Francesco I
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Dante e papa Celestino V, “colui che fece per viltade il gran rifiuto”

Siamo nel III canto dell’Inferno: Dante, accompagnato dalla sua guida Virgilio, ha appena superato la porta degli inferi (quella dalla celebre scritta “Per me si va nella città dolente / per me si va nell’etterno dolore / per me si va tra la perduta gente […] lasciate ogni speranza, voi ch’entrate”) e ha raggiunto l’ “Antinferno”, il luogo in cui sostano per l’eternità le anime degli ignavi: costoro “visser sanza ‘nfamia e sanza lodo”, non causarono il male ma non perseguirono nemmeno il bene: proprio per questo la giustizia divina risparmia loro sia la dannazione dell’Inferno, sia la glorificazione del Paradiso: queste anime che in vita mai si schierarono e mai andarono dietro ad alcuna insegna, per la legge del contrappasso sono costrette a girare nude per l’eternità inseguendo un vessillo che sfreccia velocissimo vorticando su se stesso; punti e feriti da vespe e mosconi, versano il loro sangue mescolato alle lacrime. Il tutto viene succhiato da deo vermi (e meno male che questi non sono stati dannati!).

CELESTINO V

In alcuni dei versi più famosi di questo III canto, il Sommo Poeta scorge tra il gran numero di pusillanimi “l’ombra di colui / che fece per viltade il gran rifiuto.” Dante non cita espressamente il nome di quest’anima dannata (non essendosi distinta in vita, di certo non merita una tale distinzione nella morte), ma gli studiosi sono unanimi nel riconoscere in questa figura macchiata d’ignavia l’eremita Pietro da Morrone, eletto papa il 5 luglio del 1294 e incoronato pontefice il 29 agosto con il nome di Celestino V. Come mai Dante si rivolge con acredine a questo ex pontefice? Semplice: appena 4 mesi dopo l’incoronazione, papa Celestino V abdicò e rinunciò al papato e al suo ruolo di guida in terra dell’intera Cristianità.

BONIFACIO VIII
Nel III canto dell’inferno Dante Alighieri accusa quindi Celestino V di essersi sottratto alle sue responsabilità nei confronti della Chiesa e della Cristianità, provocando al contempo, con la sua rinuncia al pontificato, l’ascesa di Bonifacio VIII, al secolo Benedetto Caetani, del quale il poeta, in aperta contrapposizione ideologica, disapprovava profondamente le ingerenze in campo politico. Dante incolpava inoltre Bonifacio VIII di aver volutamente causato per vie traverse il suo esilio da Firenze e nutrì per tutta la vita nei confronti un profondo rancore nei confronti del nuovo pontefice.

La "Perdonanza" istituita da Celestino V è legata l'istituzione del I giubileo della storia a L'Aquila , la Perdonanza, momento di rottura fra individuo e Chiesa, recentemente riconosciuta Patrimonio Immateriale dell'Unesco. Un rito solenne, arrivato a noi dal 1294, in cui i ricchi e gli ecclesiastici con i loro sfarzosi paramenti sfilavano per la prima volta accanto ai poveri, contadini, popolani, emarginati senza voce, sotto la Porta Santa della Basiliuca di Collemaggio, a L'Aquila, con il capo chinato e le mani giunte, a chiedere il perdono in un atto, questo sì, senza ombre d ignavia, rivoluzionario.

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La "Perdonanza"
Domenica 28 Agosto 2022
Papa Francesco è arrivato questa mattina a L’Aquila per presiedere la 728esima edizione della Perdonanza Celestiniana
, è la prima volta che un pontefice partecipa alla manifestazione liturgica che dal 2019 è diventata patrimonio dell’Unesco.
Il Papa è giunto poco dopo le 9 a piazza Duomo, dove ha incontrato i parenti delle vittime del devastante terremoto che ha colpito il territorio il 6 aprile 2009, provocando immani distruzioni e numerosi morti. A loro si è unita una delegazione del mondo carcerario abruzzese. Presenti anche varie associazioni caritative come pure appartenenti alle aggregazioni laicali,perciò i i giovani scout dell’Agesci ed esponenti della congregazione della “Salus Populi Aquilani”. Infine, presenti anche anche i referenti di molte parrocchie della diocesi.