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Nessuno sfuggirà al Giudizio di Dio | Beato Fulton John Sheen (con altri estratti)

Quando verrà il momento esatto del Giudizio, ci toglieremo questi occhiali affumicati e ci vedremo così come noi siamo in realtà. Ora che cosa sei in realtà? Tu sei ciò che tu sei, non per le tue emozioni, i tuoi sentimenti, i tuoi gusti, e i tuoi disgusti, ma per le tue scelte. Le decisioni della tua libera volontà saranno il contenuto del Giudizio.

Il Giudizio particolare, subito dopo la morte, è un qualcosa come essere fermati dalla polizia stradale, se si eccettua il fatto che, grazie al Cielo, il Buon Dio non è così severo come un poliziotto. Quando siamo fermati, Dio non ci dice: “Che genere di macchina avete guidato?”. Presso di Lui non vi è accezione di persone: Egli ci domanda soltanto: “Hai guidato bene? Hai osservato le norme?”. Alla morte lasciamo dietro a noi i nostri veicoli, cioè le nostre emozioni, pregiudizi, sentimenti, la nostra condizione di vita, i nostri vantaggi, le accidentalita’ del talento, della bellezza, dell’intelligenza e della posizione. Perciò non avrà importanza presso Dio se siamo stati disgraziati, ignoranti o detestati dal mondo.

Il nostro giudizio sarà basato non sulle nostre disposizioni psicologiche o sulla posizione sociale; ma sul modo in cui avremo vissuto, sulle scelte che avremo fatto e se avremo obbedito alla Legge di Dio.

Non pensare perciò che al momento del Giudizio potrai discutere il caso. Non ti sarà permesso allegare alcuna circostanza attenuante, non potrai esigere un ricorso, né una nuova giuria e neppure appellarti al fatto di un processo ingiusto. Tu stesso sarai tuo giudice. Tu stesso la tua giuria; tu pronuncerai la tua sentenza. Dio sancirà semplicemente il tuo giudizio. (...)

Tre destini possibili ti attendono alla morte:

Inferno: Dolore senza Amore.
Purgatorio: Dolore con Amore.
Paradiso: Amore senza Dolore.


(Beato Fulton J. Sheen, da “Vi presento La Religione”.)

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PER APPROFONDIRE

Non possiamo evitare Dio!


Dio ci ha dotati di una qual certa affinità nei Suoi confronti, ossia di un nostalgico desiderio di Lui che ci rende scontenti dei furtivi allettamenti della carne, della ricchezza, del potere, finché non obbediamo al nostro innato bisogno di Lui e non ci rifugiamo tra le Sue amorevoli braccia. Ragione e libero arbitrio sono le nostre facoltà: onde il nostro ritorno a Dio è frutto di libera scelta…

Il Divino invasore non può restar fuori dalla nostra vita, dato che il Suo amore determina ogni gioia e ogni dolore. Ma, pur impotenti come siamo a vietarGli l’accesso alle nostre anime, abbiamo la possibilità di impedire che Egli vi resti. Dio, che desidera dimorare in noi, può sempre essere espulso…

Dobbiamo preparare l’anima a dare il benvenuto a Dio prima di poter constatare la Sua presenza. L’uomo che ama i beni terreni non riconoscerà Dio se non quando si accorgerà di desiderare la Bontà più di qualsiasi bene del Creato; colui che è stanco della vita non riconoscerà il Divino Risanatore fin quando non desidererà ardentemente di essere guarito.

San Tommaso d’Aquino ci dice che l’opera iniziale di Dio sulle nostre anime può diventare la nostra cooperazione, purché noi lo vogliamo. Per dirla con San Bernardo: “L’opera Divina e la responsabilità umana procedono tenendosi per mano”…
Non possiamo evitare Dio: possiamo tutt’al più accoglierLo con odio invece che con amore. Perché non possiamo tenerLo lontano dalle nostre vite. L’ateo deve nominare Dio ogni volta che cerca di spiegare la sua incredulità. Il persecutore della fede deve pronunciare il nome del Divino Figliuolo ogni volta che vuol dar ragione del suo odio. Tra i negatori di Dio, i meno scalmanati Lo confessano in ogni desiderio insoddisfatto, in ogni aspirazione all’amore, in ogni delusione amorosa. Il povero che desidera avere di più, lo studioso che desidera sapere di più, il libertino che desidera godere di più agitano confusamente le braccia verso di Lui sempre che aspirano alla pienezza infinita dei loro obbiettivi.

Non c’è anima alla cui porta Dio non abbia bussato migliaia di volte..

La Sua Voce può anche identificarsi nella nausea che segue il peccato, nel disprezzo di noi stessi, nello scontento della vita, nella delusione e nella sofferenza.

Se in simili circostanze, piuttosto che lamentarsi, recriminare e ribellarsi, l’anima aprisse la sua porta alla Grazia di Dio, troverebbe la pace e la felicità che preludono al Paradiso. La vera tragedia non sta nella sofferenza dell’anima, ma nel fatto che l’anima ignora la vicinanza della felicità. Colui che respinge Dio può essere paragonato al cercatore d’oro che non trova il filone che il suo successore scoprirà. Ma non già di Dio è la colpa, bensì nostra. Se respingiamo la Grazia di Dio dalle nostre anime, è perché non vogliamo staccarci dal nostro egotismo per affrontare quelle esigenze morali che l’unione con Dio può richiedere.

Ma Dio ci ritiene degni di amore perfino nella nostra ribellione contro di Lui. Egli ci ama non perché siamo in noi stessi meritevoli di essere amati, ma perché in noi ha riposto il Suo Amore. Non attende nemmeno che siamo noi ad amare: è il Suo Amore che ci perfeziona. LasciarLo operare in questo senso, senza opporre resistenza, senza temere la resa incondizionata del nostro egotismo, è l’unico mezzo per conseguire quella pace che il mondo non può né dare né togliere.


(Beato Fulton J. Sheen, da “La felicità del cuore”)