturato la malizia che è già, piuttosto, in crescita in età adolescenziale e sono più docili, quando ben preparati, ad accogliere il Mistero.
Il punto era “quale è l’età giusta della discrezione”? San Pio X, che era stato per anni parroco, conosceva bene la situazione dei bambini e ben sapeva che, seppure nell’innocenza del loro stato, essi parevano comprendere l’importanza dell’amare Dio e il desiderio di riceverlo nell’Eucaristia. Non si può comprendere l’Eucaristia “in altro modo” che quello insegnato dalla Chiesa, e non si può riceverla se non con le stesse intenzioni insegnate dalla Chiesa. Diversamente a ciò si parlerebbe di “profanazione”, di abuso.
La motivazione di San Pio X era questa:

«E sebbene la prima Comunione suole esser preceduta da più diligente istruzione e da un’accurata confessione sacramentale, ciò che veramente non si pratica da per tutto, è sempre tuttavia dolorosa la perdita della prima innocenza, perdita che forse sarebbe potuta evitarsi, se si fosse in età più tenera ricevuta l’Eucaristia… Son questi i danni recati da coloro che insistono oltre il dovere nell’esigere preparazioni straordinarie alla prima Comunione senza accorgersi forse che siffatte cautele provengono dagli errori dei Giansenisti, i quali sostengono essere la SS.ma Eucaristia un premio, non un farmaco all’umana fralezza. Ma ben altrimenti la intese il Concilio di Trento, quando insegnò che essa “è un antidoto per liberarci dalle colpe quotidiane e preservarci dai peccati mortali”».
E non senza le clausole. Eccone due imponenti:
L’età della discrezione tanto per la Confessione quanto per la Comunione è quella in cui il fanciullo comincia a ragionare, cioè verso il settimo anno, sia al di sopra di esso, sia anche al di sotto. Da questo momento comincia l’obbligo di soddisfare all’uno e all’altro precetto della Confessione e della Comunione.
Per la prima Confessione e per la prima Comunione non è necessaria una piena e perfetta cognizione della dottrina cristiana. Però il fanciullo dovrà in seguito venire imparando il catechismo intero, in modo proporzionato alle forze della sua intelligenza.

Orbene, l’Eucaristia non è un premio
, ma farmaco che prevede la medicina della Confessione e dell’assoluzione dei peccati, dunque il riconoscimento del proprio peccato e abbandonarlo. E poiché si ricade spesso, quest’Eucaristia è il farmaco che solo un malato, intento a debellare il proprio male – confessione, pentimento e la dovuta penitenza –, può ricevere.

Veniamo così alla questione dell’inter-comunione con i protestanti. Essi non accettano la Confessione, non riconoscono gli altri Sacramenti, non riconoscono il sacerdozio ordinato ma solo comune dei fedeli; soprattutto sostengono che non c’è la Transustanziazione nella Consacrazione, ma una presenza “spirituale” di Gesù. Dunque, di cosa stiamo parlando? Di quali diritti? Questa è profanazione senza pudore, senza vergogna.
Sono almeno quarant’anni che, da frange sincretiste protestanti e cattoliche, si pretende l’inter-comunione, ossia, la pretesa di ricevere l’Eucaristia almeno negli incontri ecumenici. Fu proprio san Giovanni Paolo II a sbarrare questa strada, proprio nella sua ultima enciclica, dedicata all’Eucaristia. Denunciò duramente questi abusi, scrivendo:

«Se in nessun caso è legittima la concelebrazione in mancanza della piena comunione, non accade lo stesso rispetto all’amministrazione dell’Eucaristia, in circostanze speciali, a singole persone appartenenti a Chiese o Comunità ecclesiali non in piena comunione con la Chiesa cattolica. In questo caso, infatti, l’obiettivo è di provvedere a un grave bisogno spirituale per l’eterna salvezza di singoli fedeli, non di realizzare una inter-comunione, impossibile fintanto che non siano appieno annodati i legami visibili della comunione ecclesiale» (Ecclesia de Eucharistia, n. 45).
La Comunione ai protestanti – e con loro – è perciò impossibile e il motivo non è un’intollerabile o dittatoriale disuguaglianza! Ma è un diritto divino che, nella situazione in cui sono i protestanti, questo diritto è stato rigettato e rinnegato con la loro apostasia ed eresia.

Giovanni Paolo II e Pedro Arrupe.
Pochi conoscono la battaglia che Giovanni Paolo II, novello romano pontefice, dovette affrontare con il generale dei gesuiti, il già menzionato Pedro Arrupe, proprio riguardo la disobbedienza – l’insubordinazione, per usare un termine militare – dei soldati della Compagnia.
«Voi create confusione nel popolo cristiano», si lamentò il Pontefice in un messaggio del settembre del 1979 al “papa nero” dell’epoca. «E ansia alla Chiesa e anche personalmente al papa che vi sta parlando». Elencò poi le pecche dei gesuiti, parlò della loro «eterodossia dottrinale» e chiese loro di «ritornare al magistero supremo della Chiesa e del pontefice romano». Non avrebbe potuto tollerare oltre, disse, le loro deviazioni… (1)
Purtroppo Giovanni Paolo II dovette subire e tollerare, suo malgrado, per altre questioni di politica pastorale o, se preferite la verità, di politically correct, il politicamente corretto, la prepotenza gesuitica che avanzava inesorabilmente coi suoi dottori quali il francese Pierre Teilhard de Chardin, il tedesco Karl Rahner ed altri, con la loro “chiesa del popolo”, sviluppo autocefalo della teologia della liberazione.
Una rara foto dell’allora padre Bergoglio.
Ecco, l’allora padre Bergoglio si caratterizzava per questa differenza: lui era contro la teologia della liberazione, ma per incarnare quella del popolo; qui sta questa deviazione dell’uguaglianza anche dei Sacramenti, e dei Sacramenti intesi come dei diritti che chiunque può ricevere, indipendentemente dallo stato di peccato in cui ci si trova.
Giovanni Paolo II era ben lontano dal comprendere la gravità di queste ulteriori derive, ma almeno mise questi paletti anche se oggi, come stiamo assistendo, le sue encicliche vengono fatte a brandelli e, nella Chiesa, si fa quello che viene scritto ne La Civiltà Cattolica, organo non più “voce del papa”, ma gazzettino dei gesuiti modernisti che hanno preso il potere nella Gerarchia.

POST SCRIPTUM

Ringraziando per la segnalazione, riportiamo quanto segue. Nel sito Vaticano c’è il testo del settembre 1979 in cui Giovanni Paolo II dice espressioni diverse dalla didascalia dell’immagine:

“Dalle informazioni che da ogni parte del mondo mi pervengono, conosco il grande bene che operano tanti religiosi gesuiti con la loro vita esemplare, col loro zelo apostolico, con la loro sincera e incondizionata fedeltà al Romano Pontefice. Certamente non ignoro – e così rilevo anche da non poche altre informazioni – che la crisi, la quale in questi ultimi tempi ha travagliato e travaglia la vita religiosa, non ha risparmiato la vostra Compagnia, causando disorientamento nel popolo cristiano, e preoccupazioni alla Chiesa, alla Gerarchia ed anche personalmente al Papa che vi parla…”.
La sostanza non cambia, ma è bene avere sempre il testo ufficiale, perciò ringraziamo e consigliamo la lettura del libro di Malachi Martin che spiega molte altre questioni.

cronicasdepapafrancisco.wordpress.com/…/comunione-per-t…
Gloria Dio Padre
che grazia sarebbe se Dio ci levasse omissis (come lo chiama riscossa cristiana) e ci desse S. PIO X che facesse piazza pulita.
Sam Gamgee
L'ordine dei gesuiti e' ormai una fucina di disobbedienza, tradimento della Fede ed eresia . Da 60 anni devastano la vigna del Signore . Se la Chiesa fosse in condizioni almeno decenti , il loro Ordine sarebbe da sciogliere e la maggior parte di loro dovrebbe essere ridotta allo stato laicale . Sotto stretta osservazione si dovrebbero mettere anche Domenicani ,Cappuccini ed altri ordini minori . …Altro
L'ordine dei gesuiti e' ormai una fucina di disobbedienza, tradimento della Fede ed eresia . Da 60 anni devastano la vigna del Signore . Se la Chiesa fosse in condizioni almeno decenti , il loro Ordine sarebbe da sciogliere e la maggior parte di loro dovrebbe essere ridotta allo stato laicale . Sotto stretta osservazione si dovrebbero mettere anche Domenicani ,Cappuccini ed altri ordini minori . Purtroppo oggi sono loro che hanno il coltello dalla parte del manico .
Francesco I
Sancte Pie X, ora pro nobis et pro conversione papae Francisci !