La città dei poveri

Ritrovamenti archeologici a sud della basilica di San Paolo ·
25 giugno 2018

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Da alcuni anni la ricerca archeologica condotta tra il 2007 e il 2009 dai Musei vaticani e dal Pontificio Istituto di archeologia cristiana in un’area a sud della basilica di San Paolo, fino ad allora parte dell’orto dell’abbazia, ha restituito al già ricco patrimonio monumentale e storico del complesso apostolico della via Ostiense un gruppo di testimonianze, prevalentemente databili al periodo altomedievale. Queste vanno a integrare al meglio l’articolato percorso di visita che si snoda dalla grande basilica di fine IV secolo, eretta sulla tomba dell’Apostolo in sostituzione della più piccola chiesa costantiniana (e purtroppo massicciamente ricostruita dopo l’incendio del 1823), agli apparati bassomedievali e dell’età moderna del monastero (soprattutto il chiostro duecentesco del Vassalletto), alle pregevoli collezioni di reperti archeologici nel lapidario e di manufatti storico-artistici nella pinacoteca.

Gli edifici portati alla luce ben rappresentano la fitta sequenza insediativa che, nella seconda metà del IX secolo, con la costruzione di mura protettive, avrebbe visto nascere la “città” nota dalle fonti come Iohannipolis, dal nome del papa fondatore Giovanni VIII (872-882). Lo scavo ha prima di tutto chiarito che, durante i primi sviluppi del santuario e fino al v secolo, il settore meridionale prossimo, pianeggiante ed esposto alle esondazioni del Tevere, era rimasto in abbandono dopo la precedente occupazione con terreni coltivati (horti) fra la tarda repubblica e il primo impero.

Nessuna tomba o altra traccia monumentale di utilizzo è emersa infatti dalle indagini. Solo tra la fine del v secolo e gli inizi del successivo si colloca la prima costruzione entro il perimetro dell’area archeologica, un solido edificio a nord-est, più vicino all’Ostiense che al fiume, di cui si è scoperta la parte angolare, con ottima probabilità attribuibile al complesso delle “case per i poveri” (pauperibus habitacula) fatte erigere da papa Simmaco (498-514) a San Paolo, come anche a San Pietro e San Lorenzo.

E sono infatti proprio questi i decenni in cui la Chiesa di Roma assume più direttamente il carico dell’assistenza ai marginali, in una città ormai impoverita di abitanti e di risorse, che aveva visto la riduzione delle elargizioni pubbliche alla plebe e il diffondersi di un generale sentimento xenofobo che portava a respingere fuggiaschi e stranieri; perciò, poco tempo prima, alla metà del v secolo, Leone Magno aveva posto al centro del suo pontificato il tema della carità, riconoscendo in questa uno dei caratteri identitari della comunità cristiana. Le strutture per i poveri che dimoravano a San Paolo erano dotate di tutti i servizi necessari; al sistema di approvvigionamento idrico appartiene una fistula plumbea, scoperta in situ presso l’edificio, con il bollo pe(r)t(inentia) s(an)c(t)i Pauli, che i visitatori potranno osservare in esposizione.

Nell’VIII secolo tutta l’area venne invasa da costruzioni: del nuovo monastero riedificato da Gregorio II (715-731), che aveva riunito i due più antichi cenobi, femminile e maschile, di Santo Stefano e di San Cesario, sono emersi alcuni ambienti, un’ampia sala o cortile con un pozzo e un corridoio, forse la corsia di un dormitorio (il complesso era ben più vasto e si estendeva probabilmente fino alla via Ostiense, anche sotto l’attuale abbazia); a ovest, in corrispondenza del quadriportico della basilica, negli stessi anni era stato ricostruito, in posizione più riparata dal Tevere, il portico, via coperta per i pellegrini che, partendo dalla porta delle Mura Aureliane, nella fase della realizzazione originaria, alla fine del iv secolo, correva pericolosamente prossima al fiume.

Gli altri edifici tra il portico e il monastero sono stati attribuiti agli interventi promossi da Adriano i (772-795) a San Paolo: si tratta di alcune costruzioni addossate alla basilica e affacciate sull’area aperta a sud con una tettoia, e di un piccolo campanile, unico esempio altomedievale conservato a Roma, posizionato tra la basilica e il monastero per la sua funzione di richiamo soprattutto dei monaci impegnati nelle varie attività all’esterno. La tecnica costruttiva a blocchi tufacei e mattoni di riuso, la ceramica negli strati associati e soprattutto una tegola frammentaria con bollo di questo papa non lasciano dubbi sulla cronologia.

Il nuovo allestimento, promosso dall’Amministrazione della basilica papale, mira a rendere fruibile e comprensibile ai molti visitatori tale repertorio di “segni” della storia di san Paolo. Introduce all’area archeologica una galleria espositiva, di collegamento con il chiostro, accessibile già dal 2011, che mostra, in una serie di vetrine, molti dei più significativi reperti dallo scavo archeologico. Il progetto finale, con cui il sito sarà riaperto dal prossimo 28 giugno, è l’esito della proficua collaborazione interdisciplinare e interistituzionale che ha visto impegnati, accanto ai Musei vaticani e al Pontificio Istituto di archeologia cristiana, la Scuola di specializzazione in Beni architettonici e del paesaggio dell’università La Sapienza e dell’Istituto Superiore per la conservazione e il restauro, nel succedersi delle diverse tappe, dal recupero archeologico al monitoraggio ambientale, al restauro e allo studio per la migliore conservazione dei resti antichi, alla creazione degli apparati museografici e illuminotecnici.

Un itinerario accompagnato da pannelli didattici e ricostruzioni, con i bei disegni di Fabiana Benetti, ripercorre la storia completa documentata dallo scavo (i primi sviluppi degli edifici fino al complesso altomedievale, le trasformazioni del paesaggio tra il XII e il XV secolo, la costituzione dell’orto abbaziale nell’età moderna), illustra le evidenze monumentali visibili e propone alcuni approfondimenti tematici, corredati da oggetti esposti, sulle pratiche del cantiere di costruzione medievale, di cui diversi miscelatori per la preparazione della malta sono distribuiti nell’area, e sulla vita nel monastero.

Una finestra, dunque, quella che il nuovo polo archeologico apre, sul periodo medievale a San Paolo e, più in generale, sul medioevo a Roma, consentendoci uno sguardo, dai riflessi così attuali, sulle pratiche dell’accoglienza e della vita spirituale nei grandi santuari della Roma cristiana.

di Lucrezia Spera e Umberto Utro