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Il bacio dell' "Apostolo apostata" e i vituperi del Sinedrio di Caifa - meditazione di Sant'Alfonso M. de' Liguori

1. Dice il Bellarmino che maggior pena recano agli spiriti nobili i disprezzi che i dolori del corpo. Poiché se questi affliggono la carne, quelli affliggono l'anima, la quale quanto è più nobile del corpo, tanto più sente la pena. Ma chi mai avrebbe potuto immaginarsi che il personaggio più nobile del cielo e della terra, il Figliuolo di Dio, venendo nel mondo a farsi uomo per amore degli uomini avesse avuto ad esser trattato da essi con tanti vituperi ed ingiurie, come se fosse stato l'ultimo ed il più vile di tutti gli uomini? (cf Is 53, 23). Asserisce S. Anselmo che Gesù Cristo volle soffrire tali e tanti disonori che non potè essere più umiliato di quel che fu nella sua Passione.
O Signore del mondo, voi siete il più grande di tutti i Re, ma avete voluto esser disprezzato
più di tutti gli uomini per insegnare a me l'amore ai disprezzi. Giacché dunque avete voi sacrificato il vostro onore per amor mio, io voglio soffrire per amor vostro ogni affronto che mi sarà fatto.

2. E qual sorta di affronti non soffrì il Redentore nella sua Passione? Egli si vide affrontato dagli stessi suoi discepoli. Uno di essi lo tradisce e lo vende per trenta danari. Un altro lo rinnega più volte protestando pubblicamente che non lo conosce ed attestando con ciò di vergognarsi d'averlo conosciuto per lo passato. Gli altri discepoli poi al vederlo preso e legato tutti fuggono e l'abbandonano: Tutti allora (i suoi discepoli), abbandonandolo, fuggirono (Mc 14, 50).
O abbandonato mio Gesù, e chi mai prenderà le vostre difese, se al principio della vostra cattura i vostri più cari si partono e v'abbandonano? Ma oh Dio che questo disonore non finì colla vostra Passione. Quante anime dopo essersi dedicate alla vostra sequela e dopo essere state da voi favorite con molte grazie e segni speciali d'amore, spinte poi da qualche passione di vile interesse o di rispetto umano o di sozzo piacere, ingrate vi lasciano? Chi si ritrova nel numero di questi ingrati, pianga e dica: Ah mio caro Gesù, perdonatemi, che io non voglio più lasciarvi; prima voglio perder la vita e mille vite che perdere la vostra grazia, o mio Dio mio amore, mio tutto.

3. Ecco come Giuda giungendo nell'orto insieme coi soldati si fa avanti, abbraccia il suo Maestro e lo bacia. Gesù permette che lo baci; ma conoscendo già il suo animo iniquo, non può trattenersi di non lagnarsi con esso di quel troppo ingiusto tradimento, con dirgli: Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo? (Lc 22, 48). Indi si affollano d'intorno a Gesù quegl'insolenti ministri, gli pongono le mani sopra e lo legano come un ribaldo: Le guardie dei Giudei afferrarono Gesù e lo legarono (Gv 18, 12).
Oimè, che vedo! Un Dio legato! Da chi? Dagli uomini! da vermi da lui stesso creati! Angeli del Paradiso, che ne dite? E voi mio Gesù, come vi fate legare? Che han che fare, dice S. Bernardo, i legami degli schiavi e dei rei con voi che siete il santo dei santi, il Re dei regi e il Signor dei signori?
Ma se gli uomini vi legano, voi perché non vi sciogliete e vi liberate dai tormenti e dalla morte che questi v'apparecchiano? Ma già intendo: non sono già, o mio Signore, queste funi che vi stringono; è solo l'amore che vi tiene legato e vi costringe a patire e morire per noi. O carità, esclama S. Lorenzo Giustiniani, quanto è grande la tua forza, la sola che potè legare il Signore! O amore divino, tu solo hai potuto legare un Dio, e condurlo a morire per amore degli uomini!

4. Mira o uomo, dice S. Bonaventura, quei cani che lo trascinano e l'agnello che li segue, vittima mansueta, senza opporre resistenza. Chi lo afferra, chi lo lega, chi lo strattona, chi lo percuote. Portano già legato il nostro dolce Salvatore prima alla casa d'Anna, poi a quella di Caifas, dove Gesù, interrogato dei suoi discepoli e della sua dottrina da quel maligno, rispose che egli non avea parlato in segreto ma in pubblico, e che quegli stessi che gli stavano d'intorno ben sapeano ciò che avea insegnato. Io ho parlato apertamente... ecco essi sanno che cosa ho detto (Gv 18, 2021). Ma a tal risposta uno di quei ministri, trattandolo da temerario, gli diede una forte sguanciata: Una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù dicendo: cosi rispondi al sommo sacerdote? (ivi, 22). Qui esclama S. Grisostomo: Angeli, perché tacete? O restate attoniti di fronte a tanta pazienza?
Ah Gesù mio, come una risposta sì giusta e sì modesta meritava un affronto sì grande alla presenza di tanta gente?
L'indegno pontefice in vece di riprendere l'insolenza di quell'audace, lo loda o almeno coi segni l'approva. E voi, Signore mio, tutto soffrite per pagare gli affronti che io misero ho fatto alla divina maestà coi miei peccati. Gesù mio, ve ne ringrazio. Eterno Padre, perdonatemi per li meriti di Gesù.

5. Indi l'iniquo pontefice l'interrogò, se veramente egli era il Figliuolo di Dio: Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio (Mt 26, 63). Gesù per rispetto del nome di Dio affermò esser ciò vero; ed allora Caifas si lacerò le vesti dicendo che egli avea bestemmiato; e tutti allora gridarono che meritava la morte: E quelli risposero: E' reo di morte! (ivi, 66).
Sì, con ragione, o mio Gesù, costoro vi dichiarano reo di morte, mentre voi avete voluto addossarvi il soddisfare per me che meritava la morte eterna. Ma se colla vostra morte voi mi acquistate la vita, è giusto che la mia vita io la spenda tutta ed anche, se bisogna, la perda per voi. Sì, mio Gesù, non voglio vivere più a me, ma solo a voi ed al vostro amore. Soccorretemi voi colla vostra grazia.

6. Allora gli sputarono in faccia e lo schiaffeggiarono (ivi, 67). Dopo averlo pubblicato reo di morte, come uomo già addetto al suplicio e dichiarato infame, si pose quella canaglia a maltrattarlo per tutta la notte con percosse, con schiaffi, calci, con pelargli la barba ed anche con isputargli in faccia, burlandolo da falso profeta e dicendogli: Indovina, Cristo! Chi è che ti ha percosso? (ivi, 68). Tutto predisse il nostro Redentore per Isaia: Ho presentato il dorso ai flagellatori, la faccia a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi (Is 50, 6).
Riferisce il divoto Taulero, esser sentenza di S. Girolamo, che tutte le pene ed ingiurie che soffrì Gesù quella notte solamente nel giorno del giudizio finale si faranno note. S. Agostino, parlando delle ignominie patite da Gesù Cristo, dice: Se non riesce a curare la superbia questa medicina, non so cosa possa curarla. Ah Gesù mio, come voi così umile, ed io così superbo? Signore, datemi luce, fatemi conoscere chi siete voi e chi son io.
Allora gli sputarono in faccia. Sputarono! Oh Dio, e qual maggiore affronto che l'essere ingiuriato cogli sputi? Essere sputati è tra le ingiurie più gravi, dice Origene. Dove suole sputarsi, se non nel luogo più sordido? E voi, Gesù mio, soffrite di farvi sputare in faccia? Ecco come questi iniqui vi maltrattano coi schiaffi e coi calci, vi ingiuriano, vi sputano in faccia, ne fanno di voi quel che vogliono: e voi non li minacciate, non li rimproverate? Oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta, ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia (I Pt 2, 23). No, ma come un agnello innocente, umile e mansueto, tutto soffrite senza neppur lamentarvi, tutto offerendo al Padre, per ottenere a noi il perdono dei peccati nostri: Era come pecora muta di fronte a suoi tosatori, e non aprì la sua bocca (Is 53, 7).
Meditando un giorno S. Geltrude le ingiurie fatte a Gesù nella sua Passione, prese a lodarlo
e benedirlo; e il Signore talmente di ciò si compiacque, che amorosamente ne la ringraziò.
Ah mio vituperato Signore, voi siete il Re del cielo, il Figlio dell'Altissimo; non meritate già d'essere maltrattato e vilipeso, ma di essere adorato ed amato da tutte le creature. Io vi adoro, vi benedico, e ve ne ringrazio. V'amo con tutto il mio cuore. Mi pento d'avervi offeso. Aiutatemi voi, abbiate pietà di me.

7. Fatto giorno, i Giudei conducono Gesù a Pilato, per farlo condannare a morte, ma Pilato lo dichiara innocente: Non trovo nessuna colpa in quest'uomo (Lc 23, 4). E per liberarsi dagl'insulti dei Giudei che seguivano a chieder la morte del Salvatore, lo mandò ad Erode. Molto gradì Erode di vedersi condotto avanti Gesù Cristo, sperando che alla sua presenza, per liberarsi dalla morte, esso avrebbe fatto alcun prodigio di quei tanti che ne aveva inteso narrare; onde l'interrogò con più dimande.
Ma Gesù, perché non volea esser liberato dalla morte, e perché quel malvagio non era degno di sue risposte, tacque e non gli risposse. Allora il re superbo gli fe' molti dispregi colla sua corte, e facendolo coprire d'una veste bianca, dichiarandolo così qual uomo ignorante e stolido, lo rimandò a Pilato. Allora Erode, con i suoi soldati, lo insultò e lo schernì, poi lo rivestì di una veste bianca e lo rimandò a Pilato (ivi, 11). Commenta Ugon Cardinale: Schernendolo come se fosse scemo, lo rivestì di una veste bianca. E S. Bonaventura: Lo insultò come impotente, perché non fece un miracolo; come ignorante, perché non rispose una parola, come imbecille, perché non si difese.
O Sapienza eterna, o Verbo divino, quest'altra ignominia vi mancava, d'esser trattato da pazzo privo di senno! Tanto dunque vi premè la nostra salute, che voleste per amor nostro esser non solo vituperato, ma saziato di vituperi, come di voi già profetizzò Geremia: Porgerà a chi lo percuote la guancia, verrà saziato di umiliazioni (cf Lam 3, 30). E come poteste avere tanto amore per gli uomini dai quali non riceveste che ingratitudini e disprezzi? Oimè che di costoro uno son io che peggio di Erode vi ho oltraggiato.
Deh Gesù mio, non mi castigate come Erode con privarmi delle vostre voci. Erode non vi riconosceva per quello che siete, io vi confesso per mio Dio; Erode non vi amava, io vi amo più di me stesso. Deh non mi negate le voci delle vostre ispirazioni, come io meriterei, per le offese che vi ho fatte. Dite quel che volete da me, che io colla vostra grazia tutto lo voglio fare.

8. Ricondotto che fu Gesù a Pilato, il preside lo propose al popolo per intendere chi volessero liberato in quella Pasqua, Gesù o Barabba omicida. Ma il popolo gridò: Non costui, ma Barabba! (Gv 18, 40). Allora disse Pilato: Che farò dunque di Gesù? Risposero: Sia crocifisso! (Mt 27, 22). Ma che male ha fatto questo innocente? Pilato ripigliò. E quelli replicarono: Sia crocifisso! Ma oh Dio, che anche al presente la maggior parte degli uomini seguitano a dire: Non costui, ma Barabba! Preferendo a Gesù Cristo un piacere di senso, un punto di onore, uno sfogo di sdegno.
Ah mio Signore, ben sapete voi che un tempo vi ho fatto la stessa ingiuria, quando vi ho posposto ai miei gusti maledetti! Gesù mio, perdonatemi, che io mi pento del passato, e da oggi avanti voglio preferirvi ad ogni cosa. Io vi stimo, io v'amo più d'ogni bene; e voglio prima mille volte morire, che lasciarvi. Datemi la santa perseveranza, datemi il vostro amore.

9. Appresso si parlerà degli altri obbrobri che ricevè Gesù Cristo, sino a morire finalmente in una croce: Si sottopose alla croce, disprezzando l'ignominia (Eb 12, 2). Ma intanto consideriamo che del nostro Redentore ben si avverò ciò che ne predisse il Salmista, che egli nella sua Passione dovea divenire l'obbrobrio degli uomini e il rifiuto della plebe: lo sono verme, non uomo, infamia degli uomini e rifiuto del mio popolo (Sal 21, 7). Sino a morire svergognato, giustiziato per mano di carnefice in un patibolo, come un malfattore in mezzo a due malfattori: E' stato annoverato tra gli empi (Is 53, 12).
O Signore il più alto, esclama S. Bernardo, diventato il più basso tra gli uomini! O eccelso diventato vile! O gloria degli angeli diventato l'obbrobrio degli uomini.

10. O grazia! o forza dell'amore di un Dio! siegue a dire S. Bernardo. Così dunque il sommo Signore di tutti è diventato il più vilipeso di tutti! E chi mai, soggiunge il santo, ha ciò operato? Tutto l'ha fatto l'amore che Dio porta agli uomini, per dimostrare quanto egli ci ama, e per insegnarci col suo esempio a soffrire con pace i disprezzi e le ingiurie. Cristo patì per voi, scrisse S. Pietro, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme (1 Pt 2, 21). S. Eleazaro richiesto dalla sua sposa, come facesse a sopportare con tanta pace le tante ingiurie che gli erano fatte, rispose: « Io mi rivolgo a mirare Gesù disprezzato, e dico che i miei affronti son niente a rispetto di quelli ch'egli, essendo mio Dio, ha voluto tollerare per me ».
Ah Gesù mio, ed io come a vista di un Dio così disonorato per amor mio non so soffrire un minimo disprezzo per vostro amore? Peccatore e superbo! E donde, mio Signore, può venirmi questa superbia? Deh per li meriti dei vostri disprezzi sofferti, datemi la grazia di soffrire con pazienza e con allegrezza gli affronti e le ingiurie.
Propongo da ogg'innanzi col vostro aiuto di non più risentirmi, e di ricevere con gioia tutti gli obbrobri che mi saran fatti. Altri disprezzi meriterei io che ho disprezzata la vostra maestà divina, e m'ho meritati i disprezzi dell'inferno. E troppo voi, amato mio Redentore, dolci ed amabili mi avete renduti gli affronti, con avere abbracciati tanti dispregi per mio amore. Propongo di più per darvi gusto di beneficar quanto posso chi mi disprezza; almeno di dirne bene e pregare per esso. E da ora vi prego a colmare di grazie tutti coloro dai quali io ho ricevuta qualche ingiuria. V'amo bontà infinita e voglio sempre amarvi quanto posso Amen.