La Menade sotto la Croce
Edgar Wind, Frederick Antal, La Menade sotto la Croce(1937)1. Commento su un’osservazione di Reynolds
Edgard Wind
Il consiglio più acuto dato da Sir Joshua Reynolds ai suoi allievi fu forse quello di cogliere gli spunti forniti dagli antichi maestri utilizzandoli “in una situazione totalmente diversa da quella in cui erano stati originariamente impiegati”. Nell’esporre questa norma Reynolds tocca, apparentemente en passant, una legge fondamentale dell’espressività umana: “C’è una figura di Baccante, con il corpo curvato all’indietro e con la testa gettata anch’essa tutta indietro, che sembra essere un’invenzione figurativa prediletta, dal momento che è ripetuta così di frequente in bassorilievi, cammei e intagli; essa intende esprimere un tipo di gioia frenetica ed entusiastica. Baccio Bandinelli, in un disegno di questo Maestro della Deposizione dalla Croce in mio possesso, ha adottato questa figura (ed egli sapeva molto bene cosa valesse la pena di prendere in prestito) per una delle Marie, per esprimere la frenetica angoscia del dolore. È curioso osservare, ed è certamente vero, che gli estremi di passioni contrarie sono espressi con poca variazione dalla medesima azione”[1].
Fig. 2 | Baccante, dettaglio da rilievo neoattico, I sec. a.C., Napoli, Museo Archeologico Nazionale
Un disegno in uno dei taccuini di schizzi di Reynolds (fig. 1) mostra quale uso egli stesso intendesse fare di questa lezione. Già anni fa il compianto Aby Warburg, senza conoscere questo passaggio dei Discorsi di Reynolds, o il disegno del suo taccuino, aveva raccolto materiali che miravano a dimostrare che gesti simili possono assumere significati opposti. La figura pagana della menade danzante (figg. 2, 3) era il tema centrale di questi studi, e il loro capitolo più intenso conteneva la storia di come lo scultore del primo Rinascimento Bertoldo di Giovanni avesse trasformato la Menade in una Maria Maddalena piangente sotto la Croce (fig. 8). Il Dott. Antal ha scoperto che i rilievi fiorentini di questo primo periodo erano in effetti tra i modelli da cui Bandinelli trasse le proprie opere[2]; Reynolds dunque, confessando di essersi ispirato a Bandinelli, continua una tradizione che risale al quindicesimo secolo.
Fig. 4 | Baccio Bandinelli, Deposizione dalla Croce, ca. 1548-1553, disegno, Paris, École des Beaux Arts
Ancor oggi questa formula espressiva non ha perduto la sua forza, come si può vedere in un recente libro su Grünewald scritto da un esperto fisionomo, Wilhelm Fraenger.[3] Sarebbe difficile immaginare qualcosa di più lontano dall’antichità classica delle figure dipinte da Grünewald per l’altare di Isenheim. Tuttavia, quando Fraenger cerca di trovare le parole adatte per descrivere Maria Maddalena sotto la Croce, la memoria dell’antico simbolo si fa ancora sentire, ed egli la chiama eine Schmerzmänade, citando un inno latino che potrebbe essere stato presente nella mente di molti artisti rinascimentali che raffigurarono la santa nell’attitudine di una baccante: “Fac me cruce inebriari/ Et cruore filii”.
Sarebbe interessante studiare a fondo questa figura nella storia dell’immaginazione poetica. Nel periodo romantico la menade sotto la Croce assunse il significato di un simbolo filosofico. Nel racconto di Eichendorff Ahnung und Gegenwart essa fa la sua più straordinaria apparizione in un tableauteatrale[4], non nei panni di Maria Maddalena, ma di un'astratta immagine allegorica. Al centro della scena compare una bianca figura radiosa che tiene una croce ritta verso il Cielo. “All’altro lato stava una bellissima figura femminile in abiti greci, come l’immagine di un’antica dea. Con entrambe le braccia levate portava un cembalo come qualcuno che danza, e tenendolo in alto mostrava tutto il misurato splendore delle sue membra. Con il volto distolto dalla scena, come sopraffatto dalla gloria, la sua figura si trovava in penombra, tuttavia era quella più perfetta e distinta. Sembrava come se la gioiosa bellezza terrena, toccata dallo splendore di quella celeste, si fosse improvvisamente pietrificata nella sua postura bacchica”. Per il poeta romantico la menade, trasformata in pietra alla vista della Croce, simboleggia il fato del paganesimo: “die vor dem Glanze des Christentums zu Stein gewordene Religion der Phantasie”.
2. Alcuni esempi del ruolo della menade nell’arte fiorentina del tardo quindicesimo e primo sedicesimo secolo[5]
Frederick Antal
Il disegno di Bandinelli della Deposizione dalla Croce menzionato da Reynolds è con tutta probabilità il foglio conservato all’Ecole des Beaux Arts qui riprodotto[6] (fig. 4). La descrizione di Reynolds si riferisce alla figura femminile vicina al margine destro, che compare per così dire pietrificata nella corsa, un ginocchio piegato, la testa gettata all’indietro, e la mano del braccio destro alzato che afferra i capelli. La figura rappresenta una delle Marie, ed è evidentemente esemplata sul modello di una menade danzante neoattica (figg. 2, 3).
L’intera scena della sepoltura di Cristo, in cui questa donna gioca un ruolo preminente - scena che ha come punto focale la toccante presentazione del Salvatore morto, che viene sorretto mentre la testa gli cade in avanti - assume in una certa misura il carattere di una processione bacchica. Questo esempio prova – e qui risiede dunque il suo significato storico – che il delirio bacchico dell’antichità romana o tardo greca (abbiamo a che fare con sculture dell’ultimo secolo a.C. e del primo secolo d.C., la maggior parte delle quali sono copie di opere del quarto secolo, caratterizzate in chiave emotiva, spesso intensamente passionale) poteva essere trasposto dagli artisti del primo Manierismo in una espressione di estasi religiosa.
La figura di Bandinelli ha tuttavia anche un’altra fonte. Essa è derivata anche da una delle Marie che partecipano alla Deposizione dalla Croce nel pulpito di Donatello in San Lorenzo (fig. 5). La figura sta eretta, rivolta verso la Croce, la testa gettata all’indietro, la mano alzata che afferra un ciuffo di capelli; ma il suo corpo, nella rigidità del dolore, manca di quell'estremo dinamismo ritmico che Bandinelli prende invece in prestito per la propria figura dalla menade neoattica più che dalla varie Maddalene nelle scene di compianto di Donatello.
La compresenza di queste due fonti è caratteristica tanto di Bandinelli quanto della complessa mentalità di altri artisti del primo Manierismo. Essi prendevano in prestito l’espressione dell’eccitazione ovunque trovassero un modello a loro congeniale: il ritmo dei rilievi neoattici era utile quanto la sfrenata estasi delle ultime opere di Donatello.
Bandinelli rappresenta solo un aspetto di questo primo stadio del Manierismo. Firenze, negli ultimi anni dieci e i primi venti del sedicesimo secolo, sperimentò un profondo sconvolgimento religioso, simile alla Riforma tedesca, e in parte da essa influenzato. In questa fase l’influenza della religione nell’arte manierista è particolarmente evidente soprattutto in Pontormo. Questo artista cerca ispirazione nelle rappresentazioni grafiche dei soggetti sacri di Dürer, e gli accenti emotivi dei suoi affreschi della Passione nella Certosa sono così affini in spirito alle ultime opere di Donatello da sembrare una ri-creazione manierista dei rilievi del pulpito di San Lorenzo.
Dall'altro lato un aspetto caratteristico di Bandinelli – che era interessato soprattutto agli esiti formali dell’arte manierista – è quello di trarre con particolare frequenza disegni da rilievi neoattici, soprattutto nelle sue rappresentazioni della Passione; ma allo stesso tempo bisogna sottolineare, a dimostrazione dell’enfasi religiosa della sua arte, che nessun altro artista dell’epoca si volse tanto spesso quanto Bandinelli alle ultime scene di Passione di Donatello, specialmente alle sue sfrenate Maddalene.
Non è questo il luogo per addentrarsi nella complessità delle scelte tematiche e formali del Manierismo, ma possiamo aggiungere qualche osservazione su alcune di queste figure espressive, uno dei mezzi con i quali il tardo Quattrocento a Firenze – fortemente agitato sia nell’espressione dell’interiorità sia nel movimento esterno – si rivela precursore del Manierismo; e sulle fonti che furono presumibilmente usate per queste figure. Troviamo nel tardo Quattrocento – come più tardi nel Manierismo – un tipo di figura agitata e dolente simile a quella qui considerata, non solo in scene della Passione ma anche per altre rappresentazioni di intensa afflizione. Le ultime opere di Donatello determinano quasi invariabilmente tutti questi tipi, che però in genere sono tratti in modo più o meno fedele anche dai movimenti della statuaria antica.
Fig. 7 | Filippino Lippi, dettaglio di cassone con Storie di Virginia, ca. 1478-1480, Paris, Musée du Louvre
Nel rilievo che Verrocchio eseguì per la tomba di Francesca Tornabuoni in Santa Maria Novella, ora al Bargello (fig. 6), che è per altro modellato su un sarcofago di Alcesti[7], la plorante che geme strappandosi i capelli con un gesto violento mentre accorre al capezzale di Francesca morente, aggiunge un’aspra nota di dolore alla composizione originale, e deriva di nuovo da una baccante classica. Il ritmo lineare goticheggiante che riproduce così da vicino l’irrequietezza emotiva del tardo Quattrocento non è in contrasto con i prestiti dai modelli classici: il tardo Gotico e l’Antichità si completano a vicenda nel produrre l’effetto della tensione emotiva.
Lo stesso ritmo, non ancora pienamente sviluppato nella figura di Verrocchio, si intensifica in una delle figure più appassionate di Filippino: Virginia morente per mano del padre, rappresentata nella scena di un cassone ora al Louvre (fig. 7). La figura è trascinata violentemente per i capelli all’indietro e verso il basso; le braccia sono sollevate in alto, di modo che il corpo snello risulta piegato in una curva potente; la sua agonia non è dissimile dalla mimica di una danzatrice. Anche qui possiamo supporre con ogni probabilità che un’antica figura bacchica sia servita da modello[8].
Fig. 9 | Niccolò dell'Arca, figura della Maddalena dal Compianto sul Cristo morto, seconda metà del XV sec., Bologna, Santa Maria della Vita
Questo è valido anche per la Maddalena sotto la Croce sul rilievo (ora al Bargello) di un allievo di Donatello, Bertoldo,[9] in cui con tutta evidenza viene copiata una baccante neoattica (fig. 8). Bertoldo, scultore della corte di Lorenzo dei Medici dotato di una particolare sensibilità estetica, interessandosi specialmente ai risvolti formali del proprio lavoro, portò l’imitazione dell’arte classica molto lontano. In questo artista le pieghe parallele che fanno ondeggiare gli abiti delle menadi neoattiche enfatizzano le emozioni e i gesti della plorante, e gli svolazzi ornamentali assumono allo stesso tempo un carattere lievemente goticheggiante[10].
Si rendono dunque necessarie analisi dettagliate, non solo dei monumenti ma anche della concezione di vita da essi incarnata, per chiarire l’occorrenza delle diverse gradazioni di pathos ed estasi, il loro significato nelle diverse epoche, le loro differenze e somiglianze.
1. Discorso n. 12.
2. Vedi infra l’articolo del Dott. Antal.
3. Matthias Grünewald in seinen Werken, ein physiognomischer Versuch. Berlin, 1936, p. 92.
4. Libro II, Capitolo 12.
5. Queste osservazioni sparse saranno incluse in un libro di prossima pubblicazione sull’arte fiorentina di questo periodo; la loro formulazione non è ancora quella definitiva, ed esse sono dunque passibili di revisione.
6. Questo disegno si trovava in Inghilterra fino all’inizio del secolo scorso, quando Ottley lo riprodusse nel suo Italian School of Design, London, 1823, p. 13, attribuendolo a Donatello. Evidentemente egli fu il primo ad attribuirlo, insieme ad altri disegni di Bandinelli, al grande scultore del Quattrocento.
7. Vedi F. Schottmüller, Zwei Grabmäler der Renaissance und ihre antiken Vorbilder, Repertorium der Kunstwissenschaft, XXV, 1902, pp. 401 sgg.
8. Sia questa figura sia quella di Verrocchio richiamano immediatamente la Maddalena di Niccolò dell’Arca nel suo gruppo scultoreo a Bologna (Santa Maria della Vita), che è raffigurata mentre irrompe impetuosamente gridando per il dolore; in questo pezzo dal realismo fortemente accentuato l’antichità si avverte appena come una debole eco (fig. 9).
9. Menzionato nell’articolo precedente.
10. Dal momento che questo articolo si occupa solamente della trasformazione del tipo bacchico in quello della plorante, le altre numerose figure del Rinascimento copiate da modelli neoattici non vengono qui considerate. Rilievi di questo tipo, specialmente la ben nota danza di fanciulle (già a Roma, Villa Borghese, ora al Louvre) con i loro fluttuanti abiti sempre in movimento, fornirono un’inesauribile fonte di ispirazione a quegli artisti italiani del tardo quindicesimo e primo sedicesimo secolo che intendevano conferire un ritmo dinamico accentuato e aggraziato alla loro composizione o a singole figure. Esempi significativi sono costituiti dalle sculture di angeli di Agostino di Duccio, dai disegni di danzatori della scuola di Ghirlandaio, dal Parnaso di Mantegna, dalle Muse di Giulio Romano e addirittura da un esempio tardo quale l’Aurora di Guido Reni. Cfr. le numerose allusioni alle figure definite come “ninfe” nei Gesammelte Schriften di Aby Warburg.
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