Se il papa bestemmia - Di Danilo Quinto - 16 dicembre 2016

L’altro giorno ha parlato di ièlla. Ieri di ingiustizia di Dio. Davanti alla comunità del Bambin Gesù, riunita in udienza in Sala Nervi, soffermandosi sul male, sulla sofferenza, sulla morte dei bambini, Papa Francesco ha detto, come riporta Avvenire: Dio è ingiusto? Sì, è stato ingiusto con suo figlio, l’ha mandato in croce.
Questa bestemmia è tanto più grave perché è stata rivolta a Dio alla presenza di migliaia di bambini. Vengono alle mente le parole del Vangelo di Matteo (18, 1-11): “In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?. Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me. Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo! Se la tua mano o il tuo piede ti è occasione di scandalo, taglialo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno. E se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, che avere due occhi ed essere gettato nella Geenna del fuoco. Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli. È venuto infatti il Figlio dell’uomo a salvare ciò che era perduto”.

Chi tace, di fronte alla bestemmia che è stata detta – chiunque egli sia, papa emerito, cardinale, vescovo, sacerdote, semplice fedele - ne diviene complice.

A chi ritiene di continuare, in questo drammatico momento, ad essere complice di questa nuova Chiesa che si va costruendo – di cui l’attuale papa è solo uno degli esponenti - consiglio la lettura di un libro straordinario: la biografia di San Luigi Maria Grigion da Montfort, scritta da don Giuseppe De Luca (1° edizione – Roma 1953 – a cura della Postulazione Generale Monfortana). Scrive don Giuseppe De Luca: “ (…) Poco sappiamo del babbo, poco della mamma, del loro animo e della loro anima. Ma un giorno, e precisamente il 28 agosto 1704, il figlio, che aveva trentuno anni, potè scrivere alla mamma che ne aveva cinquantacinque e al babbo, che ne aveva ciquantasette, una lettera come questa, senza temere né di atterrirli né di irritarli; una lettera che diremmo alla Savonarola, per il tono di tanto amore che sembra quasi dispetto:

Preparatevi alla morte che vi sta alle calcagna con tante tribolazioni, soffritele cristianamente così come fate. Bisogna soffrire, bisogna portare la propria croce ogni giorno; è necessario, vi è infinitamente utile, impoverire sino all’ospedale, se tale è la volontà del nostro grande Iddio; essere disprezzata al punto che tutti vi abbandonino e voi moriate. Sebbene io non vi scriva, non vi dimentico nelle mie preghiere e ne’ miei sacrifici; io vi amo e onoro tanto più perfettamente che né la carne né il sangue vi hanno più parte. Non mi molestate più, circa i miei fratelli e le mie sorelle; ho fatto per loro ciò che Dio da me ha chiesto per carità. Non ho al presente nessun bene temporale da fare ad essi, essendo io più povero di tutti; li rimetto pertanto con tutta la famiglia entro le mani di Colui che l’ha creata.

Tenetemi come un morto; lo ripeto, a ciò che ne ricordiate: tenetemi come un uomo morto. Non pretendo aver nulla né prendere nulla dalla famiglia dalla quale Gesù Cristo mi ha fatto nascere. Rinunzio a tutto fuorchè al mio titolo, poiché al Chiesa me lo vieta; i miei beni, la mia patria, la mia madre, il mio padre sono lassù; non riconosco più nessuno, secondo la carne. E’ vero, ho verso di voi, così come verso del babbo, grandi obblighi, per avermi voi messo al mondo e reso un’infinità di buoni servizi; e perciò ve ne rendo mille azioni di grazie, e perciò tutti i giorni io prego per la vostra salvezza, e sempre lo farò, durante la vostra vita e dopo la vostra morte; ma quanto al fare per voi qualche cosa, sappiate che dir niente e dir me è un dire la stessa cosa nella mia vecchia famiglia. Nella famiglia nuova alla quale appartengo, io ho sposato la Sapienza e la Croce, dove sono tutti i miei tesori temporali ed eterni, della terra e dei cieli, tesori così grandi che, se li conoscesse, Montfort farebbe invidia ai più ricchi e ai più potenti della terra.

Nessuno conosce i segreti dei quali parlo, nessuno, o assai pochi per lo meno; voi li conoscerete, nell’eternità, se avrete la felicità di salvarvi, poiché forse voi non vi salverete: tremate e amate di più.

Prego mio padre, da parte del mio Padre celeste, di non attaccarsi alla pece poiché ne sarà guasto; di non ingoiare terra perché lo soffocherà; di non aspirare fumo, poiché lo intossicherà.

La fuga e disprezzo del mondo e devozione alla Madonna: con la quale io sono tutto a voi e a mio padre!

Saluto il vostro Angelo custode e sono tutto in Gesù e Maria: Monfort, prete e schiavo indegno di Gesù vivente in Maria.


Danilo Quinto - 16 dicembre 2016 - Roma (Italia)

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