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Dai QUADERNI del 1945/50 ♦ l'APOCALISSE 1ª parte di 14 ♦ CLICCA QUI e VISUALIZZA il SOMMARIO ♦ Colui che è è l’antico Nome di Dio, quello col quale Dio si nominò a Mosè sul monte, quello da Mosè …Altro
Dai QUADERNI del 1945/50 ♦ l'APOCALISSE 1ª parte di 14 ♦
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Colui che è è l’antico Nome di Dio, quello col quale Dio si nominò a Mosè sul monte, quello da Mosè insegnato al suo Popolo perché così potesse chiamare Iddio. Tutta l’eternità, la potenza, la sapienza di Dio balena in questo nome.
Colui che è: l’eternità. Non ha avuto un passato Dio. Non avrà un futuro. Egli è. Il presente eterno.
Se l’intelletto umano, anche il più potente degli intelletti umani; se un potente, anche il più potente tra gli umani, con puro desiderio, con puro pensiero scevro di umani orgogli, medita questa eternità di Dio, sente, come nessuna lezione, meditazione o contemplazione valse a fargli sentire, ciò che è Dio e ciò che è lui: il Tutto e il nulla; l’Eterno e il transitorio; l’Immutabile e il mutabile; l’Immenso e il limitato. Sorge l’umiltà, sorge l’adorazione adeguata all’Essere divino cui va data adorazione, sorge la fiducia perché l’uomo, il nulla, il granello di polvere rispetto al Tutto e al tutto il creato dal Tutto, si sente sotto il raggio della protezione di Colui che, essendo dall’eternità, volle che gli uomini fossero, per dar loro il suo infinito amore.
Colui che è: la potenza infinita.
Quale cosa o persona potrebbe da se stessa essere? Nessuna. Senza combustioni e fusioni di particelle sparse per i firmamenti non si forma un nuovo astro, come spontaneamente non si forma una muffa. Per l’astro, grande più della Terra, o per la muffa microscopica, occorrono materie preesistenti e speciali condizioni di ambiente atte alla formazione di un nuovo corpo, sia esso grandissimo o microscopico. Ma chi dette modo all’astro e alla muffa di formarsi? Colui che creò tutto quanto è, perché Egli era da sempre, e da sempre era potente.
Ci fu dunque, per ogni cosa che è, un Principio creatore che, o direttamente creò (la prima creazione), o mantenne e favorì il perpetuarsi e rinnovarsi della creazione. Ma Egli chi lo creò? Nessuno. Egli è. Per Se stesso. Non deve il suo Essere a persona o cosa alcuna. Egli è. Non ha avuto bisogno di un altro essere per essere, come nessun altro essere, a Lui avversario, benché da Lui creato — perché ogni spirito o carne o creatura del mondo irrazionale sensibile sono da Dio creati — può portarlo al non essere. E se tutto quanto è, nel Cielo spirituale, nel Creato sensibile, negli Inferni, è già testimonianza della sua immensa potenza, il suo essere, senza aver avuto principio da altro essere o cosa, è l’immensa testimonianza della sua immensa potenza.
Colui che è: la sapienza perfettissima, increata, che non ha avuto bisogno di autoformazione o di formazione di maestri per essere. La Sapienza che nel creare il tutto, che non era, non commise uno sbaglio, creando e volendo perfettamente.
Quale quell’inventore o innovatore o pensatore, anche mosso da giusto desiderio di investigare, conoscere e spiegare i misteri eccelsi e i naturali, che non cada in qualche errore, e del suo intelletto non ne faccia un movente di danno a sé e ad altri? La radice del danno a tutta l’Umanità non ha forse origine dal desiderio dei Progenitori di conoscere e penetrare nei dominii di Dio? Subito sedotti dalla falsa promessa dell’Avversario, vollero conoscere… e caddero in errore, come vi cadono pensatori, scienziati e uomini in genere.
Ma Colui che è, e che è Sapienza perfettissima, non commise errore, e non ne commette, né il male e il dolore che han reso imperfetto ciò che fu creato perfetto mai deve dirsi che viene dall’Onnisciente, ma da coloro che vollero e vogliono uscire da quella legge d’ordine che Dio ha dato a tutte le cose e gli esseri viventi. Ordine spirituale, morale, fisico perfetto, e che, se rispettato, avrebbe mantenuto la Terra allo stato di terrestre paradiso e gli uomini che l’abitano nella felice condizione di Adamo ed Eva avanti la colpa.
Colui che è”, antico nome di Dio, per un eccesso di venerazione, creatosi spontaneo nell’io degli uomini consci della loro condizione di essere dei decaduti dalla Grazia e meritevoli dei rigori di Dio — era allora il tempo che Dio, per gli uomini, era il Dio terribile del Sinai, il Giudice pronto alle vendette — fu presto sostituito dall’altro: Adonai. E questo, sia per diversità di pronuncia quale la si osserva in ogni nazione, e in tutti i tempi, da regione a regione, sia per essere usato troppo raramente per una troppo integrale applicazione del comando: “Non nominare invano il Nome del Signore Dio tuo”, provocò un’alterazione della prima pronuncia: “Jeové”. Ma nella Galilea, nella quale l’Emmanuele avrebbe passato la quasi totalità della sua vita di Dio tra gli uomini, secondo il suo nome profetico di Emanuel, e dalla quale si sarebbe mosso per spargere la Buona Novella, Egli che era la Parola di Dio fattasi Uomo, e per iniziare la sua missione di Salvatore e Redentore che si sarebbe conclusa sul Golgota, quel nome, insegnato dall’Eterno a Mosè, conservò il suo suono iniziale: Jeovè.
E nel nome del Figlio di Dio fattosi Uomo, nel nome che Dio stesso impose al Figlio suo incarnato, e che l’Angelo dei felici annunzi aveva comunicato alla Vergine immacolata, è, per chi sa leggere e intendere, un’eco di quel nome, e la Parola che lo portava, ai suoi, insegnò novellamente la parola vera: Jeovè, per dire Dio, per dire il Padre suo Ss., dal quale il Figlio è generato e dai Quali procede lo Spirito Santo. E procede per generare, al giusto tempo, nel seno della Vergine il Cristo Salvatore.
Il Figlio di Dio e della Donna, Gesù. Colui che, oltre ad essere il promesso Messia e Redentore, è la testimonianza più vera del Padre e della sua Volontà, la testimonianza della Verità, della Carità, del Regno di Dio.
Il Padre e il Figlio, sempre Una sol cosa anche se temporaneamente il Figlio aveva assunto Persona umana senza per ciò aver perduto la sua eterna Persona divina, sempre Una sol cosa per l’Amore perfetto che li univa, si sono vicendevolmente resi testimonianza. Il Padre la dà al Figlio, nel Battesimo al Giordano; sul Tabor, alla Trasfigurazione; al Tempio per l’ultima Pasqua, al cospetto anche dei Gentili venuti per conoscere Gesù. Ma a questa triplice testimonianza sensibile vanno aggiunte le testimonianze dei miracoli più grandi operati dal Cristo quasi sempre dopo aver invocato il Padre. Veramente può dirsi che l’invisibile presenza del Padre, che è eterno e purissimo Spirito, balenasse, come raggio di incontenibile luce che nessun ostacolo può imprigionare, in ogni manifestazione del Cristo, sia in veste di Maestro che in veste di operatore di miracoli e di opere divine.
Iddio, il Padre, aveva creato l’uomo dalla polvere e gli aveva infuso il soffio della vita e lo spirito, soffio divino e immortale. Ancora il Padre, palesemente o no invocato dal Figlio, con Lui rende la vita ad una carne morta, e con la vita l’anima e la ricostruzione delle carni che, per morte (Lazzaro) o per morbo (lebbre), s’erano già sfatte o distrutte, o, convertendo il peccatore, ricostruisce in esso la legge morale, ricrea lo spirito caduto in peccato, sino alla grande ricreazione alla Grazia, mediante il sacrificio di Cristo, per tutti coloro che credono in Lui e ne accolgono la Dottrina entrando a far parte della sua Chiesa.
Il Figlio poi, al mondo che ignora il Padre, e anche al piccolo mondo d’Israele che, senza ignorarlo, non ne conosceva la verità di amore, di misericordia, di giustizia temperata dalla carità che è sua Natura, rivela il Padre. “Chi vede Me vede il Padre. La mia dottrina non è mia, ma di Colui che mi ha mandato. La Verità che ha mandato Me, sua Parola, voi non la conoscete, ma Io la conosco perché mi ha generato. Il Padre che mi ha mandato non ha lasciato solo il suo Figlio; Egli è con Me. Io e il Padre siamo Una sola cosa”. E rivela lo Spirito Santo, mutuo amore, abbraccio e bacio eterni del Padre e del Figlio, Spirito dello Spirito di Dio, Spirito di verità, Spirito di consolazione, Spirito di sapienza, che confermerà i credenti nella Fede e li ammaestrerà nella Sapienza, Egli, Teologo dei teologi, Luce dei mistici, Occhio dei contemplatori, Fuoco degli amanti di Dio.
Tutto l’insegnamento e tutte le opere del Cristo sono testimonianza del Padre e rivelazione del mistero incomprensibile della Ss. Trinità. Di quella Ss. Trinità per la quale fu possibile la Creazione, la Redenzione, la Santificazione dell’uomo. Di quella Ss. Trinità per la quale, senza distruggere la prima creazione che s’era corrotta, poté aversi una ricreazione, o novella creazione di una coppia senza macchia: di una nuova Eva, di un nuovo Adamo, mezzo a ricreare alla Grazia, e quindi a ristabilire l’ordine violato e il fine ultimo tra e per gli uomini venuti da Adamo.
Per volere del Padre, in vista dei meriti del Figlio, e per opera dello Spirito Santo, poté, dalla Donna immacolata, Eva novella e fedele, assumere umana carne il Figlio, poiché lo Spirito di Dio coprì della sua ombra l’Arca non fatta da mano d’uomo, ed aversi il nuovo Adamo, il Vincitore, il Redentore, il Re del Regno dei Cieli al quale sono chiamati coloro che, accogliendolo con amore, seguendolo nella dottrina, meritano di divenire figli di Dio coeredi del Cielo.
Dalle prime parole di Maestro alle ultime nel Cenacolo e nel Sinedrio, nel Pretorio e sul Golgota, e da queste a quelle avanti l’Ascensione, Gesù sempre testimoniò del Padre e del Regno celeste.
Il Regno di Dio. Il Regno di Cristo. Due regni che sono un sol regno, essendo il Cristo Una sol cosa con Dio, ed essendo che Dio, al Cristo e per il Cristo, ha dato tutte le cose che per mezzo di Lui sono state, dopo che tutte l’Eterno le aveva già viste nel suo Unigenito, la Sapienza infinita, Origine come Dio, Fine come Dio, Causa come Dio-Uomo della creazione, della deificazione, della redenzione dell’uomo. Due regni che sono un sol regno, perché il Regno del Cristo in noi dà il possesso del Regno di Dio a noi.
E il Cristo, dicendo al Padre: “Venga il tuo Regno”, come Fondatore, come Re dei re, come Figlio ed Erede eterno di tutti i beni eterni del Padre, lo instaura dalla Terra, lo stabilisce in noi, fa una cosa sola del suo e del Regno del Padre, li unisce congiungendo quello della Terra, come con un mistico ponte, che è poi la sua lunga Croce di Uomo tra gli uomini che non lo comprendono e di Martire per mezzo degli uomini e per il bene degli uomini, a quello celeste; dà ad esso Regno di Dio per sua Reggia visibile la Chiesa, per statuto di questo Regno le leggi della Chiesa, per Re di questo Regno Se stesso che ne è Capo e Pontefice eterno, e come ogni re vi istituisce i suoi ministri, e chiaramente lo definisce “anticipo” del Regno eterno, e definisce la Chiesa “nuova Gerusalemme terrena” che, alla fine dei tempi, sarà trasportata e trasformata nella “Gerusalemme celeste” nella quale giubileranno in eterno i risorti, e vivranno una vita nota a Dio solo.
Regno visibile per mezzo della Chiesa, ma anche regno invisibile, questo regno di Dio in noi. Esso ha preso somiglianza col suo Fondatore, il quale, come Uomo, è stato ed è un Re visibile e, come Dio, un Re invisibile perché purissimo Spirito, al quale si dà fede per pura fede, perché occhio umano, né altro umano senso, mai vide Dio avanti fosse incarnato, né vede sensibilmente la Prima e la Terza Persona, ma le vede nelle opere da Esse compiute, o compientisi. Regno dunque che, come l’uomo, è stato fatto a somiglianza e immagine del suo Fondatore: vero e perfetto Uomo, e come tale visibile prototipo degli uomini quali li aveva creati il Padre contemplandoli nel suo Verbo eterno e nel suo Verbo incarnato, e vero e perfettissimo Dio, e come tale purissimo Spirito, invisibile nella sua spirituale Natura divina, ma vivente, senza possibilità di principio e di fine, essendo il “Vivente”. Così è il Regno di Dio, rappresentato sulla Terra dalla Chiesa, Società visibile e vivente senza possibilità di fine da quando fu, dal Vivente, costituita. Così è il Regno di Dio in noi, invisibile perché cosa spirituale, vivente nella parte spirituale, e vivente da quando è creata, salvo che l’uomo non distrugga il Regno di Dio in lui col peccato e col persistere in esso, uccidendo anche la Vita dello spirito.
Regno che si serve e si conquista. Si serve sulla Terra e si conquista oltre la Terra, durante tutte le vicende della vita quotidiana. Ogni anno, ogni mese, giorno, ora e minuto, dall’uso della ragione alla morte, è servizio del suddito a Dio col fare la sua Volontà, ubbidire alla sua Legge, vivere da “figlio”, e non da nemico o da bruto che elegge a sua vita il piccolo e transitorio godere animale al vivere in modo di meritare il gaudio celeste. Ogni anno, mese, giorno, ora e minuto è mezzo di conquista del Regno celeste.
“Il mio Regno non è di questo mondo” asserì più volte la Verità incarnata ai suoi eletti, ai suoi amici, ai suoi fedeli, e anche a quelli che lo respingevano e l’odiavano per paura di perdere il loro meschino potere.
“Il mio Regno non è di questo mondo” testimoniò il Cristo quando, accortosi che lo volevano fare re, fuggì da solo sul monte.
“Il mio Regno non è di questo mondo” rispose il Cristo a Pilato che lo interrogava.
“Il mio Regno non è di questo mondo” disse ancora una volta, l’estrema, ai suoi Apostoli, avanti di ascendere; e sul tempo della ricostruzione di esso, ancora sperato umanamente dai suoi eletti, rispose: “Solo il Padre ne sa il tempo e il momento. Se lo è riservato in suo potere”.
Dunque il Cristo ha sempre testimoniato del Regno, di questo duplice Regno che è poi ancora un sol Regno: quello di Cristo-Dio in noi, e quello di noi in Dio e con Dio, e che diverrà Regno perfetto, immutabile, non più soggetto ad insidie o corruzioni dal momento che “Egli, il Re dei Re, verrà sulle nubi e ogni occhio lo vedrà”, per prendere possesso del suo Regno
per avere la vittoria su tutti i nemici, per giudicare e dare ad ognuno ciò che ognuno s’è meritato, e trasportare gli eletti nel mondo nuovo, nel nuovo cielo e nella nuova terra, nella nuova Gerusalemme dove non è corruzione, pianto e morte.
E per testimoniare con mezzi più forti delle parole che Egli è il Re visibile del Regno di Dio, ossia di un regno dove carità, giustizia e potere sono esercitati in forme soprannaturali, Egli operò cose quali nessun re può operarne di tanto potenti, rendendo libertà alle membra e alle coscienze legate da morbi, possessioni o peccati gravi, dominando le forze stesse della natura e gli elementi, e anche gli uomini, quando era conveniente di farlo, e anche vincendo la morte (la figlia di Giairo, il figlio della vedova di Naim, Lazzaro), usando sempre una carità e una giustizia perfette e imparziali, ed ammaestrando con una sapienza che aveva insegnamento per ogni caso materiale, morale o spirituale, tanto che gli stessi suoi nemici dovevano confessare: “Nessuno ha mai parlato come Egli parla”.
A quelli che decretavano: “Non vogliamo che costui regni” Egli risponde coi fatti miracolosi sui quali il volere degli uomini non può esplicare nessun potere. Con la sua Risurrezione e la sua Ascensione risponde. Mostrando così che se poterono ucciderlo fu perché Egli lo permise per fine d’amore infinito, ma che Egli è Re di un Regno dove il potere è infinito, perché da Sé può rendersi la vita e da Sé ascendere, anche come Uomo di vera carne, al Cielo, presso il Padre suo.
In attesa di poter concedere ai suoi eletti il Regno celeste, Egli dà ad essi la pace. La pace che è, con la carità, l’aura del suo Regno celeste. La pace che da Lui emana. Da Lui che è Colui che è, e che è il Principe della Pace, e che per dare agli uomini la pace della riconciliazione con Dio è venuto sulla Terra ad assumere, Egli che è l’Essere in eterno, carne, sangue e anima, per unirle ipostaticamente alla sua Divinità, per compiere il Sacrificio perfetto che ha placato il Padre. Perfetto, perché la Vittima immolata, per cancellare il peccato dell’Umanità e l’offesa fatta dalla stessa a Dio suo Creatore, era vera Carne per poter essere immolata, e Carne innocente e pura, ma anche era vero Dio. Quindi il suo Sacrificio fu perfetto, ed atto e sufficiente a lavare la Macchia e a restituire la Grazia, e a rifarci cittadini del Regno di Dio e servi non per schiavitù, ma per spirituale sacerdozio che dà ossequio e culto a Dio, e lavora perché il suo Regno si estenda, e anime ed anime vadano alla Luce e alla Vita; a quella Vita immortale anche per la carne risorta dei giusti che Egli ci testimoniò poter essere cosa vera con la sua Risurrezione dopo esser stato fatto morto, Egli il Vivente, divenendo così “il Primogenito fra i morti”, di coloro che all’ultimo giorno riassumeranno la carne di cui per millenni, secoli, o anni, s’erano spogliati, per godere anche con la stessa, oggetto di prova, di lotta e di merito sulla Terra, dell’inesprimibile gaudio della conoscenza di Dio e delle sue perfezioni.