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San Giovanni Paolo II sulla musica sacra - Maestro Aurelio Porfiri

Come oramai abbiamo bene imparato, i fatti spesso non contano ma sono importanti i nostri pregiudizi.

Questo è vero per tante cose, come per esempio per interpretazioni arbitrarie che diamo di certi testi, a nostro vantaggio.

Nel campo della musica sacra è lo stesso. Prendete per esempio il salmo 150, dove si invita ogni vivente a lodare il Signore e che viene interpretato come se permettesse che ogni strumento possa essere usato nella liturgia, ogni tipo di musica, ogni moda.

In realtà San Giovanni Paolo II, nella sua udienza generale di mercoledì 26 febbraio 2003 così commentava questo salmo: “È, dunque, necessario scoprire e vivere costantemente la bellezza della preghiera e della liturgia. Bisogna pregare Dio non solo con formule teologicamente esatte, ma anche in modo bello e dignitoso. A questo proposito, la comunità cristiana deve fare un esame di coscienza perché ritorni sempre più nella liturgia la bellezza della musica e del canto. Occorre purificare il culto da sbavature di stile, da forme trasandate di espressione, da musiche e testi sciatti, e poco consoni alla grandezza dell’atto che si celebra”.

A me non sembra un invito a far entrare nella liturgia qualunque cosa, ma la richiesta di fare entrare solo ciò che è bello e dignitoso.

La bellezza non è un fatto meramente soggettivo: certo, a me può piacere Michelangelo, a te Raffaello, ma non ci verrà mai nella mente di negare la grandezza e bellezza delle opere di questi grandi artisti.

L’interpretazione della bellezza ha certamente degli elementi di soggettività, ma la bellezza in se stessa è oggettiva in quanto si avvicina il più possibile alla vera e unica Bellezza, che è Dio.

Foto: © wikipedia, CC BY, #newsHarrxvcbrd