Preghiera a Maria SS. per essere preservati dalla peste e da ogni epidemia (anche dal coronavirus)

«Nella pestilenza che fu in Coimbra l’anno 1317 stavano con grandissimo timore le Suore del Monistero di S. Chiara per esser la loro stanza vicina all’infezione e poco discosta; stando dunque in pensiero di fuggire sentono bussar la porta, v’accorrono e trovano un pellegrino che dalle fattezze fu giudicato essere stato S. Bartolomeo, da esso sono consolate ed esortate a recitare spesso alla Madre di Dio quel che era scritto in una carta che diede loro e si partì. Elleno recitarono ogni giorno in coro e privatamente quell’Antifona, né furono tocche dal morbo benché per tutto bruciasse quell’incendio» (Tommaso Auriemma SJ, Affetti scambievoli fra la Vergine SS. e i suoi devoti, Venezia, 1712)

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Stella Cæli extirpavit,
Quae lactavit Dominum,
Mortis pestem, quam plantavit
Primus parens hominum.
Ipsa Stella nunc dignetur
Sidera compescere,
quorum bella plebem cædunt
dirae mortis ulcere.
O piissima Stella maris,
A peste succurre nobis.
Audi nos, Domina,
Nam Filius tuus
Nihil negans te honorat.
Salva nos, Iesu,
Pro quibus Virgo Mater te orat.


[La Stella del Cielo, che diè latte al Signore, distrusse la peste della morte, che fu introdotta al mondo dal progenitore degli uomini. Si degni ora la medesima Stella placare il cielo, che irato contro la terra distrugge i popoli con la crudele piaga di morte. O pietosissima Stella del mare, Tu ne scampa dalla peste. Sii propizia alle nostre preghiere, o Signora, perché il tuo Figliuolo, che nulla a Te nega, ti onora. O Gesù, salva noi, pei quali ti prega la Vergine tua Madre.]

Si recitino le Litanie della Madonna, quindi si dica:

℣. Ora pro nobis, sancta Dei Genitrix.
℞. Ut digni efficiamur promissionibus Christi.

Oremus
Deus, misericordiæ, Deus pietatis, Deus indulgentiæ, qui misertus es super afflictionem populi tui, et dixisti Angelo percutenti populum tuum: Contine manum tuam ob amorem illius Stellæ gloriosæ, cuius ubera pretiosa contra venenum nostrorum delictorum quam dulcit suxisti; praesta auxilium gratiæ tuæ, ut intercedente Beata Virgine sia Maria Matre tua et Beato Bartholomæo apostolo tuo dilecto, ab omni peste et improvisa morte secure liberemur, et a totius perditionis incursu misericorditer salvemur. Per te, Iesu Christe Rex gloriae, qui vivis et regnas in sæcula sæculorum. Amen.


[Dio di misericordia, Dio di pietà, Dio di perdono, che ti movesti a compassione dell’afflizione del tuo popolo, e dicesti all’Angelo che percoteva il tuo popolo: Arresta il tuo braccio per amore di quella gloriosa Stella, dal cui prezioso petto succhiasti dolcemente il latte contro il veleno dei nostri peccati; vieni in nostro aiuto con la tua divina grazia affinché per intercessione della Beata Vergine Maria tua Madre e del Beato Bartolomeo Apostolo tuo diletto, siamo certamente liberati da qualsiasi contagio pestifero e dalla morte improvvisa, e siamo salvati da ogni pericolo di perderci. Per te, Gesù Cristo, Re della gloria, che vivi e regni nei secoli dei secoli. Così sia.]

Fonte:

www.radiospada.org/…/preghiera-a-mar…

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PER APPROFONDIRE

Un alone di mistero avvolge il Coronavirus, o Covid-19, di cui non conosciamo né l’origine, né i reali dati di diffusione, né le possibili conseguenze. Ciò che però sappiamo è che le pandemie sono sempre state considerate nella storia come flagelli divini e che l’unico rimedio che la Chiesa ha opposto ad esse è stata la preghiera e la penitenza. Così accadde a Roma nell’anno 590, quando Gregorio della famiglia senatoriale della gens Anicia, fu eletto Papa con il nome di Gregorio I (540-604).

L’Italia era sconvolta da malattie, carestie, disordini sociali e dall’onda devastatrice dei Longobardi. Tra il 589 e il 590, una violenta epidemia di peste, la terribile luesinguinaria, dopo aver devastato il territorio bizantino ad Oriente e quello dei Franchi ad Occidente, aveva seminato morte e terrore nella penisola e si era abbattuta sulla città di Roma. I cittadini romani interpretarono questa epidemia come un castigo divino per la corruzione della città. La prima vittima mietuta a Roma dalla peste fu papa Pelagio II, che morì il 5 febbraio 590 e fu sepolto in San Pietro. Il clero e il senato romano elessero come suo successore Gregorio che, dopo essere stato praefectus urbis, viveva nella sua cella monacale sul monte Celio. Dopo essere stato consacrato il 3 ottobre 590, il nuovo Papa affrontò subito il flagello della peste. Gregorio di Tours (538-594), che fu contemporaneo e cronista di quegli eventi, racconta che in un memorabile sermone pronunciato nella chiesa di Santa Sabina, Gregorio invitò i romani a seguire, contriti e penitenti, l’esempio degli abitanti di Ninive: «Guardatevi intorno: ecco la spada dell’ira di Dio brandita sopra l’intero popolo. La morte improvvisa ci strappa dal mondo, senza quasi darci un minuto di tempo. In questo stesso momento, oh quanti son presi dal male, qui intorno a noi, senza neppure potere pensare alla penitenza».

Il Papa esortò quindi a sollevare lo sguardo a Dio, il quale permette tali tremendi castighi al fine di correggere i suoi figliuoli e, per placare la collera divina, ordinò una «litania settiforme», cioè una processione dell’intera popolazione romana, divisa in sette cortei, secondo il sesso, l’età e la condizione. La processione mosse dalle varie chiese di Roma verso la Basilica Vaticana, accompagnando il cammino con il canto delle litanie. E’ questa l’origine delle cosiddette Litanie maggiori della Chiesa, o rogazioni, con cui preghiamo Dio di difenderci dalle avversità. I sette cortei muovevano attraverso gli edifici dell’antica Roma, a piedi nudi, a passo lento, il capo coperto di cenere. Mentre la moltitudine percorreva la città, immersa in un silenzio sepolcrale, la pestilenza arrivò al punto tale di furore che, nel breve spazio di un’ora, ottanta persone caddero a terra morte. Ma Gregorio non cessò un attimo di esortare il popolo perché continuasse a pregare e volle che dinanzi al corteo fosse portato il quadro della Vergine conservata in Santa Maria Maggiore e dipinta dall’evangelista san Luca (Gregorio di Tours, Historiae Francorum, liber X, 1, in Opera omnia, a cura di J.P. Migne, Parigi 1849 p. 528).

La Leggenda aurea, di Jacopo da Varazze, che è un compendio delle tradizioni trasmesse dai primi secoli dell’era cristiana, racconta che man mano che la sacra immagine avanzava, l’aria diventava più sana e limpida ed i miasmi della peste si dissolvevano, come se non potessero sopportarne la presenza. Si era giunti al ponte che unisce la città al Mausoleo di Adriano, conosciuto nel Medioevo come Castellum Crescentii, quando improvvisamente si udì un coro di angeli che cantavano: «Regina Coeli, laetare, Alleluja – Quia quemmeruisti portare, Alleluja – Resurrexit sicut dixit, Alleluja!». Gregorio rispose ad alta voce: «Ora pro nobis rogamus, Alleluja!». Nacque così il Regina Coeli, l’antifona con cui nel tempo pasquale la Chiesa saluta Maria Regina per la risurrezione del Salvatore.

Dopo il canto, gli Angeli si disposero in cerchio intorno al quadro della Madonna e Gregorio, alzando gli occhi, vide sulla sommità del Castello un Angelo che, dopo avere asciugato la spada grondante di sangue, la riponeva nel fodero, in segno del cessato castigo. «Tunc Gregorius vidi super Castrum Crescentii angelum Domini qui glaudium cruentatum detergens in vagina revocabat: intellexit que Gregorius quod pestisilla cessasset et sic factum est. Unde et castrum illud castrum Angeli deinceps vocatum est». Comprese Gregorio che la peste era finita e così avvenne: e quel castello fu d’allora in poi chiamato il Castello dell’Angelo (Iacopo da Varazze, Legenda aurea, Edizione critica a cura di Giovanni Paolo Maggioni, Sismel-Edizioni del Galluzzo, Firenze 1998, p. 90).

Papa Gregorio I fu canonizzato e proclamato Dottore della Chiesa, ed entrò nella storia con l’appellativo di “Magno”. Dopo la sua morte i romani cominciarono a chiamare la Mole Adriana “Castel Sant’Angelo” e, a ricordo del prodigio, posero in cima al castello la statua di san Michele, capo delle milizie celesti, in atto di rinfoderare la spada. Ancora oggi nel Museo Capitolino è conservata una pietra circolare con le impronte dei piedi che, secondo la tradizione, sarebbero state lasciate dall’Arcangelo quando si fermò per annunciare la fine della peste.Anche il cardinale Cesare Baronio (1538-1697), considerato per il rigore della sua ricerca uno dei più grandi storici della Chiesa, conferma l’apparizione dell’Angelo alla sommità del castello (Odorico Ranaldi, Annali ecclesiastici tratti da quelli del cardinal Baronio, anno 590, Appresso Vitale Mascardi, Roma 1643, pp. 175-176).

Osserviamo solo che se l’Angelo, grazie all’appello di san Gregorio, rinfoderò la spada, vuol dire che essa era stata prima sguainata per punire i peccati del popolo romano. Gli Angeli sono infatti gli esecutori dei castighi divini dei popoli, come ci ricorda la drammatica visione del Terzo segreto di Fatima, esortandoci al pentimento: «un Angelo con una spada di fuoco nella mano sinistra; scintillando emetteva grandi fiamme che sembrava dovessero incendiare il mondo intero; ma si spegnevano al contatto dello splendore che Nostra Signora emanava dalla sua mano destra verso di lui: l’Angelo, indicando la terra con la mano destra, con voce forte disse: Penitenza, Penitenza, Penitenza!».

La diffusione del Coronavirus ha un qualche rapporto con la visione del Terzo Segreto? Il futuro ce lo dirà. Ma l’appello alla penitenza resta la prima urgenza della nostra epoca e il primo rimedio per assicurarci la nostra salvezza, nel tempo e nell’eternità. Le parole di san Gregorio Magno devono risuonare ancora nei nostri cuori: «Cosa diremo degli avvenimenti terribili di cui siamo testimoni se non che sono preannunci dell’ira futura? Pensate dunque fratelli carissimi, con estrema attenzione a quel giorno, correggete la vostra vita, mutate i vostri costumi, sconfiggete con tutta la vostra forza le tentazioni del male, punite con le lacrime i peccati compiuti» (Omelia prima sui Vangeli, in Il Tempo di Natale nella Roma di Gregorio Magno, Acqua Pia Antica Marcia, Roma 2008, pp. 176-177).

E’ di queste parole, non del sogno dell’Amazzonia felix, che avrebbe oggi bisogno la Chiesa, che appare oggi come la descriveva san Gregorio ai suoi tempi: «Nave vetusta e terribilmente squarciata; dappertutto infatti entrano i flutti e le tavole marcite; squassate dalla violenta e quotidiana tempesta, fanno presagire il naufragio (Registrum I, 4 ad Ioann. episcop. Constantinop.)».

Ma allora la Divina Provvidenza suscitò un nocchiero che, come afferma san Pio X, «tra l’imperversare dei marosi seppe non solo toccare il porto, ma anche mettere al sicuro la nave dalle tempeste future» (Enciclica Jucunda sane del 12 marzo 1904).

Fonte:

www.corrispondenzaromana.it/san-gregorio-ma…
Massimo M.I.
👍 grazie!
Ambrosianus
Ciao signummagnum, ti segnalo un piccolo errore: all’inizio dell’orazione, tra “Deus” e “misericordiae” va tolta la virgola. Grazie! LJC
Pietro81
Bel problema se non viene celebrata la Santa Messa
Stella cometa
Infatti ho sentito che in alcune chiese hanno tolto l'acqua benedetta...niente segno della pace ....e solo comunione nelle mani....satana sarà molto contento....
Sancte Joseph
Pare che il vescovo di Piacenza oltre a vietare lo scambio della pace abbia optato solo per la Comunione in mano , se danno questi ordini, rimarremo davvero presto senza Eucaristia. Santo Cielo 🙏
Sancte Joseph
Anche il vescovo di Mantova adesso
Sancte Joseph
E quello di Cremona ha sospeso le messe di domani, di male in peggio