Francesco I
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A chi volete credere? A Gesù od a Bergoglio?

di

Francesco Lamendola

Prediamo in mano la Sacra Bibbia, Sacra perché Parola di Dio, ispirata da Dio, integralmente accolta e tramandata dalla Chiesa (così pensa un cattolico; se non lo crede, liberissimo di farlo, ma non è un cattolico); andiamo al Nuovo Testamento, che, per i cristiani, è, se possibile, la parte più Sacra di tutte, in quanto direttamente legata al mistero della Incarnazione, Passione, Morte e Resurrezione di Gesù Cristo; e leggiamo, nella Prima Lettera ai Corinzi di san Paolo, capitolo 6, versetti 9-11:
O non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolàtri, né adùlteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio. E tali eravate alcuni di voi; ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio!

Oggi una schiera di cattivi preti e di pessimi teologi cerca in ogni modo di sdoganare la pratica della sodomia e di rovesciare la Parola di Gesù, falsificando il Vangelo!

Più chiaro di così, si muore. La sodomia, pertanto, è un peccato di tale gravità da precludere, irrevocabilmente, insieme ad altri peccati, l’accesso al Regno di Dio. San Paolo porta il suo monito su un terreno estremamente concreto, fin quasi alla ruvidezza: si preoccupa di fugare qualsiasi margine di dubbio, qualsiasi alone di ambiguità, e per questo motivo non esita a specificare né effeminati, né sodomiti, per abbracciare entrambe le categorie, diciamo così complementari, degli invertiti passivi e di quelli attivi. Non è un’idea personale di san Paolo, una sua opinione più o meno soggettiva e stravagante: è la Bibbia, Parola di Dio; ed è in linea con tutto ciò che dicono in merito gli Autori del Vecchio Testamento. La Chiesa l’ha recepita e fedelmente tramandata; il Magistero ha sempre insegnato questo, e lo insegna tuttora, se quel che c’è scritto nel Catechismo è una cosa seria e non inchiostro sprecato sulle pagine d’un libro. D’altra parte, l’insegnamento della Chiesa è sempre stato chiaro nel distinguere fra inclinazione omosessuale e pratica omosessuale. La prima, se è un dato naturale e non un vizio (il che accade sovente, anzi nella maggior parte dei casi) non è un peccato, perché non vi concorre la volontà; nondimeno, esprime un disordine naturale oggettivo e pertanto non può essere accettata come buona. La pratica omosessuale, viceversa, è il frutto di una libera volontà e corrisponde a un assenso dato a quell’orientamento intrinsecamente disordinato, per cui essa sì, costituisce un peccato, e anche grave. Talmente grave che il catechismo di Pio X, così ci è stato insegnato da bambini, a noi che abbiamo quell’età, lo ricorda fra i quattro peccati particolarmente odiosi, che gridano vendetta al cospetto di Dio (gli altri tre sono l’omicidio volontario, l’oppressione del povero, la frode della giusta paga all’operaio).

Monsignor Galantino ha avuto la sacrilega sfacciataggine di negare che Dio abbia distrutto Sodoma e, contraddicendo frontalmente la Bibbia, ha affermato che Dio, nella sua bontà, ha risparmiato Sodoma. Come dire che il peccato dei sodomiti, dopotutto, non era così grave come ci hanno voluto far credere tanto a lungo!

Ma, obietterà qualcuno, san Paolo è certamente un’autorità, e certamente la Bibbia, tutta quanta, è Parola di Dio; nondimeno, è innegabile che Gesù Cristo, personalmente, non si è mai espresso sulla questione dell’omosessualità, o quantomeno non l’ha mai condannata. Ed è la Parola di Cristo, dopotutto, quella che fa testo; ogni altra voce, al confronto, deve ritenersi secondaria o, quanto meno, non altrettanto vincolante. Il ragionamento è sbagliato, perché equivale a negare la divina ispirazione di tutti quei testi e di tutti quei passi della Sacra Scrittura nei quali non è Gesù Cristo a esprimere il suo insegnamento in prima Persona, ma lo sono i Profeti, o gli Apostoli, o altri Autori, sempre però divinamente ispirati. Tuttavia, per scrupolo di verità, facciamo finta che si tratti di un’obiezione ragionevole e sottoponiamola al vaglio della critica. È proprio vero che Gesù non ha mai parlato della sodomia e non l’ha mai condannata? No, non lo è. Parlando di quelli che rifiutano deliberatamene di accogliere il suo Vangelo, la sua Buona Novella, e respingono in malo modo i suoi Apostoli venuti a predicarla, Egli dice testualmente (Luca, 10, 8, 12):
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle piazze e dite: Anche la polvere della vostra città che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino. Io vi dico che in quel giorno Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città.

I Testi sacri parlano chiaro: la sodomia è un peccato di tale gravità da precludere, irrevocabilmente, insieme ad altri peccati, l’accesso al Regno di Dio!

Queste parole significano, se la logica non è una mera opinione, che Gesù condivide e sottoscrive pienamente il fatto che Sodoma venne distrutta col fuoco per punire il peccato dei suoi abitanti, e che tale distruzione fu voluta da Dio; solo, dice che il rifiuto deliberato del suo Vangelo è peccato ancor più grave di quello dei sodomiti, che già è molto grave, per cui, nel giorno del Giudizio, esso verrà trattato con severità ancor maggiore che il peccato della sodomia. È una tipica iperbole del modo di esprimersi aramaico, ma il senso è perfettamente chiaro e razionale, e assolutamente inequivocabile. Cercar di equivocare su di esso significa essere in malafede e voler modificare la Parola di Dio, il che è davvero diabolico. Se Gesù, infatti, non avesse considerato la sodomia un peccato estremamente grave, non avrebbe scelto una tale metafora per far comprendere la gravità del rifiuto del Vangelo. Scegliendo quel termine di paragone, fra i tanti altri, che, volendo, avrebbe potuto scegliere, Egli dimostra chiaramente di sottoscrivere la condanna della sodomia; altrimenti tutto il suo discorso non avrebbe un senso logico. Se Gesù avesse pensato che la sodomia è una forma naturale e legittima di espressione della propria personalità, non vi avrebbe accennato neppure da lontano; certo non lo avrebbe fatto in un simile contesto, cioè parlando del peccato più grave che si possa compiere, rifiutando la sua Parola redentrice. Per quanto ci si voglia arrampicare sugli specchi, qui è impossibile dare alle sue parole un significato diverso da questo, che noi abbiamo evidenziato ma che è già, di per se stesso, evidente. Se lo abbiamo evidenziato, è perché oggi una schiera di cattivi preti e di pessimi teologi cerca in ogni modo di sdoganare la pratica della sodomia e di rovesciare la Parola di Gesù, falsificando il Vangelo, col dire che noi non possiamo giudicare e che, in fondo, dove c’è amore, non può esserci peccato. È ben per questo che l’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, ha autorizzato un sacerdote della sua diocesi, don Gianluca Carrega, a tenere dei corsi di affettività gay, vale a dire dei corsi di “fidanzamento” per persone dello stesso sesso. Il che del resto è perfettamente in linea con la nuova “pastorale” proclamata dal signor Bergoglio sin dal primo giorno del suo (illegittimo) pontificato: la parola d’ordine è accompagnare; accompagnare il peccatore, non convertirlo. Cercar di convertire la gente, di far cambiare vita ai peccatori, è proselitismo: una cosa che non va bene, una cosa brutta che crea divisioni e, come dice il signore argentino, parlando affabilmente con un ateo militante e anticristiano come Eugenio Scalfari, suo grande amico, una solenne sciocchezza. Che cosa significhi accompagnare, esattamente, non è affatto chiaro: si tratta di un’espressione nuovissima, tipica di una neochiesa, o meglio di una contro-chiesa, che sta letteralmente sovvertendo l’autentico Magistero; del resto, la cosa fondamentale, che non viene chiarita, è: accompagnare verso dove? Perché colui che annuncia il Vangelo, cioè il cristiano, non è una guida turistica, né un accompagnatore per cuori solitari, e neppure uno psicoterapeuta freudiano o junghiano, ma uno che si prende la responsabilità di indicare la via del Cielo, e che preferirebbe morire piuttosto che fare la cosa opposta, cioè accompagnare un’anima verso l’inferno. Ricordate quel che disse il santo curato d’Ars, Jean-Marie Vianney, quando giunse, per la prima volta, nello sperduto paesino di montagna che gli era stato dato per parrocchia, a lui che il suo vescovo considerava un prete di seconda scelta? A un pastorello, che gli aveva mostrato la strada per giungere in paese, lui aveva risposto: Tu mi hai mostrato la via per arrivare ad Ars; io ti voglio mostrare la via che porta in Cielo. Così parla un vero sacerdote, così parla un vero cristiano. Non accompagna il peccatore sulle strade del peccato, ma gli indica la retta via, quella che conduce a Dio.

A chi volete credere: a Gesù o a Bergoglio?

Ma torniamo alla “pastorale” gay-friendly di monsignor Nosiglia e di don Gianluca Carrega. Di esempi dello stesso tipo, ormai, se ne potrebbero fare a decine, a centinaia: è tutto un precipitarsi del clero progressista, partendo dai vertici della Chiesa, a tentar di contraddire la Parola di Gesù, quella di San Paolo e duemila anni di Magistero ecclesiastico, anche se quei signori non arrivano, per ora, alla suprema sfrontatezza di dire bello chiaro: Ebbene sì, Gesù si sbagliava, san Paolo si sbagliava, la Bibbia si sbagliava; anche se ci stiamo andando assai vicino, visto che monsignor Galantino, per esempio, ha avuto la sacrilega sfacciataggine di negare che Dio abbia distrutto Sodoma e, contraddicendo frontalmente la Bibbia, ha affermato, parlando a un pubblico di Giovani (guai a chi dà scandalo a una sola di questi piccoli… sarebbe stato meglio per lui se non fosse mai nato!) che Dio, nella sua bontà, ha risparmiato Sodoma. Come dire che il peccato dei sodomiti, dopotutto, non era così grave come ci hanno voluto far credere tanto a lungo.

Questi neopreti, o contro-preti, svolgono una funzione utile: segnano il discrimine, chiariscono le idee a chi ancora non avesse aperto gli occhi. La frase rivelatrice è quando affermano: rispondo con le parole di Papa Francesco. . . Un vero prete, anzi qualsiasi vero cristiano, si basa soltanto sulle parole di Gesù!

Ma ecco che interviene sul tema una voce autorevole, quella di un sacerdote che è anche uno studioso, sociologo di riconosciuto valore, don Luigi Berzano, i cui studi vertono, come ci informa la voce a lui dedicata su Wikipedia, su pluralismo e libertà religiosa: ricordiamo per inciso che la dottrina cattolica nega la libertà religiosa, intesa come possibilità di rifiutare scientemente la Verità divina, e condanna il pluralismo religioso qualificandolo indifferentismo, che pone tutte le religioni sullo stesso piano di dignità e verità soggettiva. Ecco dunque cosa ha dichiarato don Berzano a La Stampa circa il Gay Pride programmato per il 6 luglio nella sua città natale di Asti:
D. Prof. Berzano, cosa pensa dell’Asti Pride in programma il 6 luglio? Favorevole o contrario?
R. Penso che per Asti e per gli astigiani sarà un bel momento di festa»
D. E’ una risposta del prete o del sociologo?
R. Di entrambi. Come sociologo ritengo che i Pride siano figli di questa società liquida in cui anche i concetti di identità di genere e identità sessuale sono liquidi. Da un punto di vista storico, è indubbio che gli attivisti di Stonewall avevano nel 1969 la stesse forti e condivisibili motivazioni di tutte le rivendicazioni sindacali che hanno contribuito a migliorare le condizioni sociali dei lavoratori. Lottavano per diritti che io ritengo essere al di sopra di ogni discussione.
D. Oggi cos’è cambiato secondo lei?
R. Con il passare degli anni molti diritti rivendicati dalle coppie omosessuali sono stati riconosciuti. I Pride quindi oggi sono diventati altro da quelle rivendicazioni. Qualcuno li definisce “parate” di dubbio gusto.
D. Come li definirebbe?
R. Momenti di festa, di condivisione. Penso che la felicità per essere reale vada sempre condivisa con gli altri, non vissuta in solitudine.
D. Lei è quello che si chiama “un servo di dio”. La Chiesa cattolica, storicamente, condanna le “pratiche omosessuali” come peccati da espiare. Lei cosa pensa, davvero, delle persone omosessuali.
R. Le rispondo con le parole di Papa Francesco che nel viaggio di ritorno dal Brasile, nel 2013, a una domanda sul tema rispose secco: Chi sono io per giudicare?. Ecco: chi sono io per giudicare?


Oggi nella Chiesa, ormai ex-cattolica vige una contro-pastorale "Gay friendly": questa è la triste verità!

Ci chiediamo cosa possa spingere un uomo di Chiesa, sacerdote da tanti anni (è della classe 1939) a prendere simili posizioni, lui che ha studiato in seminario e si è formato come prete prima del Concilio, quando alla base della teologia cattolica c’era il tomismo che ha, sul tema della sodomia, la stessa posizione che ha sempre avuto la Chiesa. Smania di novità? Desiderio di sentirsi giovane e vanità di piacere al mondo? Certo un prete così pare fatto apposta per i salotti televisivi di Corrado Augias, e bene incarna la chiesa in uscita predicata da Bergoglio. Ma in uscita da cosa: dalla dottrina cattolica? A un prete giunto alla soglia degli ottanta anni non si applica l’attenuante di aver fatto cattivi studi in seminario. E allora, cosa può spingerlo a dire che il Gay Pride sarà una bella festa e un momento di condivisione, perché la felicità deve essere condivisa? La felicità di cosa: di essere omosessuali praticanti, e di vantarsene con oscene sfilate per le vie cittadine, a edificazione delle giovani generazioni? Eppure, nella loro incredibile rozzezza, nelle loro sfacciate piroette che li portano a negare frontalmente ciò che la Chiesa, quella vera, ha sempre insegnato, questi neopreti, o contro-preti, svolgono una funzione utile: segnano il discrimine, chiariscono le idee a chi ancora non avesse aperto gli occhi. La frase rivelatrice è quando afferma: rispondo con le parole di Papa Francesco. Perché un vero prete, anzi qualsiasi vero cristiano, si basa soltanto sulle parole di Gesù...

Del 09 Luglio 2019

accademianuovaitalia.it
Silva1
Bertoldo, Eretico, Apostata, falso papa.