San Michele Arcangelo
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*QUI VALE LA PENA DAVVERO SOFFERMARSI* *CHI HA DANNEGGIATO IL PROSSIMO NEL BUON NOME ACCUSANDOLO FALSAMENTE O SPARLANDONE A CHE COSA È OBBLIGATO?* _____________________ Ognuno ha stretto diritto al …Altro
*QUI VALE LA PENA DAVVERO SOFFERMARSI*

*CHI HA DANNEGGIATO IL PROSSIMO NEL BUON NOME ACCUSANDOLO FALSAMENTE O SPARLANDONE A CHE COSA È OBBLIGATO?*
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Ognuno ha stretto diritto al suo buon nome (fama e onore) e può esigere che gli altri pensino e parlino bene di lui, e non lo danneggino con calunnie, mormorazioni, false accuse... Il buon
nome è un bene assai più prezioso delle sostanze materiali, del denaro, dei terreni. Questi sono beni esteriori non sono parte di noi stessi e sono a servizio della persona. Il buon nome
invece è inerente alla persona, ne è quasi parte costitutiva. Se vi è un comandamento a tutelare il buon diritto di chi possiede dei beni temporali e materiali, tanto più deve esserci un comandamento a tutelare il diritto al suo buon nome e a impedire che sia oltraggiato, offeso, infangato, menomato. E come per i beni materiali vi è l'obbligo di riparare i danni
colpevolmente arrecati, tanto più vi è l'obbligo di riparare nella misura possibile i danni arrecati
alla fama e all'onore degli altri. Occorre notare, che questa riparazione, ben difficilmente può essere fatta «ad aequalitatem»,
in molo che compensi tutto il danno arrecato. Se per esempio io ho divulgato un peccato occulto di mio fratello, e tutti ora lo sanno, come mi sarà possibile riparare e far sì che gli altri
non lo sappiano? il segreto non tornerà mai ad essere tale ... E se ho calunniato un sacerdote, dicendo che ha l'abitudine di bestemmiare, come potrò riparare? Occorrerebbe che fosse in mio potere arrestare la falsa voce e farla tacere ... E chi potrà impedire che coloro che hanno conosciuto la notizia la propaghino comunicandola ad altri, e questi ad altri ancora, e così di seguilo, fino a chissà quando e chissà dove ...

Chi ha danneggiato il prossimo nel buon nome accusandolo falsamente o sparlandone, deve riparare, per quanto può, il danno arrecato. Chi ha fatto accuse false e dannose, deve ritirarle, dire chiaramente che ha calunniato e cercare di far giungere la sua smentita a tutti coloro che hanno creduto alla falsità.
Se si è danneggiato il prossimo sparlandone, cioè mormorando e criticando, occorre sforzarsi per far guadagnare la stima mettendo in rilievo le buone qualità della persona danneggiata e darle segni di stima quando sì presenta l’occasione in pubblico.
Ma chi può sapere fin dov'è giunto il danno arrecato con le calunnie, le critiche, le mormorazioni? È molto più facile essere creduti quando si dice male che quando si parla bene del prossimo! Il male si diffonde più facilmente, più presto e più largamente del bene.

*RIFLESSIONE* . - Pensiamo alla responsabilità che ci addossiamo quando facciamo conoscere il male e i difetti del prossimo? Non si insisterà mai abbastanza sull'obbligo di riparare il danno arrecato al buonnome del prossimo, e sulla necessità di parlare sempre in bene, di tutti. Non potendo farlo vi è l'obbligo di tacere fin quando è possibile e il bene di altri non richiede che si manifesti il maledel prossimo, per evitare danni agli innocenti.

*ESEMPIO 1* - Un cavaliere spagnolo in una riunione di nobili e di dame, in cui sì diceva un gran bene di una signora assente, quando gli altri ebbero finito cominciò a raccontare una serie di calunnie contro la dama lodata da tutti. In seguito, preso dal rimorso, si recò dal celebre teologo Alfonso de Castro e gli espose il suo caso e il suo rimorso. « Il vostro caso è irrimediabile; vi siete giocata la vostra sorte Eterna!» Il cavaliere se ne andò agitatissimo, visse in preda ad atroci rimorsi e infine si recò da un teologo dell' università di Salamanca: « Padre, datemi qualunque penitenza, ma liberatemi da queste pene!» e gli raccontò quanto gli era stato detto da Alfonso de Castro. Il teologo lo consolò, gli disse che Dio perdona qualsiasi peccato a chi è pentito, e che anche il suo poteva essere perdonato, purché fosse andato da tutte quelle persone che avevan sentito le sue calunnie e avesse detto loro che aveva mentito Il gentiluomo a questa proposta digrignò i denti e urlò: - No, questo non lo farò mai! il mio onore, il mio grado non me lo permettono! - Ora capisco, ribatté il teologo, perché Alfonso de Castro vi disse quelle parole! Andate, la vostra ferita è insanabile, e vi sìete giocata la vostra felicità Eterna!
Chi, potendo farlo, non ripara, non avrà Perdono né Salvezza

*ESEMPIO 2* - . A una donna che gli confidava di aver parlato male del prossimo, San Filippo Neri impose di ammazzare una gallina e di spargerne le piume per la strada. Quando ritornò la maldicente per dire che aveva eseguito quanto le era stato imposto, il Santo ingiunse di andare a raccogliere tutte le piume sparse. «Impossibile! - rispose la donna - il vento le ha portate chissà dove!» «E come farete allora a rintracciare tutte le persone con le quali avete mormorato del vostro prossimo, per riparare convenientemente tutto il danno causato alla
stima e al buon nome delle povere vittime della vostra mala lingua?» (O. Di Francesco, - Gesù
Via, p. 129, Torino, SEI; 1942).

*ESEMPIO 3* . San Paolo e Sila erano stati imprigionati nella città di Filippi in Macedonia, sotto l'accusa di essere dei perturbatori dell'ordine pubblico. Verso la mezzanotte, mentre pregavano, un terremoto fece tremare il carcere fin dalle fondamenta. Tutte le porte si aprirono e ai carcerati si sciolsero le catene che li tenevano avvinti. Il custode, destatosi e temendo che tutti fossero fuggiti voleva uccidersi per la disperazione. San Paolo gli gridò che non si facesse alcun male, perché tutti i prigionieri erano nel carcere e nessuno era fuggito. Il custode, tocco dalla grazia divina si convertì. Il giorno seguente i magistrati, dopo
aver discusso ed esaminato nuovamente il caso di Paolo e Sila, mandarono a dire al carceriere che li mettesse segretamente in libertà. Ma i due si rifiutarono di uscire. Esigevano che, come
erano stati pubblicamente arrestati, fossero pubblicamente liberati, perché come cittadini
romani non potevano essere trattati in quel modo, gettati in carcere senza processo e senza regolare sentenza, con danno del loro buon nome e della nascente chiesa. Paolo volle che i
magistrati venissero in persona al carcere e li mettessero essi stessi in libertà, perché fosse
pubblicamente riconosciuta la loro innocenza (v. At cap. 16).

Fonte.
C.C.C. di S.Pio X
San Michele Arcangelo
Sono state aggiunte riflessioni secondo il Catechismo C.C. di S. Pio X
veritas iustitia veritas iustitia
Bell'articolo c'era bisogno! Occorre coniugare verità e giustizia. Se si pratica la verità sulle cose di Dio, sul Vangelo la spiritualità in genere, occorre essere scrupolosi. Il linguaggio verso il fratello sia improntato alla carità, affinché anche se si ritenga lui abbia sbagliato, egli possa trovare un percorso adatto per rendere servizio alla Verità. Poi occorre disponibilità alla correzione …Altro
Bell'articolo c'era bisogno! Occorre coniugare verità e giustizia. Se si pratica la verità sulle cose di Dio, sul Vangelo la spiritualità in genere, occorre essere scrupolosi. Il linguaggio verso il fratello sia improntato alla carità, affinché anche se si ritenga lui abbia sbagliato, egli possa trovare un percorso adatto per rendere servizio alla Verità. Poi occorre disponibilità alla correzione in chi la riceve e massima sensibilità e tatto, in chi la vuol praticare. Il silenzio verso chi continua a sbagliare nell'esporre la dottrina di Cristo anche senza saperlo, va evitato. Per il resto sono d'accordo su quanto ha esposto.