Piccole storie dal Medioevo | Un marsupio per Maria

In assenza di volume e di profondità ambientale la raffigurazione medievale elimina alcune parti scorciate, e per la Madonna e il Bambino in fuga dall'Egitto sono stati escogitati alcuni stratagemmi

«Fuga in Egitto» (1303-1305) di Giotto, Padova, Cappella degli Scrovegni.

«Piccole storie dal Medioevo» è un ciclo di brevi saggi dedicati a temi di un Medioevo «minore» indagato attraverso fonti agiografiche, letterarie e iconografiche. Ne emerge un mondo in cui realtà e immaginario, sacro e profano, consueto e straordinario, dramma e leggerezza si integrano non senza ironia e con ingenuità solo apparente, a veicolare contenuti e insegnamenti mai superficiali: un Medioevo inaspettato e affascinante.


Sino al XIV secolo l’arte medievale antepose alla verosimiglianza la chiarezza espressiva, dichiarando il proprio statuto di immagine senza imitare la veduta e ricorrendo ad espedienti che la comunicazione visiva ancora pratica, ma il gusto comune (educato al realismo post-rinascimentale) percepisce come errori. In assenza di volume e di profondità ambientale la raffigurazione elimina alcune parti scorciate: per esempio le cosce delle persone sedute che, per quanto l’andamento del panneggio indichi la posizione delle ginocchia, sembrano avere le gambe corte. Prive di appoggio dichiarato, rischiano inoltre di scivolare giù. È il caso della Madonna in trono e soprattutto del suo bambino, seduto o in piedi ma comunque sospeso: istintivamente temiamo per la sua incolumità, mentre il fruitore medievale non se ne preoccupava percependo correttamente la scansione dei piani.

Il piccolo Gesù pare ancor più instabile e in pericolo nelle scene dedicate alla fuga in Egitto: alla mancanza di appoggio sulle gambe della madre si aggiungono infatti una maggiore altezza, per quanto mitigata dalla proporzione gerarchica (che rende l’animale piccolo), e l’incedere dell’asinello, bloccato in un fermo immagine privo anche di energia potenziale. La Madonna cavalca all’amazzone, volgendosi totalmente verso l’osservatore per offrire allo sguardo un piccolo altrettanto frontale; solitamente lo trattiene con gesto che alla nostra logica pare vano.

«Fuga in Egitto» (XII secolo) di Gislebertus, Autun, Saint-Lazare, oggi nella Sala capitolare.

L’immagine è concepita in 2D persino nei rilievi, dove madre e figlio sono volumi appiattiti e sovrapposti: per esempio nei capitelli romanici della cattedrale di Autun (attribuito a Gislebertus) e del chiostro di Sant’Orso ad Aosta. Nel primo Gesù sembra eretto (effetto accentuato dalla svasatura della veste) ma con i piedini penzoloni. Quello enorme e granitico di Aosta è immobilizzato in diagonale: forse seduto, ha le gambe rese ancor più corte dalla proporzione gerarchica e i piedi ribaltati come in un improbabile tuffo.

Di contro, la formella della porta di San Ranieri a Pisa pare anticipare soluzioni trecentesche. Non solo la madre sembra seduta, ma ha infilato il figlioletto (un minuscolo fagottino) entro il mantello che funge da marsupio. Nell’arte del Medioevo maturo madre e bambino diventano infatti veri: si dispongono in profondità, interagiscono con gesti funzionali e si relazionano con il corpo e con lo sguardo. Maria si preoccupa meno di mostrarci il piccolo Dio per occuparsi del figlioletto che abbraccia e sostiene.

«Fuga in Egitto» (1470) di Giacomo Busca, Clusone, Oratorio dei Disciplini

Talora, cercando di alleviare la propria fatica, ricorre ai supporti meccanici che sempre le donne hanno usato per trasportare i bambini. Sia nella Cappella degli Scrovegni a Padova che nella Basilica Inferiore di Assisi, ad inizio Trecento Giotto la raffigurò con una gamba rialzata per poggiarvi il bambino che rivolge a sé, trattenendolo con dolcezza e assicurandolo con una fascia di tessuto annodata in spalla.

Quando Gesù è piccolo e fasciato, bloccato come in un bozzolo e dunque meno intraprendente, la madre lo maneggia con più disinvoltura accostandolo spesso al viso: come nella tavoletta di Beato Angelico nell’Armadio degli Argenti oppure nel ciclo affrescato nell’Oratorio dei Disciplini di Clusone. Raramente Giuseppe le dà il cambio, talora portando il figlioletto cavalcioni sulle spalle; insolitamente, nel dipinto attribuito a Bartolomeo Castagnola alla Pinacoteca Nazionale di Sassari lo trasporta entro una culla-zaino di vimini.

Nell’arte post medievale il piccolo Gesù è spesso avvolto nel mantello della madre o in un telo, come nella commovente sequenza dal «Vangelo secondo Matteo» di Pierpaolo Pasolini: Maria volge ripetutamente lo sguardo verso la casa che abbandona per salvare il suo bambino, in un gesto di struggente attualità.

Piccole storie dal Medioevo | Un marsupio per Maria
Mario Sedevacantista Colucci condivide questo
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