Danilo Quinto
115

La Festa della Liberazione - Danilo Quinto - 25 giugno 2018

Giornata storica quella del 24 giugno 2018, Festa della Natività di San Giovanni Battista, ma Festa anche di speranza, perché Festa dell’inizio della Liberazione dell’Italia dall’ideologia e dall’egemonia comunista e post-comunista. La caduta delle città che per settant’anni anni sono state dominate dal potere delle giunte “rosse” della Toscana e dell’Emilia Romagna, se da una parte segna la fine politica del Partito Democratico, erede di quella cultura, dall’altra sancisce la clamorosa vittoria di questo Governo, della Lega e di Matteo Salvini, in particolare, sostenuti da un popolo che vuole riprendersi la sua libertà e la sua dignità.
Mi ha fatto impressione, tempo fa, la riflessione che un sacerdote faceva sul messaggio della Santa Vergine Maria a Fatima. “Mi sono chiesto per molto tempo”, diceva, “perché la Madonna nel 1917 chiedeva la consacrazione della Russia. Alla fine, una risposta l’ho trovata. Lei sapeva che quel popolo avrebbe sofferto tanto e per tantissimo tempo a causa della rivoluzione bolscevica che in quello stesso anno aveva preso il potere. La Madonna intendeva impedire la sofferenza di quel popolo, chiedendo, nelle forme che Lei indicava – il Papa insieme a tutti i Vescovi – la consacrazione al Suo Cuore Immacolato di quel Paese”. Otto Papi non hanno voluto adempiere al desiderio della Madre di Dio. La sofferenza del popolo russo si è così protratta per quasi un secolo ed ha avuto delle ripercussioni in tutti quei Paesi che a quell’ideologia hanno fatto riferimento.
«L’ideologia! È lei che offre la giustificazione del male che cerchiamo e la duratura fermezza occorrente al malvagio. Occorre la teoria sociale che permetta di giustificarci di fronte a noi stessi e agli altri, di ascoltare, non rimproveri, non maledizioni, ma lodi e omaggi. Così gli inquisitori si facevano forti con il cristianesimo, i conquistatori con la glorificazione della patria, i colonizzatori con la civilizzazione, i nazisti con la razza, i giacobini (vecchi e nuovi) con l’uguaglianza, la fraternità, la felicità delle future generazioni». Sono parole di “Arcipelago Gulag”, di Aleksandr Solženicyn, il più grande esponente dei dissidenti dell’ideologia comunista, così come si era calata nella storia del suo Paese e del mondo. «Grazie all’ideologia», prosegue Solženicyn, «è toccato al XX secolo sperimentare una malvagità esercitata su milioni. La malvagità è inconfutabile, non può essere passata sotto silenzio o scansata: come oseremmo insistere che i malvagi non esistono? Chi annientava quei milioni? Senza malvagi non sarebbe esistito l’Arcipelago. Negli anni ’18 e ’20 si sparse la voce che la CEKA di Odessa e di Petrograd non fucilava tutti i suoi condannati, ma ne dava alcuni (vivi) in pasto alle belve del giardino zoologico. Non so se sia verità o calunnia, se simili casi siano avvenuti e quanti. Ma nemmeno mi metterei a cercare prove: secondo le usanze delle mostrine celesti proporrei loro di dimostrare che la cosa è impossibile. Dove procurare il cibo per un giardino zoologico in quegli anni di carestia? Strapparlo di bocca alle classi lavoratrici? Quei nemici dovevano morire comunque, perché non sostenere con la loro morte l’allevamento delle belve della Repubblica e favorire con ciò un nostro passo verso il futuro? Non è forse conforme al fine?».
In Italia non si è arrivati al punto di dare gli uomini vivi in pasto alle belve, ma forse si è fatto di peggio: si è annientata la loro coscienza. Gli uomini sono stati lasciati vivi, requisendo la loro libertà, anche del solo pensiero, per testimoniare, a gloria futura, la forza dell’ideologia. Dal dopoguerra in poi, l’ideologia comunista e poi post-comunista, in connubio con una parte del cattolicesimo - detto progressista, i catto-comunisti - si è impossessata di tutto: della scuola, dell’Università, dell’intero sistema dell’informazione e della comunicazione, del terzo potere dello Stato, quello giudiziario, dell’arte, del cinema, del teatro, della pittura, della scultura, della musica, della letteratura, di qualsiasi forma d’espressione creativa e di ogni settore della vita economica e sociale, attraverso il sistema delle cooperative. E’ significativa quella strofa di Giorgio Gaber che descrive il vero e proprio dramma che l’Italia ha vissuto: «Qualcuno era comunista perché aveva capito che la Russia andava piano, ma lontano. Qualcuno era comunista perché il cinema lo esigeva, il teatro lo esigeva, la pittura lo esigeva, la letteratura anche. . . Lo esigevano tutti».
Chi si è opposto all’ideologia – e nel corso della sua vita ha dato corpo, al pari dei dissidenti dell’Est europeo, a come si poteva e si doveva vivere nella verità, rifiutando quindi qualsiasi tipo di cooperazione con la menzogna di regime, opponendo al potere organizzato la volontà dell’uomo di non farsi annichilire – è stato perseguitato. Qui entra in gioco il temine “dignità”. L’uomo che ha dignità è l’uomo che non vuole più essere schiacciato, come se fosse un semplice insetto. E’ l’uomo che comprende di poter vivere solo nella verità, rinunciando alla menzogna, sia a quella personale sia alle menzogne che gli ha propinato l’ideologia che egli ha servito. Scriveva Solženitsyn: “E’ proprio qui che troviamo la chiave, da noi finora trascurata, e invece così semplice e accessibile, per la nostra liberazione: la non partecipazione personale alla menzogna! Anche se la menzogna copre il mondo intero, anche se domina ogni cosa, noi nel nostro piccolo ci impuntiamo: domini quanto le pare, ma non per opera mia!”.
Pensiamo a quanto in venti giorni – da tanto vive il nuovo Governo – la verità sulla questione dei migranti, denunciata e proposta come conoscenza alle persone da parte del Ministro dell’Interno, abbia fatto breccia nella mente delle persone e quanto sia penetrata nonostante le menzogne del regime che ci hanno bombardato negli ultimi anni e che anche in queste ore inondano i canali televisivi e quelli della carta stampata. “Salvini fascista, xenofobo, razzista, disumano, vuole fare morire i bambini, mi fai schifo, vai processato, questo Governo deve cadere, mi vergogno di essere italiano”. Questo e molto altro ancora hanno detto gli intellettuali – ça va sans dire – di sinistra contro il leader della Lega, tentando di occultare la verità: il commercio di carne umana che si è fatto per anni nelle acque del Mediterraneo, con il consenso delle classi dirigenti e politiche europee, che come un solo uomo, hanno perseguito il progetto di Paneuropa promosso cent’anni fa da Kalergy, la sostituzione della popolazione europea per favorire il meticciato. Per raggiungere il loro obiettivo, smascherato in pochi giorni, a cui hanno concorso buona parte delle Ong finanziate da George Soros, hanno occultato il business dell’immigrazione – sul quale non si è voluto mai incidere – stimato in 7 miliardi di dollari all’anno e organizzato dalle bande criminali dei Paesi d’origine insieme a quelle dei Paesi di destinazione. Tutti, a sinistra, hanno invocato il buonismo d’accatto, le esigenze umanitarie, i diritti umani, annullando la verità e vestendola con la loro menzogna. Il loro elettorato di Massa, Pisa, Siena, Imola e di tante altre città ha creduto a Salvini. Non ha creduto a loro. Perché la verità vince sempre, specie se detta con animo e spirito sincero, onesto, trasparente, come ha fatto Salvini.
Non ci si illuda, però. Settant’anni di ideologia - nei quali si è raccontata una storia diversa da quella reale, celebrandola con Feste della Liberazione che hanno liberato solo parole al vento - non sono trascorsi invano. Hanno fatto macerie. Hanno rovinato la vita a più di una generazione. Sarà necessario operare, per non disperdere il consenso popolare che la rivoluzione di questo Governo “sovranista” e “populista” – che belle queste due parole – avvalendosi delle migliori energie intellettuali e professionali del Paese. In tutti i campi. Forse costoro non aspettano altro che di essere coinvolti in questa rinascita umana, civile, politica e sociale di questa nostra meravigliosa Patria.