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Lo sai che a determinate condizioni la preghiera ottiene infallibilmente quanto domanda?

Quali le condizioni che si richiedono perché l'orazione raggiunga infallibilmente il suo scopo, e si compiano di fatto le divine promesse? S. Tommaso ne ricorda quattro, alle quali si possono ridurre tutte le altre: che si chieda qualche cosa per sé, necessario alla salvezza, in modo devoto e perseverante.

« Pro se petat » - La concessione di una grazia da parte di Dio suppone sempre un soggetto ben disposto, ed il prossimo può non esserlo. Invece, chi prega per sé, se lo fa in modo conveniente, si dispone già per questo solo fatto ad essere ascoltato. Diversamente, non sarebbe vera orazione. Non vogliamo affermare con ciò che l'orazione fatta a favore di altri sia sempre inefficace. Al contrario, spesso raggiunge il suo scopo. Però non possiamo averne una sicurezza infallibile, dal momento che non conosciamo con certezza le disposizioni degli altri. Possiamo chiedere a Dio che li disponga mediante un effetto della sua misericordia infinita; ma questo Egli non l'ha promesso a nessuno, e noi non possiamo conseguirlo in modo infallibile.

« Necessaria ad salutem » - Tutto quanto è necessario o conveniente per la nostra salvezza, costituisce l'oggetto impetratorio infallibile dell'orazione. Cosicché, possiamo impetrare con la preghiera l'incremento delle virtù infuse, dei doni dello Spirito Santo (che possono essere anche oggetto del merito) e anche quelle cose che non possono in alcun modo essere meritate. Tali sono, per esempio, le grazie attuali efficaci, mediante le quali ci è possibile evitare il peccato grave o compiere atti salutari, e il dono della perseveranza finale, ossia la morte in grazia di Dio, connessa infallibilmente con la salvezza eterna. La Chiesa, guidata dallo Spirito Santo, chiede continuamente nella liturgia queste grazie sovrane che non costituiscono oggetto rigoroso di merito.

« Pie » - In questa breve parola S. Tommaso compendia tutte le condizioni richieste ex parte subiecti orantis. Esse sono;
a) Umiltà: « Deus superbis resistit, humilibus autem dat gratiam» (Giac. 4,6).
b) Ferma fiducia: « Postulet autem in fide, nihil haesitans» (Giac. 1,6)
c) In nome di Cristo: « Si quid petieritis Patrem in nomine meo, dabit vobis » (Giov. 16,23)
d) Attenzione: la distrazione volontaria è una irriverenza che mal si accorda con la petizione di una elemosina. Alcuni autori, a queste condizioni soggettive, premettono lo stato di grazia, senza la quale, dicono, non si può pregare piamente. Ma a torto. Ecco come San Tommaso si pose e risolse la stessa difficoltà: « Il peccatore non può pregare piamente nel senso che la sua orazione è informata dall'abito soprannaturale della pietà, del quale è privo; ma la sua orazione può essere pia in quanto chiede qualche cosa che appartiene alla pietà; come chi non ha l'abito della giustizia, può volere qualche cosa giusta. E, benché la sua orazione non sia meritoria, può, tuttavia, essere imperatoria, perché il merito si fonda sulla giustizia, l'impetrazione sulla grazia o liberalità » (II-II,3,16 ad 2; cfr. III, Suppl. 72,3 ad 4).
Quantunque lo stato di grazia sia conveniente per l'efficacia infallibile dell'orazione, non è assolutamente necessario. Una cosa è esigere una paga dovuta per giustizia e un'altra è chiedere un'elemosina; per l'elemosina non occorrono altri titoli che la necessità e la miseria. Sempre invece è necessaria la mozione previa della grazia attuale, che può esistere ed esiste di fatto anche nei peccatori.

« Perseveranter ». - La perseveranza, veramente, appartiene alle condizioni richieste ex parte subiecti; se S. Tommaso la considera a parte, lo fa senza dubbio per porne in risalto tutta l'importanza. Il Signore inculcò ripetutamente nel Vangelo la necessità di perseverare nell'orazione sino ad ottenere quello che desideriamo. Si ricordi la parabola dell'amico che di notte va a chiedere tre pani, quella del giudice iniquo che rende giustizia alla vedova importuna, il commovente episodio della Cananea che insiste nonostante l'apparente diniego, e, soprattutto, il sublime esempio di Cristo il quale « erat pernoctans in oratione Dei » e nel Getsemani « factus in agonia prolixius orabat ».
Per un effetto sovrabbondante della misericordia divina, in pratica otteniamo da Dio moltissimi doni anche se la nostra preghiera non possiede tutti questi requisiti. Però, se essa sarà fatta come si deve, otterremo infallibilmente — in forza della promessa divina — anche quelle grazie che non si possono assolutamente meritare.

Tratto da:
Padre Antonio Royo Marin, Teologia della perfezione cristiana, Edizioni Paoline, Roma 1961 (IV edizione) pp. 233-236.